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Gli atenei del sud in rivolta: «Senza docenti si chiude», di Luciana Cimino

La linea invisibile che divide le università del nord da quelle del sud Italia stavolta si misura con i docenti: chi può assumerne e chi no. La riforma Gelmini ha messo in rapporto le spese per gli stipendi che ogni singolo ateneo può sostenere con le entrate complessive dello stesso, in altre parole non dipendono più dal solo finanziamento statale. Il blocco del turn over consente, in generale, una nuova assunzione ogni 5 pensionamenti ma la capacità di acquisire nuovo personale da parte delle università viene valutata, per il 2013, in base ai cosidetti «punti organico» (una specie di unità di misura elaborata sulla base del costo medio di un professore ordinario). Ed è appena uscita la classifica che sono cominciati i problemi: agli ultimi posti tutti atenei del sud. A Cassino, Teramo, Foggia, Campobasso, Benevento, Reggio Calabria, per esempio, potranno essere in grado di promuovere qualcuno, ma non assumere. Al vertice della classifica, invece, Bologna ma anche piccoli atenei come il Sant’Anna di Pisa (quello da cui proviene la ministra all’Istruzione Carrozza). La distorsione è tale che alcune università potranno assumere il doppio del personale andato in servizio, altri nessuno. La protesta è cominciata in Puglia dove, a fronte di 82 pensionamenti, gli atenei della regione dovranno ripartirsi solo 5 assunzioni. La questione è grave. In gioco c’è il rischio di una guerra tra università ma soprattutto il rischio che le facoltà siano costrette a chiudere diversi corsi di laurea. Con le conseguenze di perdita dell’indotto, centinaia di posti di lavoro bruciati tra ausiliari, tecnici, amministrativi, docenti, ricercatori, emigrazione forzata dei giovani, depressione culturale e quindi economica dei territori. Nella migliore delle ipotesi saranno aumentate a dismisura le tasse agli studenti. Insomma una specie di questione meridionale universitaria. «Non ci si può permettere una bancarotta didattica», dicono alcuni docenti delle università penalizzate. «È ormai evidente a tutti hanno scritto in un appello straordinariamente congiunto Cun, Flc Cgil, Cisl, Uil, Cobas, Snals, Ugl e Cisal, Link, Udu), Adi, Adu, Andu, Cipur, CoNPass, Cnru, Rete29aprile come il razionamento e i criteri di distribuzione dei cosiddetti “punti organico” puntano anche a mantenere attiva una contrapposizione tra i docenti, i tecnico-amministrativi e gli studenti». Contraria anche la Copi (Conferenza dei rettori delle facoltà di ingegneria), mentre Il Consiglio universitario nazionale si augura «percorsi correttivi per attenuare gli effetti sperequativi».

BATTAGLIA PER LA SOPRAVVIVENZA La mobilitazione in atto in Puglia potrebbe propagarsi in tutta Italia a partire dal 28 novembre, quando la ministra Carrozza incontrerà a Napoli i rettori scontenti. «È una battaglia per la sopravvivenza del sistema universitario meridionale», dicono questi ultimi mentre gli studenti del coordinamento universitario Link, assieme alla Flc-Cgil Puglia e a ricercatori e dottorandi dell’Adi, hanno lanciato un appello alla sospensione delle attività didattica per l’intera giornata del 28. «Decine di atenei del nostro Paese dichiara Alberto Campailla, portavoce nazionale di Link rischiano di chiudere nel giro di qualche anno». La sede della riunione tra Carrozza e atenei del sud è ancora ignota. Di certo però quel giorno a Napoli studenti, ricercatori e docenti si riuniranno in presidio.

L’Unità 25.11.13