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“L’insostenibile incertezza del diritto”, di Marco Cattaneo*

È di venerdì scorso l’ultimo editoriale di «Nature» sulla vicenda Stamina. E come al solito non lesina critiche a quanto sta accadendo da quasi un anno a questa parte, se è vero che si intitola Stem-cell fiasco must be stopped. Prende spunto dalla recente sentenza del TAR del Lazio con cui è stato sospeso il decreto di nomina del Comitato scientifico del Ministero della Salute che ha bocciato il metodo Stamina, per invocare un atto del ministro: “Lorenzin should bring a stop to this uncertainty”.
Il ministro Lorenzin, dunque, dovrebbe mettere fine a questa incertezza.

Forse i colleghi di «Nature» non ne sono consapevoli, ma hanno messo il dito su una piaga che è tra le ferite più dolorose di questa infelice stagione del nostro paese. L’incertezza. Che è sì quella della crisi economica, ma pure quella in cui per settimane, per mesi, non si sapeva che cosa sarebbe diventata la tassa sulla casa, giusto per limitarsi a un esempio. A margine tutto questo c’è anche un’incertezza, insostenibile e forse pure inaccettabile, del diritto. Che si è fatta palese con la sentenza del TAR, e non solo.

Ma cominciamo da qui. Secondo la sentenza, il fatto che alcuni esperti avessero già espresso parere negativo in riferimento al cosiddetto metodo Stamina non avrebbe garantito «l’obiettività e l’imparzialità del giudizio, con grave nocumento per il lavoro dell’intero organo collegiale».
In questo senso, la sentenza del TAR è singolare, perché sembra che si riferisca al giudizio del Comitato come se questo avesse dovuto esprimersi su faccende giudiziarie, oppure politiche, non su questioni tecniche.
Questo aspetto è cruciale, al punto che lo ha colto anche Amedeo Santosuosso, già giudice del Tribunale di Milano e presidente del Centro di ricerca Interdipartimentale European Centre for Law, Science and New Technologies (ECLT) dell’Università di Pavia. Sempre «Nature», infatti, riferiva il 4 dicembre il commento di Santosuosso, secondo il quale «un comitato tecnico richiede esperti tecnici… La decisione della Corte scardina la funzione di un comitato tecnico».
E in effetti il punto è semplice. Il Comitato ministeriale non era chiamato a dare un’opinione su una materia in qualche modo scivolosa. Era chiamato a esprimere un giudizio tecnico su una materia in cui le opinioni non hanno cittadinanza. E se sono plausibili le indiscrezioni apparse sulla stampa, come queste, difficilmente un comitato avrebbe potuto accettare un protocollo che forse non è nemmeno corrispondente a quello adottato presso gli Spedali Civili di Brescia.

Nelle questioni scientifiche, chi è chiamato a esprimere un’opinione mette in gioco la propria credibilità come esperto e come scienziato. E non credo che nessuno dei membri del comitato potesse pensare di farla franca dando un parere negativo se poi invece il metodo Stamina si fosse dimostrato non solo idoneo, ma efficace. In soldoni: nelle cose di scienza, se una cosa ha senso e io dico che non ne ha, faccio una figuraccia planetaria, e al prossimo congresso nessuno mi rivolge più il saluto. Chi butterebbe all’aria una brillante carriera solo per il gusto di bocciare un metodo che invece ha solidi fondamenti?

Ma c’è dell’altro, come dicevo. Non più tardi di quindici mesi fa, il TAR della Lombardia emetteva una sentenza (TAR LOMBARDIA – BRESCIA, SEZ. II – ordinanza 5 settembre 2012 n. 414–a) in cui scriveva: «Appare legittima l’ordinanza dell’AIFA recante il divieto “con decorrenza immediata, di effettuare: prelievi, trasporti, manipolazioni, colture, stoccaggi e somministrazioni di cellule umane presso l’Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia, in collaborazione con la Stamina Foundation ONLUS, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 142 del d. lgs. 219 del 2006″, atteso che tale ordinanza è stata motivata facendo puntuale riferimento alla mancanza dei requisiti di cui alle lettere a) e c) del quarto comma dell’art. 1 del D.M. 5 dicembre 2006 (sulla “utilizzazione di medicinali per terapia genica e per terapia cellulare somatica al di fuori di sperimentazioni cliniche e norme transitorie per la produzione di detti medicinali”) e all’inosservanza del disposto di cui al successivo sesto comma. Infatti i requisiti ai quali il citato art. 1 del D.M. 5 Dicembre 2006 subordina l’impiego dei medicinali di cui qui si tratta su singoli pazienti debbono essere compresenti affinché un tale utilizzo sia consentito (3)».

Uno dei problemi è che i ricorrenti non avrebbero prodotto un’adeguata documentazione in relazione all’ormai famoso Decreto ministeriale del 5 dicembre 2006, e in particolare dell’articolo 1, comma 4 lettera a). «Vi era una mancanza di evidenza scientifica che consentiva la sperimentazione – scriveva il TAR – atteso che, a sostegno della sussistenza di tale requisito, i ricorrenti avevano prodotto un’unica pubblicazione, di tre pagine, redatta dal dott. Marino Andolina su una rivista edita in Corea; dal complesso del documento prodotto (oltre al testo dell’articolo, le referenze della rivista) e dalle deduzioni dei ricorrenti non era dato evincere se si tratti di “accreditata rivista internazionale”…». La sola pubblicazione su una rivista coreana che abbiamo trovato a nome di Marino Andolina è questa, apparsa nel maggio 2012 su «International Journal of Stem Cells».
Insomma, secondo il TAR della Lombardia nel settembre 2012, il metodo Stamina non avrebbe dovuto essere somministrato, perchè mancante dei requisiti necessari secondo il Decreto del 5 dicembre 2006.

A fronte di tutto questo, nelle ultime settimane due tribunali – quello di Pesaro e quello dell’Aquila hanno autorizzato, e nel secondo caso ordinato l’infusione d’urgenza della «cura» Stamina in due bambini affetti da gravi malattie. Singolare, addirittura, la sentenza dell’Aquila, intervenuta dopo che solo due settimane prima lo stesso Tribunale si era pronunciato diversamente e dopo altre due sentenze negative del Tribunale di Chieti.

L’incertezza, dicevamo. È quella che ha trasformato il caso Stamina da una questione medico-scientifica in questione politica prima e infine in questione giudiziaria in cui i contorni delle leggi sono talmente interpretabili che ogni sentenza trova una sua ratio in sfumature diverse. E a ben pensarci forse è proprio per questo che il TAR del Lazio ha bocciato la costituzione del Comitato ministeriale. Perché in giurisprudenza il corpo delle leggi è interpretabile, evidentemente a discrezione di chi è chiamato a giudicare, e dunque sulla base di convinzioni personali, più o meno radicate.
Nella scienza non è così. Nemmeno nella ricerca medica. Perché una qualunque metodica diventi una cura occorre che i suoi effetti siano verificabili e riproducibili da ricercatori indipendenti. Ci siamo quasi stancati di scriverlo. È così per tutti, e da un sacco di tempo. Se esiste un metodo Stamina, dunque, a questo punto sarebbe bene che fosse finalmente reso pubblico, una volta per tutte, e messo sotto il giudizio dell’intera comunità scientifica.

E, d’altra parte, a mettere in fila tutte le sentenze – favorevoli e contrarie – che si vanno susseguendo sulla questione Stamina c’è da farsi venire il capogiro. Per questo sarebbe quanto mai opportuno che la politica tornasse a chiarire i riferimenti di legge in relazione alle terapie cellulari. Perché il Far West non aspetta. Il Far West è già qui.

*direttore de Le Scienze, Mente e Cervello e National Geographic

da http://cattaneo-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/