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"Sempre più poveri uno su sei vive con meno di 640 euro", di Elena Polidori

L’indagine biennale della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane nel 2012 contiene almeno tre notizie preoccupanti. La prima dice che i ricchi sono sempre più ricchi e che il 10% possiede il 46,6% del patrimonio totale. La seconda notizia è un allarme povert à: la metà delle famiglie vive con circa 2.000 euro al mese. La terza: c’è un «sorpasso» del reddito degli anziani su quello dei giovani, sceso negli ultimi vent’anni di 15 punti.
L’indagine, che è parte di un più ampio progetto Ue, è svolta su un campione di 8 mila famiglie, cioè circa 22 mila individui, intervistati durante i primi sei mesi del 2013, quando la congiuntura era davvero brutta. I suoi autori precisano quindi che risente del «clima» che si respirava in quel periodo. E tuttavia, i dati di fondo confermano che la crisi picchia e ha picchiato duro. In sintesi: tra il 2010 e il 2012 il reddito familiare medio in termini nominali è diminuito del 7,3%, mentre la ricchezza media del 6,9%. La «soglia di povertà» è calcolata in 7.678 euro annui, cioè meno di 640 al mese, in calo rispetto agli 8.260 nel 2010: una condizione che riguarda il 16% dei nuclei familiari, il 2% in più di due anni fa. La quota di individui realmente poveri è pari al 14,1% del totale, con punte del 24,7% nel sud e del 30% tra gli stranieri. La «povertà è reale » e creare lavoro per i giovani viene prima del dibattito pur necessario sulla riforma dello Stato, ammonisce il Cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei. «Aumentano le disuguaglianze», nella lettura del vicedirettore della Banca d’Italia, Fabio Panetta.
Ci sono tanti numeri, in questa ricerca e tanti grafici. Ma anche dei giudizi espressi dagli intervistati sul diffondersi di difficoltà e problemi. Così, il 35,8% delle famiglie ritiene che le proprie entrate non bastino ad arrivare alla fine del mese. Il dato, in crescita rispetto al 29,9% di due anni fa e al 24,3% del 2004, si accompagna al calo di quelle famiglie che giudicano le proprie entrate sufficienti a coprire le spese (dal 39% del 2010 e al 32,3 del 2012).
Tra gli indicatori ce n’è uno
denominato «reddito equivalente », una misura pro-capite che tiene conto della dimensione e della struttura demografica della famiglia. Ebbene tra il 2010 e il 2012 il reddito equivalente si è ridotto per tutte le classi di età, tranne per coloro con più di 64 anni. Tra il 1991 e il 2012 la posizione relativa (in termini di reddito equivalente) migliora per le classi di et à più elevate, cala per i giovani. E ancora, sempre tra i numeri: per la prima volta in trent’anni diminuisce la quota delle famiglie con una abitazione di proprietà (meno 1,2%). E’ un segnale, niente di pi ù, ma appunto va in controtendenza. Detto questo, l’abitazione di residenza risulta di proprietà per
il 67,2% delle famiglie: una percentuale più alta rispetto a Germania e Francia ma inferiore alla Spagna.
Più nel dettaglio: il reddito familiare si compone per il 40% di reddito da lavoro dipendente, per poco più di un quarto di reddito da trasferimenti (pensione, cassa integrazione), per l’11% da lavoro autonomo e per il restante 22% di reddito da capitale (affitti, rendite finanziarie). O anche: malgrado la crisi, le famiglie continuano ad essere poco indebitate. Nel 2012, infatti, solo il 26,1% aveva un debito (era al 27,7% nel 2010). L’ammontare medio però sale a 52 mila euro (da 43 mila). Il 12,3% delle famiglie si è indebitata per acquistare una casa o per la sua ristrutturazione (11,4% nel 2010) per una media di 75mila euro.
Commentando i dati il ministro Saccomanni invita a «vedere positivo». «L’uscita dalla crisi vuol dire che c’è ripresa dell’attività economica e che si esce dalla recessione: l’economia ha cominciato a crescere nel quarto trimestre
e crescerà quest’anno».

La Repubblica 28.01.14