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“Un terzo degli italiani è a rischio povertà”, di Laura Matteucci

Un terzo della popolazione a rischio povertà. Peggio di noi, in tutta la zona euro, solo la Grecia. Sono gli ultimi dati disponibili di Eurostat, riferiti al 2012: il 29,9% degli italiani, 18,2 milioni di persone, era a rischio di esclusione sociale o povertà. In Grecia la percentuale raggiungeva il 34,6%, mentre in Spagna, Paese in difficoltà economica e con altissima disoccupazione, si fermava al 28,2%, e in Portogallo al 25,3%. E nulla fa pensare che nel 2013 le cose siano andate meglio. Anche perché dal 2008 al 2012 il peggioramento è stato significativo: nell’anno di inizio della crisi a rischio era il 25,3% degli italiani, nel 2011 il 28,2%. In pratica, siamo passati da uno su quattro a uno su tre. La notizia di Eurostat fa il paio con l’ultima dell’Inps: quasi un pensionato su due (45,2%, 7,2 milioni di persone, dati sempre riferiti al 2012) ha un reddito pensionistico medio inferiore a 1.000 euro mensili. E il 14,3% si trova al di sotto di 500 euro. Il 25% (3,9 milioni) si colloca nella fascia tra 1.000 e 1.500 euro medi mensili, un ulteriore 14,6% (2,3 milioni) percepisce un reddito da pensione compreso tra 1.500 e 2.000 euro, e solo il rimanente 15,2% di beneficiari (2,4 milioni) ha un assegno che supera i 2.000 euro (oltre 3mila per 650mila pensionati).

CALA IL REDDITO

Dal bilancio sociale Inps si evince anche che tra il 2008 e il 2012 il potere d’acquisto delle famiglie è crollato del 9,4%, e solo tra il 2011 e il 2012 il calo è stato del 4,9%. Nel complesso nei quattro anni considerati il reddito disponibile delle famiglie ha perso in media l’1,8% (-2% tra il 2011 e il 2012). Nel bilancio, cresce del 19% la spesa per ammortizzatori sociali, che nel 2012 si è attestata oltre i 22,7 miliardi, dei quali 12,6 di prestazioni e 10,1 di contributi figurativi. La spesa è ripartita in 6,1 miliardi per la cassa integrazione, 13,8 miliardi per l’indennità di disoccupazione e 2,8 miliardi per indennità di mobilità. Rispetto al 2011 si registra un aumento di spesa per la Cig nel suo complesso (21,7%), un incremento della spesa sia per l’indennità di disoccupazione (18,2%) sia per quella di mobilità (17,3%). L’ampiezza dell’utilizzo degli ammortizzatori nel 2012 emerge anche dai dati sui beneficiari: la Cig ha coinvolto in tutto più di 1,6 milioni di lavoratori, la mobilità ne ha interessati oltre 285mila e la disoccupazione nel suo complesso quasi 2,5 milioni. In totale oltre 4 milioni di lavoratori hanno percepito un ammortizzatore nel corso dell’anno. Una postilla che riguarda gli esodati: il governo attende un rapporto trimestrale sul sito Inps entro Natale, che servirà a capire quanti soggetti so- no stati trattati, quanti hanno ricevuto la lettera, e quante pensioni sono state liquidate.

Ma torniamo ai dati Eurostat. Più nel dettaglio, di quel quasi 30% a rischio, l’anno scorso il 19,4% si trovava in una situazione di povertà propriamente detta, cioè con un reddito disponibile uguale o inferiore al 60% del reddito medio nazionale, il 14,5% in una situazione di privazione materiale severa: non in grado di pagare un affitto, un prestito, le bollette della luce, il riscaldamento, consumare carne o pesce ogni due giorni, di andare in vacanza per una settimana, di avere una tv a colori o un telefono o un’auto (condizione quest’ultima che riguarda il 14,5% della popolazione). E un buon 10,3% ha fino a 59 anni e vive in famiglie di adulti che lavorano meno del 20% delle possibilità teoriche nel corso dell’anno (gli studenti sono esclusi dal calcolo). Eurostat precisa che «il numero totale delle persone a rischio di povertà o esclusione sociale è inferiore alla somma delle persone calcolate in ciascuna delle tre categorie perché certuni si trovano simultaneamente in più di una casella».

Ebbene, guardando a tutti questi indicatori, dopo la Grecia, l’Italia è il Paese della zona euro dove il rischio di povertà ed esclusione sociale è più alto. Mentre scende parecchio la difficoltà in Francia, dove il rischio si concretizza per il 19,1% dei cittadini, in Germania (19,6%), Finlandia (17,2%), Olanda (15%). Per trovare dati peggiori di Italia e Grecia, bisogna guadare ai Paesi fuori della zona euro: al top Bulgaria (49,3%), Romania (41,7%), Lettonia (36,5%), Croazia (32,3%). Se poi si guarda l’intera Unione europea, l’anno scorso 124,5 milioni di persone, il 24,8% della popolazione, era a rischio di esclusione sociale, in peggioramento rispetto al 24.3% del 2011 e il 23.7% in 2008.

L’Unità 06.12.13