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"I prof europei scattano tutti", di Giovanni Scancarello

Salari europei con carriera, ma anche con gli scatti di anzianità. La vicenda degli scatti, prima minacciati e poi garantiti, ha riaccesso il faro sulla struttura retributiva degli insegnanti italiani. I salari dei docenti europei sono costantemente monitorati dalla commissione europea. Va detto subito che, secondo la definizione della commissione, per salario lordo annuo va inteso l’importo dello stipendio pagato in un anno che comprende premi, aumenti e assegni, come quelli per il costo della vita, la tredicesima, le ferie, meno i contributi assistenziali e previdenziali versati dal datore di lavoro.
Tutti i paesi europei, oltre a fissare un salario di base minimo, prevedono una serie di incrementi salariali legati, per lo più, all’anzianità di servizio, agli straordinari e alle responsabilità supplementari.

I paesi, in base all’ultimo rapporto di Eurydice (School Heads’ Salaries and Allowances in Europe), si distinguono in base al numero di fattori che possono incidere sui salari degli insegnanti. La Polonia, per prima, e poiDanimarca, Grecia, Spagna, Francia, Paesi Bassi, Estonia, Lituania, Ungheria e Slovenia costituiscono il gruppo di paesi che, per la definizione della retribuzione degli insegnanti, tengono conto del maggior numero di fattori. L’Italia è uno dei Paesi caratterizzati dalla maggiore rigidità della progressione retributiva, sostenuta da tempi mediamente più lunghi per i docenti per passare dalla base alla cima della scala retributiva.

Quasi tutti i paesi utilizzano un sistema di scale salariali basate sull’anzianità di servizio, che determinano l’avanzamento di grado retributivo fino a raggiungere il salario massimo. In Italia un docente di scuola media prende 24846 euro a inizio e 37212 euro a fine carriera, in Finlandia sono 34235 e 44526 euro, in Germania 44823 euro e 59451, in Lussemburgo partiamo con 77897 euro e arriviamo a 135408.

Gli incrementi salariali legati all’anzianità di servizio non sono poi uguali in tutti i paesi.Possono aver luogo a intervalli fissi o variabili. In molti paesi, tali intervalli sono annuali, ma possono anche arrivare a sette anni come in Italia. Come avveniva prima del congelamento dei contratti dal 2008. Va ricordato come già nel lontano 1966 l’Unesco raccomandasse di abbreviare gli intervalli di tempo tra gli scatti di carriera, fino a farli diventare addirittura annuali e facendoli rientrare all’interno di un periodo più corto di 10 massimo 15 anni in almeno un terzo dei Paesi, gli insegnanti aspettano di ricevere un incremento tra il 17 e il 40% tra inizio e fine carriera, in un altro terzo l’incremento è tra il 60 e il 90%. I livelli retributivi massimi vedono raddoppiare i livelli iniziali in Irlanda, Cipro, Ungheria, Austria e Romania. Nella maggior parte dei Paesi europei ci vogliono mediamente dai 15 ai 35 anni di servizio per completare la salita. I più lenti in assoluto sono ungheresi, romeni e spagnoli che ci mettono dai 38 ai 40 anni. L’Italia segue con i suoi 34 anni. Danimarca, Estonia, Regno Unito (Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord) richiedono solo 12 anni per arrivare in cima alla scala.

Gli aggiustamenti salariali registrati tra il 2000 e il 2009, sostengono i ricercatori di Eurydice, consentono ai docenti europei di mantenere i livelli retributivi del 2000 o di superarli, ad eccezione di Francia e Grecia. In Italia, insieme alla comunità belga di lingua francese, Danimarca, Spagna, Austria, Portogallo, Slovenia, Finlandia, Svezia, Regno Unito, i docenti hanno ricevuto i salari che hanno mantenuto pressoché inalterato il loro potere d’acquisto rispetto al 2000. Sedici paesi europei hanno ridotto o congelato gli stipendi degli insegnanti in risposta alla crisi economica: Italia in compagnia di Irlanda, Grecia, Spagna, Portogallo e Slovenia. Nell’approfondimento dal titolo School Heads’ Salaries and Allowances in Europe, 2012/13, è possibile inoltre constatare come tra tutti i Paesi Eurozona gli stipendi degli insegnanti mantengano gli stessi livelli retributivi o li aumentino tra il 2000 e il 2002, l’Italia è l’unico Paese, insieme all’Austria, che li abbassa nel 2002, proprio in corrispondenza con l’introduzione dell’euro.

da ItaliaOggi 14.01.14