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Napolitano su Lampedusa: “Episodi inammissibili”, di Francesco Viviano

Anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, interviene sullo scandalo scoppiato nel centro di accoglienza di Lampedusa dopo la diffusione delle immagini sui migranti nudi “innaffiati” all’aperto per curare la scabbia. «Voglio che Lampedusa sia soprattutto un simbolo di impegno umanitario e solidale del nostro Paese, che non può essere messo in ombra e screditato da episodi inammissibili come quello venuto in questi giorni alla luce». Parole durissime che arrivano mentre il Cie viene adesso svuotato per consentire la ricostruzione della struttura parzialmente distrutta da un incendio di tre anni fa e che, fino ad ora, non ha mai garantito condizioni umane per le migliaia di emigranti approdati nell’isola. Un centro, quello di Lampedusa, che di fatto sta per essere smantellato e che, dopo la diffusione delle immagini del Tg2, girate da un profugo siriano, ha decapitato i suoi vertici, Cono Galipò e Federico Miragliotta, “licenziati” dal ministro degli Interni. Alfano ha rescisso il contratto con la loro cooperativa che gestiva il centro dal 2007 e che adesso sarà probabilmente affidato alla Croce Rossa Italiana. «Una decisione dura, ma sui principi non si transige. Lo Stato e il governo italiano non possono accettare che sul proprio territorio nazionale ci siano situazioni di violazione dell’integrità e della dignità della persona », ha dichiarato Alfano. «Abbiamo voluto che l’opinione pubblica, anche internazionale, lo avesse ben chiaro». Un intervento che sarebbe stato apprezzato dalla Ue. I fondi dunque non saranno bloccati, anche se l’Italia resta sotto osservazione.
Ieri dal Cie sono stati trasferiti in altre località italiane quasi duecento migranti. Attualmente quelli rimasti nell’isola sono poco più di duecento anche loro in attesa di essere trasferiti in altre strutture. Tra questi c’è anche l’autore del video shock, Kalid, che ha scritto una lettera al presidente Napolitano chiedendo “l’immediato trasferimento” dal Centro di accoglienza di Lampedusa dove si trova dal 3 ottobre, il giorno del naufragio in cui morirono 366 profughi. Kalid ha iniziato anche lo sciopero della fame assieme ad altri sei connazionali: vuole andarsene al più presto perché teme ritorsioni a causa del video.
Quella doccia anti-scabbia ha messo in pessima luce gli operatori del Centro. Una donna medico trentenne, ieri, quando ha incontrato due parlamentari di Sel in visita al Cie, Nicola Fratoianni ed Erasmo Palazzotto, è scoppiata in lacrime: «Ero arrivata a Lampedusa il giorno prima — spiega — e c’era una situazione sanitaria insostenibile. Non c’era un posto dove poter curare quegli oltre 100 migranti che avevano la scabbia, i dirigenti del centro mi hanno detto che lo spiazzo all’aperto era l’unico posto dove si poteva eseguire il trattamento. Non avevo scelta, o li curavo lì oppure la scabbia si sarebbe diffusa. Adesso sono diventata il “mostro di Lampedusa”, ma nessuna di quelle persone è stata maltrattata. Però qui la situazione resta invivibile».
Non è l’unico caso. Proprio ieri c’è stata una rivolta tra i 500 ospiti del Cara di Mineo, stanchi di essere “reclusi” da mesi: hanno bloccato
le strade del Catanese provocando violenti scontri con le forze dell’ordine intervenute con manganelli e gas lacrimogeni per bloccare i più rabbiosi che lanciavano pietre contro i poliziotti.

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“Più ispezioni e chiudere i Cie inadeguati e a chi mi attacca rispondo con i fatti”, VLADIMIRO POLCHI
«Aumentare le ispezioni nei centri, rivedere le gare d’appalto al ribasso, chiudere le vecchie strutture inadeguate e garantire l’effettivo diritto alla salute». All’indomani delle immagini shock di Lampedusa, il ministro dell’Integrazione Cécile Kyenge traccia la sua road map di intervento. Inserita dalla rivista americana Foreign Policy tra i cento intellettuali più influenti del mondo, la Kyenge si deve però difendere ora dal fuoco amico, di chi anche all’interno del suo partito (Pd) le chiede di «passare dalle parole ai fatti ».
Condivide la decisione del ministro dell’Interno, Angelino Alfano, di rescindere il contratto con l’ente gestore di Lampedusa?
«È una decisione forte e condivisibile, ma la verità è che dovremmo essere così rigorosi ovunque si verifichino comportamenti non idonei al rispetto dei diritti umani e a standard dignitosi di accoglienza. Le immagini di Lampedusa devono spingerci a una nuova riflessione ed essere di stimolo per accelerare un processo di riforma dei centri e per rafforzare il nostro monitoraggio al loro interno».
Dietro al business dell’accoglienza, si scoprono gare d’appalto aggiudicate con un ribasso del 30%. Così come si possono garantire standard dignitosi per i migranti?
«Va ripensato tutto il sistema dell’accoglienza e ci stiamo muovendo in tal senso. Quando si prevedono 30 euro al giorno per migrante, la conseguenza non può che essere il peggioramento della qualità della vita all’interno dei centri. Ogni ditta che partecipa a un appalto deve garantire non solo i servizi di base, ma anche un personale adeguato».
Non crede che alcuni centri, come il Cara di Mineo, siano troppo sovradimensionati?
«Non si può chiudere un centro da un giorno all’altro, ma è giusto privilegiare un modello di accoglienza più diffusa, in nuclei più piccoli soprattutto nel caso di affidamento dei minori stranieri non accompagnati».
Cosa pensa delle continue fughe dal centro d’accoglienza Elmas di Cagliari?
«Quel centro è costruito dentro una zona aeroportuale. Non va bene né per gli ospiti interni, né per il funzionamento dei servizi esterni».
Perché spesso le Asl non possono lavorare dentro i centri?
«È vero, vanno fatti dei protocolli anche con le Asl per garantire a tutti i migranti il diritto alla salute, come riconosciuto dall’articolo 32 della Costituzione ».
Per il deputato Pd, Khalid Chaouki, lei «deve passare dalle parole ai fatti». Cosa risponde?
«Non commento mai gli attacchi, rispondo sempre con i fatti e i fatti ci sono e sono tanti».
Eppure la Bossi-Fini sta lì e la riforma dei Cie non è decollata.
«I lavori parlamentari sono spesso rallentati. In questo periodo dobbiamo tenere conto dell’impegno sulla legge di stabilità. Io faccio politica, certo, ma resto anche un medico ocu-lista, miro alla concretezza e chiedo che sulle riforme si vada fino in fondo».
Anche l’introduzione dello ius soli pare ancora un miraggio.
«In questi giorni stiamo lavorando a un’accelerazione della riforma della cittadinanza. Bisogna sensibilizzare tutti i gruppi parlamentari, affinché non sia solo la riforma di una parte, pronta a essere cancellata a ogni cambio di maggioranza. Il mio impegno quotidiano è coltivare una migliore conoscenza del fenomeno migratorio e cambiare il linguaggio: tutti sforzi che danno risultati solo a distanza di anni. Ma certo la nuova cittadinanza resta il mio obiettivo prioritario».
Cosa accadrà se alla fine della sua esperienza ministeriale la riforma della cittadinanza sarà ancora su un binario morto?
«Va capito che la diversità è una risorsa. Se non portiamo a casa questa riforma, non sarà solo una sconfitta personale, ma una sconfitta di tutti».

La Repubblica 20.12.13