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Italiano per stranieri, la lotta degli «insegnanti invisibili», di Giuseppe Vespo

Sono molti, sono qualificati e alcuni lavorano pure per le Università, gli istituti di cultura o le multinazionali con sede in Italia. Ma sono invisibili. Almeno agli occhi del ministero dell’Istruzione. Eppure gli insegnanti di italiano per stranieri L2/Ls (si chiamano così: L2 sta per seconda lingua, Ls per lingua straniera) esistono da tanti anni e sono arrivati ormai anche al cinema con «La mia classe», un film di Daniele Gaglianone con Valerio Mastandrea nei panni di chi insegna la lingua per migliorare l’integrazione. Per farsi vedere, contarsi e chiedere di essere riconosciuti professionalmente, si stanno riunendo in gruppi e associazioni. E hanno lanciato una petizione che in poco tempo ha raccolto quasi seimila firme. Chiedono il «riconoscimento ufficiale della professione di insegnante di italiano L2/LS da parte del Miur» e «una certificazione univoca che attesti tutte le nostre qualifiche». Che sono numerose. Le certificazioni si chiamano Ditals, Cedils, Dils-pg, ma esistono anche corsi post laurea e master. «È una professione nata quasi spontaneamente, alcuni tra i primi non erano nemmeno laureati», racconta Carlo Guastalla, insegnante e autore di manuali didattici. «Una delle prime scuole a breve compirà quarant’anni. Il boom però c’è stato quando le università per stranieri di Perugia e Siena hanno lanciato i primi corsi per insegnare ad insegnare la lingua. Oggi l’offerta formativa è enorme, manca il riconoscimento da parte della scuola pubblica». Eppure quando tra il 2006 e il 2008 il ministro dell’Istruzione del governo Prodi era Fabio Mussi, il riconoscimento degli insegnanti L2/Ls sembrava all’ordine del giorno. Tanto che, per arrivare prima delle altre l’Università Ca’ Foscari di Venezia aveva organizzato una Ssis specifica (Ssis erano le scuole per la formazione degli insegnanti). Vi parteciparono per due anni sessanta laureati da tutta Italia, pagando rette e studi, ma alla vigilia dell’esame si videro sbattere le porte in faccia. Il governo era cambiato e l’istituzione della classe di insegnamento, che con Mussi sembrava imminente, con il ministro Gelmini non arrivò. Così, grazie anche al pasticciaccio della Ca’ Foscari vagano sessanta insegnanti quasi abilitati per una classe di concorso che non esiste. Nel frattempo, visto che di loro ci sarebbe bisogno, si sente dire che i Comuni affidino a professori in pensione e volontari i corsi di alfabetizzazione di cui necessitano bambini e cittadini stranieri. È accaduto a Brescia e a Bologna. Lodevoli iniziative di volontariato, agli occhi di chi non ha competenze di insegnamento agli stranieri. Errori da matita blu, per gli insegnanti di italiano L2/Ls. «Innanzitutto si fa un danno di tipo economico, perché si fa lavorare chi è in pensione al posto di chi è precario e qualificato», dice Andrea Meccia, che fa parte del gruppo nato insieme al blog http://riconoscimentoitalianol2ls.wordpress.com/. «Ma si fa un danno anche agli studenti, perché sono seguiti da insegnanti senza alcuna competenza». Tecniche, esperienza e un corretto «approccio comunicativo», ovvero «la capacità di comunicare in lingua italiana a una pluralità di persone che non condivide la una lingua comune».

L’Unità 25.01.14