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Renzi: il Pd non può permettersi che il governo stia fermo", di Vladimiro Fruletti

Noi siamo il Pd, tre milioni di persone non ci hanno assegnato una responsabilità di governo, ci hanno detto che questa è l’ultima occasione per cambiare davvero. Se c’è bisogno di discutere, di trovare una sintesi, va bene. Ok. Ma se l’obiettivo è di perdere tempo si sappia che noi non ci stiamo». Matteo Renzi non toglie il piede dall’acceleratore. Dopo la lunghissima riunione fiorentina della sua segreteria, quasi sei ore di discussione compresa una pausa panini acquistati dal dirimpettaio Eataly («il conto? 17 euro a testa» precisa), il segretario-sindaco fa capire che l’azione del Pd non è destinata a rallentare. Anzi. Sia sulla riforma elettorale che sul patto di governo l’intenzione è di affondare ancora di più, visto che il contropiede del 2 gennaio è fin qui ampiamente riuscito. «Sulla legge elettorale in tre giorni si sono fatti passi in avanti che non si erano fatti in tre anni» annota annunciando che entro la prossima settimana si potrà «da tirare la rete». Per poi avviare il percorso formale da concludere al massimo entro marzo. Renzi appare ottimista viste le disponibilità fin qui incassate dagli alleati di Ncd e Scelta Civica, e da Forza Italia, Sel e anche Fratelli d’Italia. Quanto a ai 5Stelle più che su Grillo punta su i suoi parlamentari. Il che però, avverte, non vuol dire che il Pd sia disposto a trattare. Quelle tre proposte (doppio turno, mattarellum corretto e spagnolo con premio) sono dei prendere o la- sciare, non basi di partenza su cui fare spezzatini che poi non garantiscano alternanza e governabilità.

Insomma la priorità è la nuova legge elettorale. E quindi è evidente che qualsiasi tentativo di temporeggiare verrebbe respinto. A maggior ragione se arrivasse dagli attuali alleati di governo. Che poi è quello che Renzi teme stia tentando di fare Alfano alzando la polemica sull’immigrazione e sulle unioni civili. «Non vorrei che fossero usate come armi di distrazioni di massa» per distogliere, appunto, l’attenzione dalla legge elettorale. Che in fondo è l’unica vera garanzia che un’eventuale caduta del governo non avvenga senza alcuna rete.

Certo Renzi assicura che nessuno nel Pd vuole mettere in discussione il governo, ma i problemi non mancano. Come dimostrano le dimissioni di Fassina. In effetti a una domanda sul rimpasto di governo che un giornalista ha introdotto ricordando le parole di Fassina, il segretario ha risposto con un «chi?». Una battuta, dicono i suoi, scelta più per scartare di lato sul rimpasto che per offendere il viceministro. E il portavoce Lorenzo Guerini si dice dispiaciuto che, a fronte di una segreteria che ha affrontato le priorità per il Paese, Fassina «esprima in questo modo il suo disagio riguardo alla sua presenza nel governo». Ma il presidente del Pd Gianni Cuperlo chiede più rispetto: «In un partito servono le idee ma, assieme, serve il rispetto per le persone. La battuta del segretario del nostro partito non è stata una traduzione felice di questo spirito. Mi auguro si tratti di un incidente e nulla più».

Comunque a Renzi più che un rimpasto interessa che nel governo il Pd porti a casa risultati concreti. Bene quindi lo spread sotto i 200 punti anche se il merito, sottolinea non casualmente, va riconosciuto soprattutto «al condottiero» Mario Draghi. Ma si può fare di più. Anche mettendo in discussione con l’Europa il tetto del 3% del rapporto debito-pil, purché prima si facciano le riforme comprese quelle istituzionali (via Senato, province e un bel po’ di burocrazia) per tagliare 1 miliardo di costi della politica. Da qui l’importanza dell’agenda decisa ieri in segreteria e che sarà messa nel patto di coalizione. «Il governo lo mette in difficoltà chi lo vuole tenere fermo non chi gli chiede come il Pd di risolvere i problemi degli italiani».

Sulle coppie gay ad esempio il segretario del Pd trova sgradevole che Alfa- no vi contrapponga il tema della famiglia dopo averne azzerato (nei governi di cui faceva parte, assieme a Formigoni e Giovanardi) i fondi di sostegno. La proposta del Pd, precisa, è quella scelta dagli elettori con le primarie, cioè le civil partnership alla tedesca che non prevedono le adozioni: «nel mio partito mi dicevano che ero moderato ora sono diventato un estremista». Stesso principio sulla Bossi-Fini e sul diritto dei figli degli immigrati a diventare cittadini italiani sui è disposto a discutere di una gradualità legata a cicli scolastici completati. E in questo capitolo che chiama dei «doveri civili» ci saranno anche le nuove norme sulle adozioni (dopo il ca- so delle 24 famiglie in Congo) e sul volontariato per cui propone che chi finanza una onlus abbia gli stessi sgravi fiscali di chi dà i soldi a un partito. Inoltre conferma che il 16 in direzione presenterà il piano per il lavoro. La responsabile Marianna Madia assicura che articolo 18 e contratto unico «se ci saranno, saranno marginali» perché il progetto è tutto incentrato sulla crescita, quasi una specie di piano di politica industriale. Insomma il Pd sta chiedendo al governo Letta non poche cose. Ma alternative per Renzi non ci sono: «se questa coalizione deve portare cambia- menti all’Italia non si può pensare che il Pd stia ad assistere per mesi a un estenuante balletto come è accaduto sull’Imu».

L’Unità 05.01.14