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«Non c’è alternanza di genere». Fronte rosa contro l’Italicum, di Andrea Carugati

Alla vigilia del voto in commissione alla Camera sull’Italicum, previsto per stasera, scoppia il caso quote rosa. Già, perché se è vero che la bozza che sarà adottata come testo base prevede un limite del 50% di candidature per ciascuno dei due sessi, ieri un fronte femminile vasto e bipartisan si è fatto sentire per spiegare che si tratta di una parità solo formale e non di sostanza. E che per avere un effettivo equilibrio è necessaria una norma che preveda l’alternanza uomo-donna nelle liste (che sono bloccate e dunque solo chi sta nei primi posti ha possibilità di passare) e la metà dei capilista di sesso femminile. Lo chiedono in una nota congiunta deputate di quasi tutti i partiti, da Roberta Agostini (Pd), a Dorina Bianchi (Ncd), e Elena Centemero (Fi). Sulla stessa linea anche Mara Carfagna e Alessandra Mussolini. «Lavoreremo per modificare il testo attraverso la presentazione di emendamenti. Non si tratta di una questione di quote ma di un avanzamento della nostra democrazia». «Mi piacerebbe che deputati e senatori condividessero questa priorità facendo sentire anche la loro voce», dice Valeria Fedeli, Pd, vicepresidente del Senato. Che ricorda come Renzi all’ultima direzione Pd avesse parlato esplicitamente di «alternanza uomo-donna» nelle liste.
La questione dunque è sul tavolo. E non è la sola. Un altro fronte bipartisan che si sta irrobustendo è quello che dice no alle liste bloccate. E che chiede le preferenze o, in alternativa, una quota di collegi uninominali. Su questa linea c’è la minoranza Pd, che ieri si è riunita e ha deciso di insistere con Renzi per chiedere anche l’innalzamento della soglia per il premio di maggioranza sopra il 35% e un abbassamento della quota d’ingresso dell’8% per i partiti non coalizzati. Sul fronte delle preferenze sono schierati anche Ncd, i popolari di Casini e Sel, mentre Scelta civica punta sui collegi uninominali. E poi ci sono i Cinquestelle che, nonostante l’Aventino ribadito da Grillo, sono pronti a un blitz in commissione (o in Aula) per approvare le preferenze, grazie al voto segreto, con l’obiettivo di far saltare il patto tra Renzi e Berlusconi.
Una mossa insidiosa, che ormai è alla luce del sole. Nelle ultime ore i grillini non hanno fatto mistero delle loro intenzioni, offrendo un prezioso assist alla minoranza Pd. Che intende tirare dritto: «Come Renzi è riuscito a convincere Berlusconi sul doppio turno, noi pensiamo che se ci convinciamo tutti insieme arriveremo al risultato che ci chiedono gli elettori delle primarie», spiega il bersaniano Alfredo D’Attorre. La replica dei renziani è secca: «Nessuna modifica senza l’ok degli altri contraenti». Oggi i membri Pd della commissione Affari costituzionali si riuniranno per fare il punto. L’obiettivo della minoranza è quella di riunire tutto il Pd nella battaglia, senza fughe in avanti con emendamenti «di corrente» che sono malvisti dall’ala dei Giovani turchi. Una ipotesi di mediazione potrebbe essere prevedere il 50% di collegi uninominali, come nel sistema tedesco. «Il gruppo Pd è unito», dice il capogruppo in commissione Emanuele Fiano. «Saremo tutti responsabili».
Anche gli alfaniani affilano le armi, sulle preferenze ma anche sulle soglie di sbarramento. «Servono correzioni, vogliamo superare il Parlamento dei nominati», dice il ministro Quagliariello. Insomma, si prevede una pioggia di emendamenti: il termine per la presentazione è lunedì, il 29 l’arrivo in Aula (l’obiettivo è chiudere il 31). Al Pd sarà affidato il compito di dirigere il traffico, cercando le possibili convergenze sulle modifiche da approvare.
Sul tavolo anche la delicata questione delle nuove circoscrizioni, che passano a circa 120 dalle 27 attuali. La bozza dell’Italicum prevede che il ridisegno spetti al Parlamento, ma ci sono vari problemi. Da un lato per via del rischio di una defatigante discussione sui confini delle circoscrizioni, che potrebbe allungare i tempi di approvazione della legge. Dall’altro perché Forza Italia non vorrebbe delegare il delicato al dossier al Viminale, dove siede Alfano. L’ipotesi di mediazione è che se ne occupi l’Interno, con un successivo parere del Parlamento.
Sul fronte delle soglie di sbarramento, cresce l’ipotesi di uno sconto per i piccoli in coalizione che non superassero il 5%: una mossa che potrebbe favorire sia la Lega (ieri Verdini ha visto Bossi) che Sel.

L’Unità 24.01.14

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“Italicum”: così non si cambia davvero. Soprattutto per le donne, di Valeria Fedeli

Il testo base di legge elettorale presentato nella serata di ieri, da cui partirà il confronto parlamentare, è del tutto deludente per quel che riguarda l’equità della rappresentanza di genere.

La questione è molto semplice: la bozza si limita a sancire una parità di presenza femminile e maschile nelle liste, ma non incide su una effettiva parità di elette ed eletti. Così non si cambia davvero, si rischia anzi una sterile e improduttiva operazione di facciata, che non serve al paese.

Nel testo, infatti, non c’è quell’avanzamento necessario per riaffermare e rendere vivo il principio antidiscriminatorio previsto dagli art.3 e 51 della Costituzione, che sanciscono la pari dignità sociale dei cittadini e condizioni di eguaglianza nell’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive.

Certo la novità che l’articolato del cosiddetto “Italicum” introduce all’art.1, comma 9, ovvero l’inammissibilità delle liste che violano il principio di pari opportunità, con l’obbligo di garantire una rappresentanza 50% e 50%, è un passo importante. Ma la anomala indicazione di un’alternanza di genere da garantire due a due nega poi nella sostanza quello stesso principio.

Dire che nelle liste non possono esserci più di due candidati di fila dello stesso sesso significa annullare ogni possibile effetto positivo della nuova legge in termini di equità di rappresentanza, e accettare che in futuro il Parlamento possa continuare a funzionare con una discriminazione di genere.Non è quello che chiedono le donne, ma soprattutto non è quello che serve al paese e ad un processo di cambiamento che vogliamo netto e reale.

Per rendere realmente efficace il principio di pari opportunità nella rappresentanza elettiva è necessario introdurre un vincolo all’alternanza di genere uno a uno nelle liste e la medesima alternanza nei capilista. Solo così riusciremo a garantire una effettiva parità, evitando che giochi di posizionamento nelle liste – legati alla stima di quanti parlamentari possano effettivamente essere eletti in ogni collegio plurinominale – possano rispettare una formale parità ma poi essere usati per privilegiare un genere rispetto all’altro.

Quello che serve all’Italia è invece una vera parità, non per bilanciare qualche statistica, ma per permettere al paese di costruire le prospettive future potendo contare sul pieno contributo di tutte e tutti, nell’ottica di una reale democrazia paritaria.Occorre allora lavorare per modificare il testo, introducendo la semplice alternanza una donna – un uomo e la parità 50-50 rispetto ai capilista. Così davvero introdurremo una novità storica e contribuiremo a rispettare la Costituzione e rendere più giusto e più efficace il funzionamento del Parlamento.

Per ottenere questa modifica occorre un impegno forte e trasversale, con un’alleanza larga che parta – come già sta accadendo in queste ore – dalle donne di tutti i gruppi parlamentari. Un’alleanza che sappia però superare i tradizionali limiti delle questioni considerate femminili e diventi, per tutte le donne e per tutti gli uomini, una priorità forte quanto le altre su cui è stato trovato l’accordo sul testo.

Europa Quotidiano 24.01.14