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"La Legge 40 davanti alla Consulta", di Nicola Luci

E siamo a diciannove. La legge 40 non ha vita facile. Specie sulle norme che disciplinano la fecondazione assistita. Dal 2004 a oggi è stata oggetto di diverse sentenze e pronunciamenti: diciannove in tutto, appunto.
Ieri, l’ultima. Il giudice Filomena Albano del Tribunale di Roma ha sollevato dubbio di legittimità costituzionale sul divieto all’accesso alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita per le coppie fertili. La vicenda riguarda una coppia (fertile) portatrice di distrofia muscolare di Beckerche, che si è rivolta ad una struttura pubblica autorizzata ad eseguire tecniche di fecondazione assistita ma ha ricevuto il diniego all’accesso perché la legge 40 prevede il via libera solo alle coppie infertili.
Per i legali «la decisione del Tribunale di Roma evidenzia il contrasto della legge 40 con la Carta Costituzionale, che garantisce a tutti i cittadini garanzie e tutele quali il diritto alla salute, all’autodeterminazione, al principio di uguaglianza che sono irrimediabilmente lesi dalla legge 40». Il diritto della coppia ad «avere un figlio sano» e il diritto di autodeterminazione nelle scelte procreative sono «inviolabili» e «costituzionalmente tutelati» scrive la prima sezione civile del tribunale di Roma. «Il diritto alla procreazione sarebbe irrimediabilmente leso dalla limitazione del ricorso alle tecniche di procreazione assistita da parte di coppie che, pur non sterili o infertili, rischiano però concretamente di procreare figli affetti da gravi malattie, a causa di patologie geneticamente trasmissibili, di cui sono portatori si legge nell’ordinanza Il limite rappresenta un’ingerenza indebita nella vita di coppia».
È per tutto questo che, secondo il giudice Filomena Albano che ha firmato l’ordinanza limitare il ricorso alla procreazione assistita ai soli casi di infertilità appare in contrasto con l’articolo 2 della Costituzione, che tutela i diritti inviolabili. Il possibile conflitto della legge 40 è anche con il principio costituzionale di uguaglianza, vista la «discriminazione» delle coppie fertili portatrici di malattia geneticamente trasmissibile, rispetto a quelle sterili. E c’è anche un problema di lesione del principio della «ragionevolezza», nel senso di «coerenza» del nostro ordinamento, visto che la legge 194 permette, nel caso in cui il feto risulti affetto da gravi patologie, l’aborto terapeutico, che «ha conseguenze ben più gravi per la salute fisica e psichica della donna rispetto alla selezione dell’embrione successiva alla diagnosi preimpianto». Ipotizzabile anche il contrasto con l’articolo 32 della Costituzione, «sotto il profilo della tutela della salute della donna, costretta per realizzare il suo desiderio di mettere al mondo un figlio, non affetto da patologia, a una gravidanza naturale e a un eventuale aborto terapeutico, con conseguente aumento dei rischi per la sua salute fisica».
Infine per Tribunale di Roma la questione di costituzionalità si può porre anche in relazione al contrasto tra la legge e gli articoli 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) e 14 (divieto di discriminazione) della Carta europea dei diritti dell’uomo. Tra l’altro proprio su questo punto la Ue ci aveva già sanzionato.
L’accesso per le coppie fertili alla procreazione assistita e alla diagnosi preimpianto, anche se portatrici di malattie trasmissibili geneticamente, è «l’ultimo divieto, che arriva ora all’esame della Consulta, ancora contenuto nella legge 40 sulla procreazione assistita» dice Filomena Gallo, legale, insieme ad Angelo Calandrini, della coppia che ha promosso il ricorso al tribunale di Roma. Se la decisione della Consulta «dovesse essere favorevole rileva Gallo la legge 40 sarà stata definitivamente cancellata». «È la prima volta che la legge 40 rileva Gallo, segretario dell’Associazione Luca Coscioni finisce davanti alla Corte Costituzionale affinché sia cancellato il divieto di accesso alle coppie fertili». Ora, commenta, «confidiamo nei giudici della Corte, visto che il Parlamento è incapace di legiferare nel rispetto dei diritti di tutti i cittadini».
Quanto ai tempi, «speriamo che i tempi tecnici ci facciano rientrare nell’udienza dell’8 aprile». In passato, spiega Gallo, «avevamo avuto già due decisioni sul divieto all’accesso alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita per le coppie fertili: quella del tribunale di Salerno del 9 gennaio 2010 e quella della Corte Europea dei diritti dell’uomo del 28 agosto 2012 che ha condannato l’Italia».

L’Unità 28.01.14