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“Una marcia in più per il lavoro. Dal liceo fino al master, corsi e borse per arricchire il curriculum oltreconfine”, di Francesca Barbieri

Piccoli studenti giramondo crescono. Dal liceo fino al master, le statistiche certificano che il numero di giovani italiani impegnati in percorsi di studio all’estero sono in aumento. I giovanissimi, che già a 15 anni puntano sulla mobilità internazionale sono raddoppiati nel giro di un anno (da 3mila a oltre 6mila registrati dall’associazione Intercultura), con una forte richiesta per i Paesi asiatici e latinoamericani che hanno superato quelli anglofoni. All’università cresce la partecipazione allo storico programma Erasmus – che da qualche anno ha arricchito l’offerta con il canale placement, che permette di fare stage in aziende estere -: 25mila gli studenti partiti lo scorso anno accademico (+6% rispetto al precedente) e con l’Italia che nell’ultimo quinquennio ha raggiunto il quarto posto tra i Paesi Ue per studenti coinvolti (oltre 100mila). Un programma che dopo aver rischiato il taglio fondi, lo scorso anno, e nonostante il calo della dote 2013-2014 (39,1 milioni contro i 41,5 dell’annualità precedente), sembra poter contare in prospettiva su nuove certezze: a breve il Parlamento europeo sarà chiamato a votare il pacchetto “Erasmus+”, che prevede lo stanziamento di 14 miliardi nel periodo 2014-2020, il 40% in più dei sette anni addietro.
E poi le tante borse di studio messe in palio da università e governi stranieri. Dall’inizio dell’anno sono stati quasi 2mila gli italiani che hanno presentato la propria candidatura attraverso il ministero degli Affari esteri. Studenti, neolaureati, dottorandi, ma anche professionisti intenzionati a frequentare un corso di specializzazione all’estero approfittando dell’opportunità di fare un’esperienza in un altro Paese praticamente a costo zero.
Che si voglia partecipare al progetto Erasmus, frequentare un master all’estero o iscriversi a un’università straniera sin dal liceo, la regola d’oro è sempre la stessa: prepararsi con un buon anticipo rispetto alla partenza. Anche perché la selezione è durissima e i posti a disposizione non sono molti.
All’interno di questa guida si potranno approfondire le strategie, i consigli e le indicazioni fornite dagli operatori delle università e dai consulenti delle società specializzate nella messa a punto dei dossier di candidatura per scuole e università straniere. Fondamentale pianificare la strategia almeno un anno prima, mettendo a fuoco i propri interessi per valorizzare al massimo la propria esperienza all’estero, tenendo conto che le regole spesso variano da Paese a Paese.
Restando sulle destinazioni classiche, gli atenei americani e britannici hanno criteri di ammissione radicalmente diversi. I college Usa valutano non solo i risultati scolastici, ma anche le esperienze extracurricolari, con le domande che vanno presentate entro il 31 dicembre. Il sistema inglese, invece, è molto meno flessibile e il criterio di selezione è quasi esclusivamente accademico. Si fa domanda di ammissione non a una specifica università, ma a un corso di laurea preciso, il che obbliga lo studente ad avere idee molto chiare fin dall’inizio. Nel Regno Unito, come in Usa, è indispensabile il superamento di un test di lingua (Ielts) e la messa a punto di un personal statement (presentazione di sé). Oltre la Manica le domande vanno presentate entro il 15 gennaio attraverso Ucas ( www.ucas.com). Le risposte arrivano entro maggio, ma nella maggior parte dei casi sono “condizionate” all’effettivo conseguimento del voto di maturità stimato in anticipo dal liceo (predicted grade) e inserito nella domanda.
Un aspetto da non trascurare nella scelta delle destinazioni è quello economico: per un corso di quattro anni negli Stati Uniti va messo in preventivo un esborso annuo da 33mila a 48mila euro, mentre in Canada si scende a 20mila euro, compresa la retta d’iscrizione e l’accomodation (vitto e alloggio). Restringendo il raggio d’azione all’Europa, in Gran Bretagna tre anni di studio costano in media, di sole tasse universitarie, 10.500 euro l’anno, quota che scende a 1.800 euro in un ateneo pubblico in Olanda e a mille euro in Spagna.

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Lasciapassare per l’ingresso, di Maria Chiara Voci
È il primo requisito da “mettere in valigia” quando si sceglie di volare all’estero per motivi di studio: per frequentare le lezioni in un ateneo straniero bisogna dimostrare di saper comprendere e parlare correttamente la lingua di base in cui saranno tenuti i corsi.
In genere, per attestare la propria conoscenza bisogna superare un test riconosciuto a livello internazionale. Test che cambia a seconda dell’idioma e che viene rilasciato da organizzazioni, istituzioni e scuole, riconosciuti universalmente e presenti con proprie sedi sui diversi territori nazionali. Prima di scegliere alla cieca quale esame affrontare e per evitare brutte sorprese è tuttavia una buona prassi verificare nei moduli di iscrizione dell’università i requisiti per dimostrare la propria dimestichezza linguistica.
Per l’inglese le strade percorribili sono più di una. In genere, se si rimane nel Vecchio continente o addirittura si va nel Regno Unito, il test pi ù diffuso è lo Ielts ( www.ielts.org), esame con due gradi di formazione, che si può effettuare presso uno dei 31 British Council presenti in Italia. La certificazione C1 o C2 in inglese (il livello minimo di preparazione richiesto nel sistema di classificazione fissato dalla Ue) si può ottenere, però, anche superando i test Esol della Cambridge University ( www.cambridgeenglish.org/it/), come il Cae o il Cpe.
Per chi varca, invece, i confini del continente (ma anche in Europa è riconosciuto) c’è il Toefl ( www.ets.org/toefl), di origine statunitense, ma accettato in ben 130 Paesi. Mette alla prova la capacità di ascolto, lettura e lingua, parlata e scritta, e può essere sostenuto anche via internet in uno dei 4.500 centri autorizzati, sparsi in 165 Stati. Il costo varia fra 160 e 250 dollari: numerose le offerte di corsi specifici per la preparazione alla prova.
Cambiando idioma, per il francese è richiesto il Dalf ( www.alliancefr.it): l’esame si può sostenere presso i centri di promozione della lingua francese in Italia (Centre culturel français e Alliance française). In Spagna è richiesto il Dele (diplomas.cervantes.es), rilasciato dall’Istituto Cervantes, mentre in Germania tutte le università riconoscono il TestDaf ( www.testdaf.de), rilasciato dal Goethe Institute. È infine necessario ricordare che per alcuni master viene richiesta oltre a una prova di lingua, anche una specifica prova di padronanza dell’idioma, come il Gmat (Graduate management admission test) o il Gre (Graduate record examination).

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«Una tesi sperimentale con l’obiettivo di tornare», Francesco Nariello
Un periodo di studio all’estero è ormai un tassello sempre più importante di un percorso universitario. Ma come sfruttare al meglio l’esperienza fuori dai confini nazionali? Prima di partire è utile capire quali siano le scelte giuste per arricchire al massimo il proprio bagaglio di competenze e garantirsi un curriculum più appetibile in ottica lavorativa.
A individuare alcuni elementi chiave è Dario Braga, prorettore alla ricerca dell’Università di Bologna: «Prima di tutto occorre scegliere una destinazione prestigiosa nel settore d’interesse. Su questo è opportuno confrontarsi con i docenti dell’ateneo di partenza e non affidarsi a luoghi comuni». Altro elemento è la lingua. «Bisogna preferire un Paese dove imparare la lingua che serve, non solo inglese, ma anche tedesco, spagnolo o, fuori Europa, il cinese». Fondamentale, poi, è decidere quando partire. «Non bisogna andare via troppo presto – raccomanda Braga -. Per le lauree tecnico-scientifiche è preferibile farlo il più tardi possibile. La cosa migliore, spesso, è andare per la tesi sperimentale. Per materie come biologia, chimica, fisica, ingegneria è possibile apprendere tecniche nuove, usare strumenti avanzati, accedere a laboratori con attrezzature particolari». Ultima cosa: in ottica ritorno, «meglio non tagliare i ponti con l’università di provenienza».
A sottolineare l’importanza di avere trascorso un periodo fuori dall’Italia è Barbara Poggiali, vice presidente Luiss. «La competitività, oggi, è tale che non basta il voto di laurea, contano le esperienze fatte». E aver studiato all’estero è un valore aggiunto. «La prima cosa sembra banale, ma va ribadita: meglio non abitare con italiani, né frequentare solo gruppi di connazionali. Si parte, infatti, per perfezionare una lingua straniera ed entrare in contatto con altre culture». Per le lauree umanistiche, economiche o giuridiche, poi, il consiglio è: «Prima si va, meglio è – conclude Poggiali -. Andare all’estero apre la mente e permette di focalizzare i propri interessi. Partire tra secondo anno della triennale e primo della magistrale è la scelta migliore».

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Tra chi sogna di partire vince chi gioca d’anticipo. La scelta va pianificata almeno un anno prima, di Andrea Curiat

Che si voglia partecipare al progetto Erasmus, frequentare un master all’estero o iscriversi a un’università straniera sin dal liceo, la regola d’oro è sempre la stessa: prepararsi con un buon anticipo rispetto alla partenza.
Luisa Negri, partner fondatrice dell’agenzia U4You, che offre consulenza agli studenti, focalizza l’attenzione su chi intende proseguire gli studi all’estero dopo aver ottenuto la laurea triennale in Italia: «Bisogna decidere con almeno un anno di anticipo. Ad esempio, chi conta di laurearsi in estate dovrebbe cominciare a decidere la meta, l’ateneo e il corso di studi già in autunno». Solo così si può essere certi di rispettare le scadenze per la presentazione delle domande.
«Si può anche mettere in conto un intervallo tra la fine degli studi in Italia e la ripresa in un Paese straniero, ad esempio per fare uno stage, del volontariato, o per approfondire la conoscenza della lingua di destinazione», precisa Negri.
Anna Maria Padula, co-founder con Marcella Turazza di Omni Admissions, si rivolge invece agli studenti che stanno terminando gli studi al liceo e vogliono iscriversi a un’università straniera: «Le mete principali degli italiani sono Stati Uniti e Inghilterra. Nel primo caso, l’orientamento e la preparazione verso l’ammissione inizia già dal terzo anno di liceo; nel secondo, si può attendere il quarto anno».
Gli atenei americani e britannici hanno criteri di ammissione radicalmente diversi. «I college Usa – spiega Padula – cercano “persone” e non solo risultati accademici. Gli admission officer selezionano curriculum molto completi, che includano hobby, sport, attività di volontariato, corsi e stage estivi. In tal caso i criteri accademici, seppur importanti, sono valutati in un quadro complessivo più ampio. Due ulteriori elementi importanti sono il superamento dei test d’ingresso (Sat/Act) e di lingua (Toefl/Ielts) e la redazione di saggi personali e in molti casi introspettivi (essay). Si può indicare l’indirizzo di studi preferito, che può essere anche cambiato nei primi due anni di college. La domanda per i college americani può essere presentata entro il 31 dicembre, nel caso di regular decision, oppure entro il 1° novembre nel caso di early decision o di indirizzi specifici come le medical school. La common application è il sistema centralizzato online di gestione delle domande della maggior parte dei college americani ( www.commonapp.org). Le risposte, in caso di regular decision si ricevono entro aprile e si conferma l’adesione a maggio».
Il sistema inglese è molto meno flessibile: «Il criterio di selezione è quasi esclusivamente accademico. Gli studenti italiani possono in questo senso essere svantaggiati perché i voti dall’8 al 10 non sono dati con generosità nei nostri licei. Si fa domanda di ammissione non a una specifica università ma a uno specifico corso di laurea, il che obbliga lo studente ad avere idee molto chiare fin dall’inizio. Anche in Uk è indispensabile il superamento di un test di lingua (Ielts) e la redazione di un personal statement. Le domande di ammissione vanno presentate entro il 15 gennaio attraverso Ucas ( www.ucas.com). Le risposte arrivano entro maggio, ma nella maggior parte dei casi sono “condizionate” all’effettivo conseguimento del voto di maturità stimato in anticipo dal liceo (predicted grade) ed inserito nella domanda», conclude Padula.
E sul tempo di permanenza oltreconfine? «Consiglio un periodo sufficientemente lungo – risponde Giancarlo Spinelli, delegato per le relazioni internazionali del Politecnico di Milano – e poi è bene non cercare dei corsi simili a quelli italiani. Al contrario, bisognerebbe cogliere l’occasione per frequentare lezioni il più possibile inedite in Italia».
Ma andare a studiare all’estero (con tutte le spese del caso), conviene davvero? «Sono convinto di sì. Le aziende cercano persone con un mentalità internazionale, capaci di muoversi all’estero. I benefici per il curriculum sono tangibili, a prescindere dall’ambito disciplinare in cui ci si muove».
Luigi Verolino, direttore del centro di orientamento Softel della Federico II di Napoli, suggerisce agli studenti alle prime armi un approccio cauto: «Ai ragazzi consiglio sempre di conseguire la laurea triennale, e solo in seguito di fare un master o un Erasmus all’estero. Nei primi anni di formazione, meglio dare la priorità all’acquisizione di un metodo di studio consolidato». Nonostante questa premessa, Verolin è convinto che «in un secondo momento, fare un’esperienza all’estero diventa fondamentale. Purtroppo le percentuali di studenti che scelgono la mobilità sono ancora basse. Però c’è stato un trend al rialzo: negli ultimi anni siamo saliti dal 2,5% all’8,5%».
Luciano Saso, delegato per la mobilità del rettore della Sapienza di Roma, è di simile avviso: «Chi va all’estero troppo presto può disperdere le proprie energie: meglio aspettare almeno il secondo anno». Secondo Saso, «la mobilità va pianificata con attenzione. L’importante è non precipitarsi a fare domanda solo perché ci si è accorti che il bando sta per scadere». Per raccogliere informazioni utili prima della partenza, il docente consiglia ai ragazzi di affidarsi alle stesse università di appartenenza: «Molti atenei organizzano giornate informative in cui spiegano i meccanismi della mobilità e illustrano le borse di studio. Anche attraverso il web si possono raccogliere informazioni sui programmi e la qualità delle università straniere».

Il Sole 24 Ore 18.11.13