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“L’Istat fotografa le diseguaglianze della previdenza”, di Marco Ventimiglia

In questi giorni si fa un gran parlare di interventi sul sistema previdenziale nell’ambito della legge di Stabilità, per cercare di dare sollievo economico agli anziani con i trattamenti più bassi e gravare di un contributo fiscale le cosiddette pensioni d’oro. Naturalmente esiste il rischio che alla fine la montagna partorisca il classico topolino, quel che invece appare certo è che, così com’è, il sistema è fortemente squilibrato. A ribadirlo sono le cifre diffuse ieri dall’Istat, che analizzano il funzionamento della previdenza italiana nel- lo specifico territoriale. Un’indagine reativa al 2011, e quindi precedente alla discussa riforma Fornero, ma comunque capace di fotografare con efficacia le principali dinamiche previdenziale.

AUMENTO SUL 2010

Nel 2011 la spesa per prestazioni pensionistiche è stata pari a 265.976 milioni di euro. In quest’ambito la quota di spesa più elevata (30,1%) è stata eroga- ta nel Nord-Ovest, mentre valori abba- stanza simili e prossimi al 20% si sono registrati nel Sud (18,6%), nel Centro (21,4%) e nel Nord-Est (20,3%). Ed ancora, il 9,1% dei trattamenti è stato corrisposto ai pensionati delle Isole e il rimanente 0,6% a quelli che invece risiedono all’estero. Rispetto al 2010 la spesa pensionistica totale è aumentata del 2,9%. L’incremento è stato più elevato nelle Isole (3,7%), mentre in sensibile controtendenza si è mosso il dato relativo all’estero (-4%).

Oltre la metà dei pensionati che risiedono nelle Isole (il 52,7%) percepisce un reddito mensile inferiore ai 1.000 euro, mentre il 20,4% dei pensionati del Nord-Ovest beneficia di pensioni con importi superiori ai 2.000 euro. Andamenti che trovano spiegazione anche nella diversa incidenza delle tipologie pensionistiche sul territorio. Nel Nord-Ovest, infatti, le pensioni di vecchiaia assorbono il 59,8% della spesa totale, mentre quelle assistenziali soltanto il 12,9%. Una situazione ben diversa si rileva invece nelle Isole, dove l’incidenza sulla spesa è del 27,4% per le pensioni assistenziali e del 39,6% per quelle di vecchiaia.

Molto esplicativi pure i dati, a livello regionale, relativi all’incidenza dei trattamenti previdenziali sul Pil e alla ripartizione pro-capite. In particolare, l’incidenza sul Pil ha raggiunto il valore massimo in Liguria (21,25%) e il minimo (11,47%) nella provincia autonoma di Bolzano. Ma sono i pensionati del Lazio che percepiscono il reddito pensionistico mediamente più elevato (18.885 euro), superiore del 40% a quel- lo dei pensionati della Basilicata (13.486 euro), l’importo più basso tra le regioni italiane. Inoltre, in Calabria si rileva il valore più elevato del rapporto tra pensionati e occupati: 88,1 pensionati ogni 100 occupati. Il valore più basso si osserva invece in Trentino Al- to Adige, con 57,1 pensionati ogni 100 occupati.

Oltre al rapporto previdenziale dell’Istat, vanno registrate le parole del presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, che pur «non amando le contrapposizioni tra diverse categorie di lavoratori e pensionati», ritiene che in questo momento, anche se la situazione è destinata a cambiare, gli immi- grati «pagano tanto» in previdenza e «ricevono poco». Un’affermazione che si basa innanzitutto su un’evidenza statistica, visto che i pensionati stranieri sono soltanto 30.000 su 2 milioni di stranieri iscritti all’Inps. Intervenuto al convegno «Il lavoro è cittadinanza» presso la Camera di Commercio di Milano, il presidente dell’Inps ha invitato dunque a ragionare secondo il modello «universale e solidaristico» alla base dell’Inps. «Mi rifiuto di vedere gli immi- grati come persone che pagano le pensioni degli italiani. È riduttivo, i lavoratori in Italia sono tutti uguali anche se è chiaro che poi noi studiamo le varie tendenze». Mastrapasqua ha sottolineato che il contributo degli stranieri in termini di apporto al Prodotto inter- no lordo del nostro Paese è pari al 10 per cento.

Il presidente dell’Inps ha anche parlato delle difficoltà legate ai trattati internazionali sulla reciprocità dei contributi. «Dobbiamo avere il coraggio di superare questo eccesso di rigore nei nu- meri – ha spiegato – sarebbe un segnale vero di un mondo unito». Di accordi di reciprocità ce ne sono pochissimi, ha ricordato Mastrapasqua, ribadendo l’impegno del Governo contenuto nel piano “Destinazione Italia”, ma citando anche il caso delle Filippine, il cui accordo di reciprocità da 20 anni non viene convertito in legge dal nostro Parlamento.

L’Unità 13-11-13