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“Manovra, cosa si può fare”, di Massimo D’Antoni

Gli emendamenti presentati alla commissione Bilancio del Senato sono più di tremila. Un tempo, quando si chiamava ancora Legge finanziaria, era in voga la metafora dell’assalto alla diligenza. Quest’anno c’è poco da assaltare. Innanzitutto perché ogni emendamento che chieda una maggiore spesa de- ve indicare la copertura, cioè specificare nel dettaglio da quali risparmi di spesa o maggiori entrate si prende- ranno le risorse. Ma questa non è una novità, è così da tempo. La novità è che quest’anno ancor più che in passato pesa la rigidità del vincolo di bilancio: quel 3% del rapporto tra deficit e Pil che è stato individuato come un obiettivo e che ci consentirà di presentarsi al decisivo 2014 della presidenza italiana con le carte in regola. Non si sgarra, e quindi è prevedibile che una parte rilevante degli emendamenti presentati non passerà il vaglio severo degli uffici legislativi e della Ragioneria.

Ma ricapitoliamo le partite da tenere d’occhio nell’ambito della maggioranza di governo. Da un lato il Pdl (o Forza Italia che dir si voglia) preso dallo scontro tra lealisti e governativi, sembra più interessato alla tempistica della discussione in rapporto al voto sulla decadenza di Berlusconi che al contenuto della legge di stabilità. Entrambe le componenti del partito, anche se forse per ragioni diverse, sono interessate a incassare la cambiale della seconda rata Imu. Il governo è intenzionato a mantenere l’impegno e togliere l’Imu sull’abitazione principale, anche se è probabile che sempre sull’abitazione principale peserà, in altra forma, una parte consistente della copertura necessaria. Per il resto, da questo lato ci aspettiamo emendamenti anche provocatori (come quello sulla «vendita delle spiagge») che servono ad alzare il prezzo della permanenza al governo.
Dall’altro lato c’è il Pd, molto attento ai provvedimenti sul mondo del lavoro e le politiche sociali. A questo proposito, la misura più rilevante in termini di assorbimento di risorse è quella sul cuneo fiscale. La platea di beneficiari, i lavoratori dipendenti, è così ampia che il miliardo e 700 milioni previsti si traducono in un alleggerimento di imposta modesto, che non arriva a 200 euro per i contribuenti per i quali il beneficio è massimo, ovvero chi ha un reddito intorno ai 15 mila euro annui. Anche se il Pd in Senato ha presentato un emendamento che cerca di accentuare il carattere redistributivo della misura, concentrandone gli effetti sulle fasce di reddito più basse, le risorse disponibili consentono di spostare ben poco. Come era forse prevedibile fin dall’inizio, l’intervento sul cuneo, vista anche la freddezza con cui è stato accolto dagli stessi che lo chiedevano a gran voce, rischia di restare senza padri politici; è ormai il pensiero di molti che quelle risorse sarebbero meglio spese altrimenti.

Il capitolo delle spese sociali resta tra quelli di maggiore sofferenza: tra programmi rifinanziati in modo parziale e domanda di nuovi interventi che facciano fronte alla difficile situazione del Paese, mancano all’appello diverse centinaia di milioni che non è facile reperire. Vedremo nei prossimi giorni quali sono le proposte avanzate dai parlamentari del Pd.

Un altro snodo importante è quello delle pensioni: da un lato l’indicizzazione dei redditi pensionistici compresi tra i 1.500 e i 3.000 euro lordi mensili (oltre tale livello l’indicizzazione è di fatto bloccata); dall’altro la questione, rilevante più per il carattere simbolico che per il gettito che può portare, delle cosiddette «pensioni d’oro». E infine c’è la questione gli esodati, strascico irrisolto della riforma Fornero.

Pur nei limiti descritti, lo spazio per qualche miglioramento della Legge di stabilità in direzione di una maggiore equità non manca.

Su tutto quanto abbiamo detto pesa però la consapevolezza che a questo giro è possibile giocare soltanto una partita per così dire in difesa, cercando di minimizzare i danni. D’altra parte, dovrebbe essere ormai chiaro che, entro i vincoli esistenti e in mancanza di «tesoretti» cui attingere, non è dalla politica di bilancio che dobbiamo aspettarci una spinta decisiva alla ripresa. L’obiettivo strategico deve essere quello di modificare il segno complessivo della politica economica europea. Ma, lo sappiamo ormai, questa è una partita che si gioca a Bruxelles più che a Roma.

L’Unità 10.11.13