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“Undici bocciature in un giorno. L’Italia campione di indisciplina”, di Marco Zatterin

Ne abbiamo mancate 11, questa volta, noi della Repubblica Italiana. Per esempio, non trattiamo i precari della scuola pubblica come gli assunti a tempo pieno, ma siamo anche in ritardo nell’adeguarci alle norme contro la tratta degli esseri umani. I nostri medicinali sono privi della tutela dal rischio falsificazione e i passeggeri che viaggiano in treno non possono contare su un’autorità che tuteli i loro diritti, cosa che – invece – l’Italia ha promesso a Bruxelles. Per questo la Commissione ci richiama, ci minaccia e – in un caso – ci manda alla Corte di Giustizia. È successo 11 volte, ieri, in un giorno solo. Roba da primato anche nella storia infinita di un Paese da sempre maglia nera nel recepire il diritto Ue.

I numeri sono contro di noi. L’ultimo rapporto sull’applicazione del diritto comunitarie pone l’Italia in testa alla classifica delle infrazioni, erano 99 alla fine del 2012, comprese 17 procedure da ritardato recepimento. Per fare il confronto, la Francia ha 63 contenziosi aperti, la Germania 61, l’Olanda 41. La differenza è palese, come pure si evince dalle denunce dei cittadini, altra graduatoria su cui il sistema italico svetta: ne abbiamo incassate 438; la Spagna, seconda, è quota 309.

Sono statistiche pessime, eppure stiamo facendo meglio di un tempo. In febbraio il quadro di valutazione del mercato interno segnalava come «degna di particolare nota» la prestazione dell’Italia, capace di ridurre il deficit di recepimento delle normative europee dal 2,4 allo 0,8% in sei mesi. Un passo avanti che impone ulteriori sforzi. «È una priorità accelerare, perché non è sopportabile avere record negativi di infrazioni », ha ribadito a più riprese il premier Enrico Letta. L’impegno è di arrivare al semestre di presidenza italiano di Ue, nel giugno prossimo, con un recupero, netto e consolante.

Sinora ha avuto la meglio la lentezza delle Camere e una qualche disattenzione ad ogni livello per le questioni comunitarie. Il meccanismo della legge omnibus comunitaria ha dimostrato parecchie carenze e solo di recente si è cominciato ad accelerare. Ciò non toglie che il mostro mostri la sua faccia peggiore ogni mese, quando la Commissione apre il dossier infrazioni. Ora ci ritroviamo gli undici «pareri motivati», seconda fase della procedura europea, che guarda caso non vengono da soli. Ieri ne sono state aperte altre sei, con lettere di messa in mora, in teoria confidenziali. Fra queste, secondo quanto risulta a La Stampa, ce n’è anche una per l’inadeguata gestione delle scorie radioattive sul territorio nazionale. Il fantasma di Caorso, per intenderci.

Il resto è una bestiario normativo. Rischia di costarci salato il rinvio alla Corte di giustizia Ue per la mancata esecuzione di una precedente sentenza con cui la Corte confermava che certi sgravi degli oneri sociali concessi alle imprese dei territori di Venezia e Chioggia costituivano un aiuto di Stato illegale e, pertanto, dovevano essere recuperati presso i beneficiari.

È una questione che risale agli Anni Novanta, soldi sociali erogati a chi non ne aveva diritto. Bruxelles propone una mora giornaliera di 24.578 euro per ogni giorno trascorso dalla sentenza della Corte e la piena conformit à da parte dello Stato o la seconda sentenza della Corte. Nonché il pagamento d’una penalità decrescente di 187.264 euro per ogni giorno trascorso dalla sentenza fino all’attuazione.

C’è poi che entro gennaio dovevamo recepire le norme per proteggere i farmaci. Che entro marzo erano da attuare quelle in materia di stoccaggio del mercurio metallico considerato rifiuto. Che abbiamo due mesi per rendere uguale part-time e assunti a tempo indeterminato nella Pubblica istruzione. Che è aperta anche la norma sulla prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario.

E via dicendo, così non è forse un caso se stamane il Consiglio dei ministri deve esaminare otto norme di attuazione comunitaria. La tratta degli umani è compresa. Sarebbe una di meno. Un passo avanti, importante non solo in nome dell’Europa.

La stampa 22.11.13