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“Dal rosa al rosso. Domani la giornata internazionale dell’Onu contro la violenza e gli abusi di genere”, di Mariagrazia Gerina

Anche le tinte sono cambiate nella lotta delle donne per i loro diritti: troppo sangue In Italia è stata organizzata una maratona contro gli stupri e il femminicidio. Ma sarà anche l’occasione per ritrovarsi, scioperare, raccontare attraverso la cultura l’universo femminile. «Caro amore mio, ti scrivo perchè non riusciamo più a parlare e non facciamo che arrabbiarci. I lividi, i dolori con il tempo vanno via. La paura ormai me la porterò dietro per tutta la vita. Ma non è colpa mia, non sono nata con la paura di essere picchiata dalla persona che amo.Vedi quando sei tranquillo e sereno io e nostro figlio ci sentiamo al settimo cielo, e ci fidiamo di te. Ma quando diventi quel brutto mostro cattivo non ci fidiamo più. Quindi per l’ultima volta ti chiedo: quanto sei disposto a cambiare anche per noi?».
Lettera di una donna maltrattata al suo uomo violento, uno dei tanti che ricoprono le loro compagne di lividi e paure, uno dei pochi che ha deciso di voltare pagina, rivolgendosi a un centro d’ascolto per uomini maltrattanti. «Leggerla insieme agli altri del gruppo è stata una esperienza potente», racconta Alessandra Pauncz, fondatrice del centro a cui Marco si è rivolto, il Cam di Firenze, il primo di questo genere, seguito da pochi altri sparsi per l’Italia. Rari percorsi di faticoso riscatto. Simbolici, per ora, nel numero. E che un librettino curato dalla stessa Pauncz prova a raccontare. Si intitola Da uomo a uomo: edito dalla Romano Editore sarà in libreria tra pochi giorni. Quattro testimonianze maschili, un test per aiutare gli uomini a leggere su di sé i segni della violenza e quella lettera così potente. Renderla pubblica è per la donna che l’ha scritta e per l’uomo che l’ha ricevuta un modo per celebrare senza retorica, con la loro storia, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Giornata di lutto, per forza. Perché ci si ritrova, come ogni anno dal ’99 quando fu istituita, a contare i morti. Anzi, «le» morte. Donne uccise dai loro uomini. Centoventotto in Italia, dall’inizio del 2013. Una Spoon River al femminile che ha stentato a trovare spazio nelle statistiche ufficiali, e anche nelle pagine dei giornali, che ora di quelle storie di donne ammazzate traboccano, specie in occasione di ricorrenze come quella di domani. Giornata di lutto, dicevamo. Ma anche di riscatto, cercato proprio a partire dal racconto pubblico di quei femminicidi che segnano il confine estremo della violenza, così vicino al limite sfiorato tutti i giorni in centinaia di migliaia di interni familiari.
FLASH MOB E INIZIATIVE
E allora concerti, reading, incontri. Il testo di Serena Dandini Ferite a morte utilizzato come strumento per riprendersi la voce. Davanti all’ Assemblea della Nazioni Unite, dove sarà letto dalla stessa autrice. Come nell’Aula di Montecitorio. Oppure, in strada, davanti alla sede nazionale della Cgil, dove (dalle 15) a dare voce alla Spoon River d’Italia ci saranno anche Susanna Camusso e le attrici Ivana Monti e Francesca Reggiani. Appuntamenti per Un lunedì da leonesse, come recita la serata organizzata da Snoq Factory al Macro di Roma mentre al Palazzo delle Esposizioni, alla presenza del viceministro per le Pari Opportunità, si terrà un recital delle poesie d’amore con Mariangela Gualtieri. Letture, gesti, parole. E qualcosa di rosso indosso, come il sangue, per non dimenticare. Decisamente più denso di significato del rosa. E più adatto per protestare, secondo le promotrici di un appello che stavolta chiama tutte ad andare oltre la celebrazione. «Fermiamoci per ventiquattro ore. Perché sia chiaro che senza di noi, noi donne, non si va da nessuna parte», recita l’Sos lanciato in rete da Barbara Romagnoli, Adriana Terzo e Tiziana Dal Pra che in poco tempo ha raccolto migliaia di firme. Sciopero delle donne, quindi. Come quello immaginato da Lisistrata nella commedia di Aristofane. Anche se l’idea a qualcuna fa storcere il naso. «Sciopero contro chi? Contro l’uomo a cui riconosco la veste di datore di lavoro?», si domanda scettica Gabriella Moscatelli, presidente del Telefono Rosa, che trascorrerà la mattina al teatro Quirino con il premio Oscar Sharmeen Obaid-Chinoy, autrice del documentario Saving face sull’acidificazione, una pratica mostruosa in voga ormai anche in Italia, e gli studenti delle ultime classi delle superiori che nei prossimi mesi saranno impegnati a produrre uno spot contro la violenza.
Il femminicidio è solo la punta dell’iceberg. Secondo l’ultima indagine Istat disponibile, le donne che hanno subito abusi fisici o sessuali in Italia sono 6 milioni e 743mila.
Una violenza che ha un costo enorme. Anche in termini economici: secondo Intervita 17 miliardi se ne vanno in fumo ogni anno insieme alla vita di centinaia di donne. Mentre contro la violenza nel 2102 sono stati stanziati solo 6 milioni. Il recente decreto cosiddetto «contro il femminicidio» ne aggiunge10 per il 2013, 7 per il prossimo, altri 10 per il 2015. La sproporzione è macroscopica. E oltretutto: «Ci sono veramente questi soldi?», si domanda la presidente del Telefono Rosa, mentre le agenzie battono un emendamento alla legge di Stabilità firmato dai relatori in Commissione Bilancio che prevede 10 milioni l’anno a sostegno del Piano antiviolenza fino al 2016. Ma i soldi non sono l’unico punto. Anche le nuove norme contro maltrattamenti e stalking, dall’arresto in flagranza al gratuito patrocinio alla revocabilità della querela solo in sede processuale, stentano a decollare. «Ci sono ancora molte difficoltà ad attuare quanto previsto in quella legge», spiega Costanza Baldry, avvocata di Differenza Donna. Anche lei convinta che il lavoro sul campo sia più utile di uno sciopero. Domani sarà a Santa Maria Capuavetere con gli studenti delle superiori e universitari a cui si rivolge il concorso artistico lanciato insieme alla cooperativa sociale Eva. «Devono essere le nuove generazioni protagoniste del cambiamento».

L’Unità 24.11.13