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L’Aquila, città in ginocchio «Aiuto, stiamo morendo», di Jolanda Buffalini

Punto uno. Il centrosinistra che governa L’Aquila, nella tempesta giudiziaria e mediatica che ha portato alle dimissioni di Massimo Cialente, alza il tiro e mira alla testa del ministro per la Coesione territoriale Carlo Trigilia. Punto secondo, il sindaco dimissionario rende nota una lettera al Capo dello Stato datata 11 dicembre 2012, nella quale si denuncia, come anticipato domenica da l’Unità, come segno dell’abbandono della città terremotata da parte dello Stato, l’allontanamento di Fabrizio Magani dalla direzione regionale dei beni culturali e quello dell’ingegnere Donato Carlera dal provveditorato del lavori pubblici; funzionari molto capaci che erano in due posti chiave per la ricostruzione e il recupero per la città che ha il 60 per cento degli edifici vincolati.

Punto tre. Celso Cioni, direttore della Confcommercio regionale, si è barricato in un bagno della sede della Banca d’Italia, minacciando di darsi fuoco con della benzina per protesta contro il sistema del credito che soffoca i piccoli commercianti. Celso Cioni è stato, in passato, un candidato sindaco del centro sinistra (vinse allora l’esponente di Forza Italia Tempesta). Ma il gesto eclatante di ieri, in una giornata super stressante per i magistrati e per la giunta Cialente, ha trovato solidarietà da Forconi e Forza Nuova, oltre che dal presidente della Provincia Del Corvo.

Tre scenari che raccontano una città boccheggiante, dove il volano della ricostruzione si è di nuovo inceppato, dopo la parentesi di Fabrizio Barca che aveva messo la parola fine al commissariamento e alla fase emergenziale. E, dopo cinque anni, la disoccupazione, le difficoltà delle piccole imprese di commercio che una volta vivevano nel centro storico, i tagli alle istituzioni che a L’Aquila pesano più che altrove, rischiano di riuscire là dove non è riuscita l’on- da sismica, spingendo alla rassegnazione e alla fuga.

Nella conferenza stampa in cui parlano Stefania Pezzopane e Betti Leone, a nome della coalizione di Villa Gioia, l’attacco al ministro Trigilia è durissimo. «Uno sciacallo», lo definisce Stefania Pezzopane, «un incompetente». «Letta gli tolga le deleghe». Pezzopane ribadisce con forza, a nome di tutti, ciò che lei aveva già affermato, ma a titolo personale.

C’è un complotto, contro Cialente è stato usato «il metodo Boffo». E nel complotto contro L’Aquila entra anche «Carlo Trigilia». «Come uno sciacallo», insiste la senatrice Pd, «ha dato una intervista al Messaggero nel giorno in cui è scoppiata la tempesta giudiziaria». E, insiste, ha ribadito le sue posizioni in un’intervista alla Stampa. Oggetto del contendere sono i finanziamenti 2014 per la ricostruzione. Il ministro accusa: «chiedete soldi ma non siete capaci di spendere quelli che avete, il tiraggio dei vostri progetti è di 500 milioni». «Incompetente», reagisce Stefania Pezzopane. «È uno che confonde cassa e competenze», ribadisce Giovanni Lolli. Il comune de L’Aquila ha autorizzato pagamenti che superano il cronoprogramma della ricostruzione, raggiungendo circa un miliardo e 400 milioni.

Brucia, per di più , che Trigilia ha convocato a Roma i piccoli comuni del cratere, il rettore dell’università de L’Aquila, Paola Inverardi, lasciando fuori il sindaco. La richiesta è che sia la presidenza del consiglio, direttamente, ad assumere per il governo il tema della ricostruzione. La paura è che per la città terremotata si prospetti un nuovo commissariamento. È una situazione nella quale è impossibile pensare a un ritorno del sindaco sui suoi passi, a meno che, sostiene Betti Leone, «non arrivi il miliardo e due necessario alla ricostruzione nel 2012». Intanto venerdì ci sarà una manifestazione (alle ore 17, 30) presso la Fontana luminosa in suo sostegno.

La lettera indirizzata a dicembre da Cialente a Napolitano è molto ferma nel denunciare i rischi dell’allontanamento da L’Aquila di Fabrizio Magani. Cialente aggiunge che si stanno già sperimentando i ritardi fisiologici nella ricostruzione del tribunale, dopo che è cambiato l’incarico di provveditore ai lavori pubblici. Ma, sullo spostamento a Pompei di Magani , il sindaco da voce al sospetto: «Qui a L’Aquila siamo convinti che Magani venga rimosso in quanto ostacolo a un disegno della Curia, principale immobiliari sta della città». La Curia ha rotto il silenzio, mantenuto in questi giorni, con un comunicato, nel quale afferma «la stretta collaborazione con il dottor Magani e condivide il desiderio del sindaco Cialente» perché l’alto funzionario continui la sua opera a L’Aquila.

Primi interrogatori, a L’Aquila, per l’inchiesta «do ut des » che ha provocato il secondo terremoto, questa volta, per fortuna, solo politico, con le dimissioni di Massimo Cialente. Nei container do- ve ha sede il tribunale, nell’area industriale di Bazzano, sono stati ascoltati i destinatari degli avvisi di garanzia, fra i quali, il vicesindaco della attuale giunta, Roberto Riga, accusato, per sentito dire, dall’imprenditore veneto della Steda, Daniele Lago, di avere ricevuto, insieme ad una confezione di grappa, tangenti. Giovedì sarà la volta dei quattro agli arresti domiciliari, l’ex assessore della prima giunta Cialente, Vladimiro Placidi, l’ex consigliere di centro destra Pier Luigi Tancredi, la collaboratrice di Tancredi, Daniela Sibilla e il rappresentante di Mercatone Uno in Abruzzo, Pino Macera.

Il primo ad essere ascoltato è stato Mario Di Gregorio, l’ingegnere del comune incaricato di seguire i puntellamenti degli edifici lesionati. C’è un giallo, nella vicenda «do ut des» che lo riguarda. Il pagamento per avanzamento lavori di 1200 milioni, che è all’origi- ne dell’affaire, non porta la sua firma ma quella di un altro dirigente, Fabrizi, il quale, però, non è indagato. Se Di Gregorio non ha firmato, sostiene il suo avvocato, dove è il marcio? Eppure gli investigatori sono sicuri, Fabrizi non c’entra. Invece, in base all’ordinanza, fu Di Gregorio, prima ad affidare alla ditta aquilana Silva Costruzioni il puntellamento di palazzo Carli, sede del rettorato, poi non avendo la Silva le certificazioni adeguate, a suggerire l’Ati con l’impresa veneta, non presente nella White list approntata in collaborazione con le associazioni di categoria.

I puntellamenti si facevano ad affidamento diretto. Questo spiegherebbe come sia stato possibile affidare le opere provvisionali del rettorato a un’impresa che non aveva adeguata forza economica. Ma palazzo Carli è una reggia di dimensioni enormi, sembra in- credibile che non si sia riuscito a prevedere la consistenza di quell’appalto. Inoltre, per la Procura, è sospetta la destinazione di quei 1200 milioni, di cui la Silva Costruzioni si è sentita defraudata, per avere fatto i lavori che non le sono stati pagati e che, invece, sono fini- ti dalla Steda alla banca popolare di Verona, come cessione del credito.

L’Unità 14.01.14