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«Letta sia più coraggioso Il Pd vuole un patto chiaro», di MariaZegarelli

Vacanza? «Niente affatto, sono al lavoro in Regione». Debora Serracchiani, governatrice del Friuli Venezia Giulia, nonché responsabile Trasporti e Infrastrutture nella segreteria di Matteo Renzi, è una sgobbona. Sgobbona e determinata, insieme ai suoi coetanei ormai nei posti apicali del partito, a dare una nuova impronta al Pd e una sostanziosa spronata al governo. Presuntuosi? «Affatto, sappiamo che questo è il momento di dimostrare cosa sappiamo fare e dobbiamo mettercela tutta». E questa sfida li trova in compagnia di Angelino Alfano, politicamente su fronti opposti, ma con lo stesso obiettivo: dopo aver preso il posto degli eterni protagonisti politici, adesso vogliono iniziare una nuova fase. A partire dal governo. «Enrico Letta deve avere più coraggio», dice la governatrice.

Intanto finisce l’anno con lo scivolone sul salva Roma. Se deve fare un bilancio, come giudica questi mesi del governo? «Enrico ha governato in un contesto difficilissimo, non dobbiamo dimenticarci come è partito questo esecutivo. Adesso il mio auspicio per il 2014 è di un maggiore coraggio soprattutto sulle riforme».

Letta intende basare il lavoro dei prossimi mesi su un patto di maggioranza. Qua- li dovrebbero essere i punti fondanti? «Vorrei intanto sottolineare il metodo scelto: per la prima volta non si fanno accordi nelle segrete stanze ma si stabilisce la necessità di una trattativa aperta su punti programmatici. Non su nomi e cognomi, ma sul programma. Mi sembra un passo avanti notevole. Sul merito, credo che le indicazioni fornite dal segretario del Pd siano chiarissime: investono le questioni legate ai costi della politica, dall’abolizione del Senato al dimezzamento del numero dei parlamentari, al superamento delle Province, e la grande sfida sul lavoro. Per la prima volta questa questione viene affrontata co- me un corpo organico, per il quale è necessario un grande piano che lo affronti in modo complessivo. Infine, ci sono tutte le vicende europee che da gennaio dovranno essere prioritarie. Credo che non possa che partire da qui un patto alla tedesca per proseguire con l’azione di governo».

L’altro socio di maggioranza, Alfano, si è detto pronto a raccogliere la sfida lanciata da Renzi. Ma le differenze tra voi e il Ncd restano intatte. Su cosa è più facile mediare?

«Si continua a chiamare trattativa alla tedesca, quindi è evidente che si lavora per trovare un punto di equilibrio. Ma è altrettanto evidente che ci sono dei punti ineludibili sui quali il governo deve pronunciarsi e deve farlo anche il Ncd. Sono convinta che in una valutazione complessiva, che anche Alfano fa, rispetto all’opportunità oppure no di andare subito a votare, la ricerca di una quadratura sul programma sia la strada migliore».

Ma arriviamo al concreto. Renzi chiede l’abolizione della Bossi-Fini, Alfano non la ritiene una priorità. Che fa il Pd su questo? Rompe la maggioranza?

«Quello della Bossi-Fini non è un problema politico: è un problema tecnico, non ha funzionato. Non ha risposto tecnica- mente ai temi che sono legati all’immigrazione, oltre al fatto che va aggiornata anche alla luce di tutte le modifiche che la stessa crisi ha portato alla questione dell’immigrazione. Sono cambiati i flussi, le provenienze, le richieste, che arrivano molto di più da zone di guerra. Questa è una legge che richiede una pro- fonda revisione in tutti gli aspetti che l’hanno messa sotto stress. Infine, anche l’Europa ci chiede di adeguare la Bossi-Fini alle norme comunitarie. So- no convinta che Alfano, che viene da una terra che è toccata direttamente dall’immigrazione, sia una persona ragionevole che, di fronte a domande che vengono poste e per le quali non ci sono risposte adeguate, sia disponibile al confronto».

Altro tema. Il Job Act. Alfano risponde a Renzi proponendo tre anni di zero burocrazia per chiunque voglia avviare una nuova attività. Dice che lo Stato deve fidarsi degli italiani. Lei che ne pensa? «Credo che nessuno abbia una bacchetta magica e che l’insegnamento che ci arriva da questa grave crisi è che occorrono molti interventi nel settore, piccoli, grandi e di amplissimo respiro. Quando si parla di lavoro non si può affronta- re solo la questione della burocrazia tra- lasciando le regole, oppure toccare solo le regole trascurando gli ammortizzatori sociali. Quando si parla di Job Act è questo che si intende: la costruzione di un piano organico che tocchi tutti i te- mi. Ci stiamo lavorando, ho letto moltissimi interventi, stiamo ascoltando molte persone e quando saremo pronti lo faremo in poco tempo».

La nuova segreteria ha l’ambizione di cambiare il partito. La prima prova sarà quella di riuscire a fare sintesi e il lavoro sembra un tema molto a rischio. I giovani turco hanno già espresso perplessità sul piano del segretario.

«I giovani turchi hanno detto di no a un piano che hanno inventato perché ancora non esiste».
Ma è stato Renzi ad annunciare alcune misure.

«Renzi ha illustrato alcune idee, ma il piano, ripeto, ancora non è stato presentato in tutta la sua completezza. Quello dei giovani turchi mi sembra un no preventivo, legittimo ma preventivo». Riuscirà questa segreteria laddove hanno fallito quelli prima di voi?

«Sono molto fiduciosa, questa è una segreteria composta da persone con provenienze e sensibilità diverse. Sarà la giovane età, o forse il fatto che non abbiamo zavorre sulle spalle, ma finora la sintesi l’abbiamo trovata, con un approccio molto laico alle questioni».

L’Unità 28.12.13