attualità, memoria

“Il Museo del Deportato torna alla città”, di Serena Arbizzi

Quarant’anni per non dimenticare e per ribadire l’importanza della Memoria e valorizzare questo luogo tributandogli importanza nazionale ed oltre. Si è conclusa con quest’intento la cerimonia con cui ieri sono stati celebrati i 40 anni del Museo Monumento al Deportato politico e razziale nei campi di sterminio nazisti, uno dei più rilevanti musei in memoria della deportazione a livello internazionale. All’iniziativa di ieri, svoltasi alla Sala dei Mori di Palazzo Pio e nel pomeriggio all’ex Campo di Fossoli, hanno partecipato, oltre al sottosegretario del ministero dei Beni Culturali Ilaria Borletti Buitoni, l’assessore regionale alla Cultura Massimo Mezzetti, il sindaco Enrico Campedelli, la direttrice regionale della Soprintendenza, Carla di Francesco e un mosaico del mondo dell’associazionismo. Erano presenti, con il fazzolettone a righe bianco azzurre annodato al collo, esponenti dell’associazione nazionale ex deportati provenienti da diverse parti d’Italia, l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, e altre associazioni che fecero parte del Comitato promotore del museo, insieme a rappresentanti di musei ed enti nazionali e internazionali. Le autorità insieme al presidente della Fondazione Fossoli Lorenzo Bertucelli hanno riaperto il museo dopo fondamentali interventi di restauro e ne è stata ripercorsa la storia particolarissima. «Dobbiamo lavorare affinchè questo luogo acquisti una rilevanza maggiore» ha promesso il sottosegretario Borletti Buitoni, mentre il presidente Bertucelli ha ricordato il Treno per Auschwitz, iniziativa che ritornerà per la decima edizione nel 2014, la prima settimana di aprile, coinvolgendo 500 ragazzi. C’è stato spazio anche per una nota polemica: l’ex segretario del partito socialista Aleardo Zinani, chiedendo d’intervenire, ha posto l’attenzione sulla legge della prima metà degli anni Ottanta che trasferì la proprietà del Campo dal demanio militare al Comune, menzionando il riferimento al campo di sterminio nazista, un riferimento che, secondo il segretario, spesso viene oscurato. La Fondazione Fossoli ha realizzato un’edizione speciale delle frasi graffite nel museo insieme a un cofanetto di foto che ne ripercorre la storia. È stato presentato un dvd sui lavori di restauro negli ultimi mesi e che riconsegnano un museo tutto recuperato. Riaperta anche la baracca recuperata del Campo di Fossoli; inaugurata la mostra “Immagini dal silenzio. La prima mostra nazionale dei lager nazisti”.

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«Questo è un luogo unico in Italia»

La testimonianza di due figli di deportati: «Qui riposa il ricordo di tante vite». «Tra le carte di mia madre, quand’è morta, ho trovato la corrispondenza con mio padre, quando lui era rinchiuso nel campo di Fossoli. La particolarità di questa raccolta è che ci sono sia le lettere in entrata, sia in uscita: mio padre consegnò tutte le lettere che aveva ricevuto proprio a mia madre in occasione dei viaggi rocamboleschi che lei affrontava per andarlo a trovare, in bici da Milano, o in treno, ad esempio. Ora queste lettere sono racchiuse nel libro “Amore e speranza”. Si legge negli occhi di Giuliano Banfi l’amore struggente che ha resistito potente alla barriera del filo spinato tra i suoi genitori, Gian Luigi Banfi, uno dei soci dello studio Bbpr e la madre Julia. Ieri Giuliano ha partecipato al quarantennale del Museo Monumento realizzato dallo studio del padre, quel Bbpr che rappresenta l’acronimo dei quattro nomi dei fondatori dal quale non venne mai meno la B di Banfi, nemmeno quando l’orrore del campo di Mauthausen se lo portò via il 10 aprile 1945, pochi giorni prima della Liberazione per una terribile beffa del destino. «Quando fu inaugurato il Museo realizzato dallo studio, che fu contattato dal sindaco di Carpi Bruno Losi, avevo 18 e ho seguito la cerimonia con grande partecipazione – prosegue Banfi – Da allora ho un legame particolare con la città». E un legame altrettanto particolare con Carpi c’è da parte di Anna Steiner, figlia di Albe, colui che curò l’allestimento grafico del Museo nel 1973 e protagonista insieme alla moglie Lica della resistenza al fascismo. «Il Museo Monumento è unico in Italia per il ruolo che ricopre nel ricordo della deportazione politica e razziale – commenta Anna Steiner – ed è anche un’opera d’arte importantissimo nel custodire il valore della Memoria». Anna si commuove, poi, nel ricordare i rapporti fra i genitori e lo studio Bbpr, e quando Banfi e Belgioioso furono presi per delazione il 21 marzo 1944, sotto l’accusa di spionaggio e complotto, e rinchiusi per tre mesi nel carcere di San Vittore, dopodichè Banfi fu mandato a Fossoli e successivamente a Bolzano ed infinte a Mauthausen.

La Gazzetta di Modena 09.12.13