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“Se la via giudiziaria alla salute alimenta le false speranze di chi soffre”, di Elena Cattaneo*

Si sa tutto di Stamina. Che è un’operazione che non ha nulla di medico o scientifico, guidata da persone senza competenze e credibilità; un’infusione che non si sa cosa contenga — di certo non staminali che fanno neuroni — e che non ha i requisiti per rientrare tra le “cure compassionevoli”. Anche se ci sono giudici che prescrivono il “trattamento” — come se i medici facessero i processi o scrivessero sentenze — si tratta di un inganno ai danni dei malati e un ricatto allo Stato: soldi per somministrare l’inganno vengono sottratti ai trattamenti veri.
Come previsto dai testi di psichiatria, l’inganno è difeso dalle stesse vittime e da immancabili esaltati, incitati a scendere in piazza con atti eversivi. Quasi un esperimento di persuasione di massa che intrappola parte dell’Italia, e che potrebbe trasformarsi in un’ecatombe per il nostro Servizio sanitario nazionale. Dovesse questa follia non essere fermata da un decreto legge o dal magistrato, più intelligenti speculatori sono pronti a sostituirsi a Stamina, con cellule “meglio fabbricate” ma sempre senza prove circa un loro razionale impiego terapeutico nell’uomo.
L’escalation è inquietante. Nonostante l’inseguimento dei Nas per le denunce di malati truffati, Stamina entra negli Spedali Civili di Brescia, da cui non l’espelle neppure l’ordinanza Aifa di blocco. È così che per mesi una fondazione non-medica e il suo “personale” digitano i codici di accesso di un ospedale pubblico di un’importante città, dove un laureato in lettere accerta l’assenza di patogeni nei preparati Stamina e il Comitato etico autorizza la somministrazione in pazienti di “preparati ignoti” perché “coperti da brevetto”.
Un brevetto inesistente, dato che la domanda, sottoposta all’ufficio americano, era tornata al mittente nel peggiore dei modi, dicendo che in quelle tre paginette non vi era “nulla di metodologicamente sensato e riproducibile, e che cellule moribonde venivano scambiate per neuroni”. Una sentenza che Stamina tentò di nascondere, senza riuscirci, e la rivista Nature appurò che nel testo c’erano pure foto plagiate da artefatti di gruppi russi.
Il “metodo” che trasformerebbe in neuroni terapeutici le cellule staminali mesenchimali (che normalmente fanno altro) dunque non esiste. Chi studia queste cellule in laboratorio sa che la trasformazione non avviene e ad essere iniettati sono detriti cellulari, che presto spariscono. E se ci fossero cellule fuori controllo, e non sparissero, sarebbe anche peggio. Un ragazzo israeliano trapiantato in Russia con intrugli ignoti, due anni dopo il trapianto accusò dei forti mal di testa: le cellule trapiantate avevano dato origine a un tumore.
E quindi sulla base di quali prescrizioni mediche “illegali” (senza le necessarie autorizzazioni) i giudici italiani impongono la somministrazione di “trattamenti” a carico della collettività, inutili nel migliore dei casi? Le dichiarazioni sui presunti benefici non solo non provano alcunché, ma non possono trasformarsi nella pretesa di ricevere dallo Stato una cura che non c’è (ma verso la quale molti studiosi lavorano in ben altri modi). L’indagine conoscitiva promossa dal Senato farà il suo corso e dovrà anche contribuire a evitare simili casi in futuro.

*(docente all’Università di Milano, senatore a vita)

La Repubblica 29.12.13