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"Modena, l’argine era stato controllato a dicembre", di Gigi Marcucci

Un argine saltato, la campagna trasformata in un lago, acqua a perdita d’occhio, casolari e stalle trasformati in isole violentemente accarezzate dalla corrente. Un uomo caduto in acqua mentre cercava di aiutare i vicini e ora disperso, centinaia di persone evacuate, oltre mille intrappolate in casa nel centro di Bastiglia, a pochi chilometri da Modena. Aziende bloccate e circa quattromila lavoratori costretti all’inattività. Dopo il terremoto del 2013, la campagna del Lambrusco, tra Sorbara, Bastiglia e Bomporto, subisce l’affronto dell’acqua. Il cielo ha fatto la sua parte. Tra giovedì e domenica, quando il Secchia è letteralmente esploso, sono caduti 400 millimetri di pioggia (dati Arpa), che sommati a quelli caduti nei 20 giorni precedenti innalzano, in alcune zone, il livello delle precipitazioni a quasi un metro e mezzo. Ma ora la Procura di Modena vuole accertare se l’uomo non sia stato da meno e ha aperto un fascicolo contro ignoti. Il cedimento dell’argine in zona San Matteo è stato catastrofico, eppure i lavori per la sua sistemazione erano terminati solo un mese fa. «L’Agenzia interregionale per il fiume Po (Aipo. che si occupa anche degli affluenti ndr) mi aveva assicurato che era tutto in ordine», dice Sandro Fogli, il sindaco di Bastiglia, che dalle 14 di domenica pomeriggio è impegnato nelle operazioni di soccorso ed evacuazione.
La voragine è gigantesca, 70 o 80 metri nel “muro” che delimita il corso del Secchia. Nella zona, la corrente sull’asfalto è talmente forte che le automobili rischiano di essere trascinate via. Ne sa qualcosa Antonio Farné, un giornalista della Rai la cui auto è stata inghiottita dai flutti. Farné si è salvato nuotando fino al primo casolare abitato dopo essere riuscito, con grande fatica, a sbloccare la portiera e a uscire dall’abitacolo.

Aipo accusa le buche scavate da tassi e volpi in un tratto d’argine completamente rettilineo. Pulizie e controlli, afferma sempre l’Agenzia, erano stati fatti anche dopo il sisma «senza che emergessero criticità di rilievo»- «È un’ipotesi, controllare le tane può essere molto problematico. In ogni caso io mi rimetto al giudizio dell’autorità di bacino». dice Fogli mentre va incontro alle ultime persone evacuate a bordo di gommoni dei vigili del fuoco. Dal vicino parcheggio di un supermercato decollano a turno un elicottero dei Vigili del fuoco e uno della Polizia, impegnati nelle ricerche di Giuseppe Salvioli, l’uomo caduto da un gommone mentre cercava di salvare alcune persone rifugiatesi su un tetto. La corrente è fortissima, le speranze di trovarlo vivo diminuiscono di minuto in minuto.

Nel centro di Bastiglia l’acqua è alta circa un metro e mezzo. «Io abito in una laterale», racconta Domenica, 43 anni, mentre indica la centralissima via Marconi trasformata in un corso d’acqua navigabile.

«I vigili del fuoco hanno fatto fatica a raggiungerci – continua- , il gommone non riusciva a navigare contro corrente. Io ho insistito, perché mio figlio ha solo due anni e non avevo più niente da dargli da mangiare, non potevamo più rimanere al freddo e al buio. Io vivo qui da quando sono nata e non avevo mai visto niente del genere».

Solo in serata l’acqua rallenta e comincia a ritirarsi. Qualcuno si prepara però a trascorrere una delle nottate più fredde e umide della sua vita. L’acqua, racconta Fogli, è arrivata da est con grande violenza, non tutti hanno fatto in tempo ad andarsene anche se l’allarme è scattato tempestivamente. «Mio marito è cardiopatico, per fortuna è riuscito a portare i farmaci al piano di sopra, insieme al cane e a tre bottiglie d’acqua potabile». Franca Soncini non si dà pace mentre osserva le operazioni di soccorso. La stanza in cui suo marito sta affrontando questa prova di sopravvivenza è al primo piano, raggiungibile attraverso due rampe di scale, la prima delle quali è completamente sommersa dall’acqua. «Quando è arrivato l’allarme, domenica verso l’ora di pranzo, lui ha mandato via me e mio figlio. Non pensavamo che la cosa potesse essere così grave, altrimenti l’avremmo portato via subito. Ora è lì con il cellulare che si sta scaricando, siamo d’accordo che lo userà solo in caso di estrema urgenza».

Franca Soncini se lo ricorda ancora il mese trascorso dormendo in auto nel periodo del terremoto. Ora la situazione sembra riproporsi.

Corrado Lentin non stacca gli occhi dai vigili del fuoco. «Mia madre è ancora in casa. Io quando è arrivata l’onda ero in macchina, la corrente era spaventosa. Il Doblò ha percorso una trentina di metri, a motore ormai spento, per salvarmi ho dovuto uscire». Anche il pensiero di Massimo corre ai genitori, in particolare al padre, che per sopravvivere ha bisogno di una medicina per il cuore e di contatti frequentio col medico per il dosaggio. La precedenza nell’evacuazione è stata data a persone che non si possono muovere. Mentre si accendono le fotoelettriche, per Bastiglia comincia un’altra notte da incubo, ma forse il peggio è passato. Pioggia permettendo

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«La mia terra abbandonata, che l’uomo non cura più» di Andrea CHiesi

Modena è stretta tra due fiumi, la Secchia verso Reggio Emilia e il Panaro verso Bologna. Lo sapevano bene gli antichi abitanti di Mutina, che impararono a controlarne le acque per fare prosperare la città. Alla caduta dell’impero Romano finì anche la manutenzione dei corsi d’acqua e Mutina fu abbandonata a causa delle alluvioni.

Un ricordo preciso, il racconto dei miei genitori: nei giorni in cui nascevo c’era l’alluvione, quella famosa che colpì anche Firenze, mi evoca immagini sfuocate in bianco e nero di campagne allagate, casolari isolati e solidarietà con la gente che soffre. Ma ero rassicurato, dopo avevano costruito le casse d’espansione che controllano i fiumi, quello che avevano patito i genitori sarebbe stato risparmiato ai figli. Ero tranquillo, sotto il mantello protettivo del modello emiliano.

La Secchia la conosco bene. Ho sempre abitato lì vicino, secca d’estate, gonfia durante le piogge, inquinata dagli scarichi delle ceramiche, eppure bella, con gli alberi matti, la terra e i casolari, gli animali e tutto il resto.

Spesso cammino o vado in bici sull’argine e negli anni ho visto la manutenzione diminuire, non si scava l’alveo, non si rinforzano i bastioni, non si rimuovono i tronchi e lo sporco. E questo è male. L’AIPO fa quello che può, mancano i fondi, certo, ma siamo stretti tra due fiumi, lo ricordate.

Ho presente molto bene il punto in cui si è aperta la breccia, è chiamato il Passo dell’Uccellino. In poche ore si è aperta una rotta arginale di circa 30 metri di lunghezza e profonda 8. Sembra incredibile, ma l’acqua è anche questo. Quando è cattiva non risparmia niente. Ora la statale SS12 detta il Canaletto è sommersa e così Albareto, frazione di Modena, e ha invaso altri comuni tra cui Bastiglia e Bomporto, facendoli apparire come se fossero Venezie della Bassa. Già, la Bassa, quella del terremoto, la stessa. L’acqua va in quella direzione, scende verso il Po e arriva alle zone terremotate. Non c’è pace. Che abbiamo fatto? Tutti se lo chiedono.

Perché è colpa nostra, la Natura non c’entra. Piove di più di prima, sarà il cambiamento climatico, dicono anche che è colpa delle nutrie, questi strani animali un po’ topi e un po’ castori che scavano le tane negli argini, ma sono bastati due giorni di pioggia per provocare tutto questo. Non va bene.

Cosa dire ai contadini che hanno i campi allagati, a chi lavora da queste parti e per un’altra volta è in emergenza, o ha perso tutto, a chi vive qui e ora deve avere paura anche di due giorni di pioggia.

Cosa non ha funzionato? Perché le casse d’espansione della Secchia non evitato a monte il disastro. Perché quelle del Panaro da 40 anni aspettano il collaudo? Perché non si fa un’adeguata manutenzione ai fiumi? Perché da decenni si costruisce troppo e male, case e capannoni che rimangono vuoti, ennesimi centri commerciali, opere faraoniche e imbarazzanti, e non ci si prende cura della terra e delle acque?

Perché questa follia? Sotto quei metri d’acqua non ci sono solo case e coltivazioni, c’è il mio sogno di bambino, c’è il sogno degli abitanti di vivere in uno dei posti più belli del mondo, è stata allagata la speranza di chi si fidava e si credeva tranquillo, protetto da un modello che funzionava e tutti ci invidiavano. Se non si controllano le acque la comunità è in costante pericolo.

Lo sapeva molto bene Leonardo da Vinci, che nel suo trattato Delle Acque scriveva: «Infra li inriparabili e dannosi furori certo la inondazione de’ ruinosi fiumi de’ essere preposta a ogni altro orribile e spaventevole movimento…»
E più avanti: «Ma con quali vocavoli potrò io discrivere le nefande e spaventose inondazione, contro alle quale non vale alcuno umano riparo, ma colle gonfiate e superbe onde ruina li alti monti, deripa le fortissime argine, disvelle le radicate piante; e colle rapaci onde intorbida delle cultivate campagne portando con seco le intollerabili fatiche di miseri e stanchi agrecultori, lascia le valli denudate e vili per la lasciata povertà». Basterebbe ascoltare gli antichi.

L’Unità 21.01.14
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Alluvione nel Modenese, Schena: “Disastro annunciato che si poteva evitare” di Silvia Saracini

«UN DISASTRO annunciato che si poteva evitare». Non ha dubbi il sindaco di Soliera Giuseppe Schena sulle cause che hanno provocato la rottura dell’argine del Secchia. Da anni Schena si lamenta, assieme ad altri sindaci tra cui Stefania Zanni di Campogalliano, della scarsa manutenzione del fiume da parte di Aipo, l’Agenzia che ha la responsabilità del Secchia dall’Appennino a valle, cento chilometri di argine.

Quindi sindaco non è colpa delle nutrie..
Senza dubbio gli animali scavano le tane, ma le tane vanno chiuse. E sugli argini non contano gli sfalci, servono interventi di consolidamento»

Interventi che non sono stati fatti?
«Dal 2009 ad oggi gli interventi di manutenzione sono stati ridicoli, sia in termini di chilometri che di tipologia di intervento. Nel punto della falla Aipo aveva fatto un intervento nel 2010 perchè era visibile un abbassamento dell’argine che fu alzato. Ma questi non sono interventi significativi».

Cosa doveva fare l’Agenzia?
«Tre interventi: il dragaggio del letto del fiume, che negli anni si è ridotto; il consolidamento dell’argine anche alla base, non solo in altezza; ampliamento della casse d’espansione a Campogalliano, negli ultimi anni non sono state pulite e si è ridotta la capacità di tenuta».

Tutti interventi che avete sollecitato all’Aipo
«Sì, perchè nè i sindaci nè la Provincia hanno questa competenza, può farlo solo l’Agenzia per il Po. Dal 2009 noi siandaci della ‘stecca’ diciamo che siamo preoccupati per la tenuta degli argini e ci lamentiamo perchè vengono fatti pochi interventi»

E l’Aipo che cosa risponde?
«Dice che le risorse sono poche, che il progetto è impegnativo perchè sono cento chilometri di asta dall’Appennino al bacino del Po».

Quando vi siete incontrati l’ultima volta?
«Un mese fa, eravamo in Provincia. Aipo diceva di voler iniziare a progettare l’intervento nelle casse di espansione»

Quindi, dopo cinque anni di lamentele, si parla ancora di progettazione?
«Esatto. Noi sindaci eravamo pronti a sottoscrivere una convenzione con Aipo per gestire interventi di manutenzione minori. Non possiamo fare consolidamento degli argini, ma qualcosa potevamo farlo».

Cosa vi hanno detto?
«Che non era possibile. In questi anni i sindaci sono sempre passati per quelli che fanno allarmismo».

Avevate ragione. Quello che è successo si poteva evitare?
«Sì. Adesso siamo tutti concentrati a gestire l’emergenza. Ma quando sarà il momento noi sindaci parleremo».

Il Resto del Carlino 21.01.14