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"ANVUR: ecco i «criteri che porteranno a una diminuzione molto netta» dei dottorati di ricerca", da www.roars.it

l 17 gennaio scorso, l’ANVUR ha pubblicato la versione preliminare dei criteri per l’accreditamento dei dottorati di ricerca. Fino al 10 febbraio gli atenei potranno inviare osservazioni, commenti e suggerimenti che l’ANVUR “esaminerà con attenzione” prima di elaborare la versione definitiva che sarà pubblicata entro il 15 febbraio 2014.

In questo articolo, spieghiamo e analizziamo alcuni dei criteri, indicatori e soglie adottati per l’accreditamento, evidenziando le forti criticità che essi comportano e proponendo alcuni correttivi.

1. Criteri. indicatori e soglie

Fra le attività intraprese da Anvur in questi anni c’è anche quella dell’accreditamento dei dottorati di ricerca, con l’ottica ben espressa da Sergio Benedetto nell’articolo su Repubblica, di una drastica riduzione del numero dei corsi. I corsi di dottorato in Italia erano 1.531 per il 28°. Ciclo e sono poco più di 900 per il 29°. ANVUR ha partecipato a diversi incontri nelle Università italiane per presentare la procedura di accreditamento dei dottorati (criteri, indicatori e soglie).

Il 17 gennaio, con un paio di settimane di ritardo sulla tabella di marcia è stato pubblicato il documento approvato dal Consiglio direttivo dell’Anvur il 18 dicembre 2013, “L’accreditamento dei corsi di dottorato”.

Obiettivi (condivisibili) dell’accreditamento sono quelli di garantire ai dottorandi un ambiente di ricerca aperto al confronto e alla collaborazione internazionale, strutture di ricerca adeguate, fondi per la permanenza in strutture di eccellenza all’estero e la mobilità per la partecipazione a conferenze e convegni, un collegio docenti in grado di garantire una guida di eccellenza agli studenti. Tutto ciò con una serie di caveat:

Non rientra tra gli obiettivi dell’accreditamento la riduzione “per sé” del numero dei corsi, a condizione che siano verificate le condizioni precedenti

Non è detto che gli atenei debbano offrire corsi di dottorato in tutte le aree collegate a corsi di primo e secondo livello

Gli studenti che aspirano a frequentare un corso di dottorato dovranno prevedere la mobilità, scegliendo gli atenei con le migliori caratteristiche nel settore prescelto

Per consentire scelte informate, l’ANVUR studierà modalità di pubblicizzazione degli indicatori principali di accreditamento dei corsi di dottorato nelle diverse aree disciplinari [un altro ranking? Ndr]

(La Scheda Unica Annuale della Ricerca Dipartimentale (SUA-RD) e l’accreditamento e la valutazione dei dottorati, Venezia 17 dicembre 2013)

Con queste premesse risulta dunque chiaro che la definizione degli indicatori che verranno pubblicizzati da ANVUR (e non solamente il soddisfacimento o meno dei requisiti) saranno cruciali per la sopravvivenza di alcuni corsi di dottorato. E quindi l’analisi degli indicatori, soprattutto in una fase in cui ancora sono possibili modifiche e commenti, appare molto urgente e opportuna.

Secondo il DM 45 (8/2/2013) le istituzioni chiedono l’accreditamento al Ministero fornendo tutte le informazioni previste, il MIUR trasmette la richiesta all’Anvur entro 20 giorni dalla ricezione, ANVUR entro 60 giorni formula un parere in merito all’accreditamento e il MIUR lo trasmette agli atenei. Il dottorato accreditato sarà sottoposto ad una verifica periodica della sussistenza dei requisiti e ad una valutazione annuale ai fini della ripartizione annuale dei finanziamenti ministeriali.

Per l’anno 2013/2014, essendo entrato in vigore il DM a maggio 2013 ANVUR ha indicato quanto segue nelle sue linee guida per l’avvio dei corsi di dottorato del 29° ciclo:

In particolare, si ritiene che i corsi che saranno attivati nell’a.a. 2013/14 (XXIX ciclo) possano essere valutati dai Nuclei di valutazione degli atenei. Il parere positivo dei Nuclei con riferimento al rispetto dei criteri di cui all’articolo 4 del DM 45 rappresenterebbe condizione necessaria e sufficiente per l’attivazione dei corsi di dottorato, anche se gli stessi non potranno definirsi “accreditati” ai sensi del DM 45/13. A tal fine si propone che i Nuclei si attengano alle linee guida indicate di seguito.

I dati dei dottorati di ricerca (oltre 900) sono stati trasmessi al MIUR dai nuclei e per la definizione degli indicatori da utilizzare per l’accreditamento Anvur ha selezionato un campione di almeno un dottorato per ogni Ateneo (in alcuni casi anche due), creando un campione di 100 dottorati che rappresenta tutte le tipologie di dottorato esistenti: trasformato, industriale, plurisede, con molti curricula.

I criteri per l’accreditamento sono contenuti nell’art. 4 del DM 45 e poi esposti in maniera esplicita nel punto 3 del documento “Accreditamento dei corsi di dottorato” approvato dal Consiglio Direttivo dell’ANVUR il 18 dicembre 2013. Ne riportiamo qui una breve sintesi rimandando per il dettaglio al documento ANVUR e ai riferimenti al DM.

2. Alcune note su criteri e indicatori

Criterio A1

5.1.2 L’indicatore
Per la verifica dei requisiti di cui al comma a) della sezione 5.1.1 si propone di utilizzare gli indicatori R e X della VQR, calcolati escludendo i soggetti valutati totalmente o parzialmente inattivi, nei SSD indicati nella scheda di proposta del dottorato. Nel caso di dottorati composti da più SSD si utilizzeranno gli indicatori relativi al SSD di riferimento, se questo conta per almeno il 50% del dottorato, altrimenti si verificherà la condizione in tutti i SSD fino a coprire il 50% del dottorato.
Per la verifica dei requisiti di cui al comma b) della sezione 5.1.1 verrà valutata la produzione scientifica negli ultimi 5 anni dei componenti del collegio afferenti all’istituzione estera, oltre alla posizione dell’istituzione stessa nei principali ranking internazionali e nazionali, ove esistenti, e, se possibile, nelle discipline interessate dal corso di dottorato.
Per la verifica dei requisiti di cui al comma c) della sezione 5.1.1 si valuterà la presenza di una attività di ricerca e sviluppo da parte dell’impresa, documentata dalla partecipazione a progetti di ricerca nazionali e internazionali e dall’eventuale presenza di una sezione aziendale (quale ad esempio un centro di ricerca) specificamente dedita a tali attività.

5.1.3 La soglia
Nel caso dei requisiti di cui al comma a) della sezione 5.1.1, si propone che il criterio sia considerato superato positivamente se entrambi gli indicatori (R e X) del soggetto proponente sono superiori a 0,8 nel SSD di riferimento o in tutti quelli da considerare secondo quanto indicato nella sezione 5.1.2. Il criterio non si considera superato se nel SSD di riferimento o in tutti quelli da considerare secondo quanto indicato nella sezione 5.1.2 entrambi gli indicatori sono inferiori o uguali a 0,8. Negli altri casi la decisione sull’accreditamento sarà preceduta da un attento esame del valore degli indicatori in tutti i SSD.

Quali sono i punti critici? Vediamone alcuni.

Come si assegnano le percentuali agli SSD? Nella scelta degli SSD di riferimento (che devono sommare a più del 50%) si è liberi di scegliere un qualsiasi sottoinsieme la cui somma supera il 50% o devo dare la precedenza a quelli con percentuali maggiori?
Nel caso di dottorati in consorzio o convenzione, come viene verificato il criterio? Una volta individuati i SSD di riferimento, la soglia deve essere soddisfatta da tutti i soggetti partecipanti o solo dal proponente o da uno a scelta dei proponenti? Oppure, si deve costruire un “soggetto virtuale” mettendo insieme le risorse umane dei soggetti partecipanti ed effettuare i calcoli su questo soggetto?
Istituzioni estere: la posizione dell’università nei rankings internazionali è un criterio discutibile (quali rankings, con quale scientificità?). Piuttosto, se esiste un accreditamento dei dottorati in quella nazione, basterebbe vedere se l’istituzione estera è abilitata a rilasciare titoli di PhD. Solo come soluzione di ripiego, facilmente verificabile, si potrebbe controllare se l’istituzione estera compare in una lista predefinita di rankings internazionali. Al mondo ci sono tra le 10.000 e 20.000 università a seconda dei criteri di classificazione. Chi rientra nelle “top 500″ di un qualche ranking internazionale (sebbene i criteri siano tutt’altro che scientifici) dovrebbe in teoria collocarsi nel top 2,5-5% mondiale.
Usare indicatori di SSD rende impossibile sapere in anticipo gli scores per tutti gli SSD poco numerosi in un dato ateneo. È una circostanza comune soprattutto nelle aree umanistiche, ma non solo.
È impossibile conoscere in anticipo il valore preciso degli indicatori, anche perché vanno tutti ricalcolati senza contare inattivi e parzialmente inattivi di cui mancano i dati disaggregati. In particolare, è assurdo tenere nel conteggio i parzialmente attivi (1 prodotto VQR mancante su 3) e graziare invece i soggetti a cui mancano 2 o addirittura 3 prodottti (inattivi e parzialmente inattivi). Meglio un criterio (blando) basato su indicatori di area. Blando perché i voti VQR sono inattendibili nonostante la normalizzazione per SSD (come mostrato nel recente articolo “VQR da buttare? Persino ANVUR cestina i voti usati per l’assegnazione FFO 2013“) e perché viene comunque valutato anche il collegio dei docenti.
Criterio A2

5.2.1 Il riferimento normativo
Le tematiche del corso di dottorato si riferiscono ad ambiti disciplinari ampi, organici e chiaramente definiti. Le titolature e gli eventuali curricula dei corsi di dottorato sono proposti dai soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, e valutati dall’ANVUR in sede di accreditamento dei corsi.
5.2.2 La verifica del requisito
L’ANVUR ritiene che tale definizione sia coerente con un ambito scientifico (e relativa titolatura) del corso di dottorato caratterizzati da tematiche e metodologie di ricerca affini, tipicamente contenute per ampiezza non oltre un singolo macrosettore concorsuale.
La presenza di un numero elevato (tipicamente superiore a 3) di curricula deve essere inoltre accompagnata da una composizione di collegio che garantisca una sufficiente massa critica per ognuno dei curricula.
I corsi di dottorato che si rifanno ad ambiti di ricerca tematici che rispondono a problemi complessi, caratterizzati da una forte multidisciplinarietà, dovranno trovare un’evidenza nella produzione scientifica dei membri del collegio, tale da garantire la presenza di tutte le competenze necessarie e da mostrare una collaborazione in atto.

Per il criterio A2, le principali criticità riguardano l’interpretazione da dare al testo

A cosa si riferisce il limite di ampiezza che non dovrebbe eccedere “un singolo macrosettore concorsuale”? Se si riferisse al corso di dottorato, molti dei dottorati esistenti sarebbero destinati a scindersi in dottorati maggiormente focalizzati. Allo stesso tempo, per molti atenei i macrosettori non raggiungono la massa critica necessaria, per esempio in termini di docenti, per varare un dottorato. Una seconda lettura induce a pensare che ad essere “tipicamente contenute” in un singolo macrosettore siano ciascuna delle tematiche di ricerca affini (da intendersi come sinonimi di “curricula“?)
Come va interpretata la “sufficiente massa critica” in relazione ai curricula? Più di un docente per curriculum? Ne bastano due?
La multidisciplinarietà è contemplata, ma guardata con sospetto: non basta che ci siano le competenze multidisciplinari ma bisogna essere in presenza di una “collaborazione in atto”. Sembra di intuire il timore che l’istituzione di dottorati multidisciplinari funga da espediente per scampare alla “diminuzione molto netta” del numero di dottorati. Meglio scoraggiare la multidisciplinarietà che correre il rischio che qualche dottorato sfugga alla retata.
Criterio A3

Il criterio A3 disciplina la tipologia e il numero di componenti del collegio per le varie tipologie di dottorato. In particolare, specifica, nel caso di docenti e ricercatori universitari, l’appartenenza “ai macrosettori coerenti con gli obiettivi formativi del corso”.
La verifica dei requisiti numerici previsti per le varie tipologie di dottorato è fatta in automatico, ove possibile, sulla base del modulo di proposta del corso di dottorato. Per i componenti del collegio di cui sia impossibile accertare in automatico la tipologia varrà l’autocertificazione del soggetto proponente.
La verifica dell’appartenenza dei componenti del collegio ai macrosettori coerenti con l’obiettivo formativo del corso è fatta sulla base del grado di copertura dei SSD del corso da parte dei componenti del collegio. Il collegio deve garantire in linea di massima un grado di copertura pari ad almeno l’80% dei SSD.

Anche in questo caso, è necessaria un’accurata interpretazione.

Una ragionevole interpretazione richiede che, un volta dichiarati gli SSD del corso, almeno l’80% di essi sia rappresentato nel collegio. Per fare un esempio, se gli SSD del corso sono cinque sarà necessario che i membri ne rappresentino almeno quattro.
Criterio A4

5.4.2 Gli indicatori […]
Per verificare che sia soddisfatto il criterio A4, sulla base della sperimentazione effettuata sui dottorati all’uopo prescelti, si sottopone alla comunità scientifica la proposta di utilizzare i seguenti indicatori:

Gli indicatori R e X della VQR calcolati sul collegio nella sua composizione completa; per la normalizzazione degli indicatori si utilizza il valore medio degli indicatori calcolato sul SSD a livello nazionale. Si sottolinea che, come nel caso dei Dipartimenti e degli Atenei, l’uso dei risultati della VQR sarà limitato alla valutazione dell’aggregato (collegio dei docenti) e mai dei singoli componenti, i cui valori convergeranno appunto nella valutazione dell’insieme.
Un indicatore discreto, denominato I, ottenuto mediando sui componenti del collegio il seguente indicatore A in grado di tener conto della produzione scientifica complessiva dal 2003 al 2012:
A = 0, 0,4, 0,8, 1,2 se il relativo componente del collegio, professore ordinario, associato e ricercatore, supera 0, 1, 2 o 3 mediane, calcolate nella categoria di appartenenza del componente del collegio, degli indicatori di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2 dell’allegato A, e alle lettere a) e b) del comma 3 dell’Allegato B del Decreto Ministeriale n. 76 del 7 giugno 2012

L’indicatore I dell’attività scientifica del coordinatore del corso
Un indicatore quantitativo di attività scientifica negli ultimi 5 anni (2009-2013).
Nel caso in cui gli indicatori VQR e l’indicatore I non possano essere calcolati per una parte dei membri del collegio, si verificherà il grado di copertura degli indicatori. Se esso è inferiore al 50%, la verifica si esegue principalmente esaminando la qualità della produzione scientifica negli ultimi 5 anni.

5.4.3 Le soglie
Gli indicatori VQR del collegio effettivo devono essere entrambi maggiori di 1, e la loro somma deve essere maggiore di 2,2 (condizione 1).
L’indicatore I deve essere maggiore di 0,6 (condizione 2).
Il coordinatore del collegio dovrà avere un valore di I non inferiore a 0,8 (condizione 3).
Il quarto indicatore richiede che tutti i componenti del collegio effettivo abbiano almeno due pubblicazioni scientifiche nelle categorie previste dalla VQR e coerenti con uno dei SSD di riferimento del collegio negli ultimi 5 anni (condizione 4).
Si propone che il corso di dottorato non venga accreditato quando almeno tre delle condizioni precedenti non sono verificate. Nel caso in cui una o due delle condizioni precedenti non siano verificate, si propone di esaminare nel dettaglio la proposta in tutti i suoi aspetti, eventualmente chiedendo ulteriori informazioni all’ateneo proponente. In particolare, si propone di valutare in maniera approfondita la produzione scientifica nel quinquennio dei componenti del collegio.

La valutazione bibliometrica dei componenti del collegio solleva questioni delicate.

In barba a tutte le dichiarazioni, anche da parte di ANVUR, sull’inviolabilità dei dati VQR individuali, i coordinatori vengono spinti a tentare di violare la privacy, essendo questo l’unico modo per stimare in anticipo il superamento delle soglie.
Un problema non secondario è il calcolo degli indicatori per i settori non bibliometrici. Chi non si è candidato per l’Abilitazione scientifica nazionale non ha esperienza in proposito. Anche chi è stato commissario, dovrebbe rifare i calcoli perché qui stiamo parlando delle mediane per i candidati che sono diverse da quelle per i commissari. Una guida passo-passo per svolgere tutti i calcoli necessari è contenuta nel seguente articolo: Abilitazioni e mediane ANVUR: dipaniamo il “caos strisciante”.
Il meccanismo di normalizzazione per settore è stato già stroncato dal gruppo di lavoro della CRUI incaricato di studiare gli indicatori:
Quindi nei SSD con valori medi più elevati e larghezze minori: escursione di R strutturalmente minore rispetto ai SSD con valori medi bassi e larghezze maggiori.

In effetti il peso assegnato a SSD con voti medi nazionali bassi può risultare eccessivo. Se un membro del collegio ha un voto pari a 0,8 in un SSD la cui media nazionale è 0,1, il membro finisce per contare 8 punti e tiene in piedi il collegio da solo.

Stiamo facendo valutazioni individuali per le quali c’è consenso universale (vedi qui e qui) sull’inutilizzabilità di criteri bibliometrici automatici. Non esistono bacchette magiche per valutare la qualità scientifica dei singoli con formule automatiche (I “dieci comandamenti” della bibliometria individuale).
La VQR contemplava e rendeva possibili “prestiti”, ovvero la cessione dei propri prodotti (talvolta proprio i migliori) per massimizzare il punteggio dei propri coautori, il tutto finalizzato ad una migliore valutazione della strutture e/o del dipartimento. Non essendo pensabile di procedere ad una nuova girandola di “prestiti”, è presumibile che ciascun membro del collegio sarà valutato sulla base dei tre prodotti da lui presentati alla VQR. Alcuni dottorati chiuderanno perché qualcuno dei membri del collegio era stato troppo generoso confidando che l’ANVUR non avrebbe violato i patti? Su che basi sarà possibile svolgere la VQR se ogni valutato sospetterà che non tenersi stretti i 3 lavori migliori lo danneggerà in futuro?
Meglio sarebbe limitarsi a verificare che i membri siano scientificamente attivi (3 prodotti VQR su 3 richiesti + ulteriore condizione di produttività su ultimi 5 anni).
Sarebbero più solidi dati come il numero totale di monografie e/o articoli prodotte dal collegio negli ultimi 5 anni (aree non bibliometriche) e un numero minimo di articoli internazionali (aree bibliometriche). Meglio soglie blande e differenziate per aree (per es. i matematici scrivono meno dei biologi).
A fronte dell’obiezione che criteri più blandi renderebbero accreditabili una frazione di corsi di dottorato non sufficientemente qualificati, si possono opporre i costi e la farraginosità imposti all’intero sistema universitario. Una realtà per sua natura votata alla flessibilità e all’innovazione, come il dottorato di ricerca, deve essere messa nelle condizioni di operare, affidando buona parte del compito di controllo alla valutazione ex-post, per esempio sulla produzione scientifica e gli sbocchi professionali di chi ha conseguito il dottorato.
Criterio A9

5.9.1 Gli indicatori […]

Il numero medio di pubblicazioni per dottorando e poi neodottore nel sessennio. Particolare attenzione verrà prestata:
Alle pubblicazioni a congressi internazionali con peer review;
alle pubblicazioni su riviste ISI e Scopus nel caso delle aree bibliometriche;
alle pubblicazioni su riviste di fascia A e alle monografie nel caso nelle aree non bibliometriche.
5.9.2 Le Soglie
La valutazione della qualità e impatto delle pubblicazioni (indicatori secondo e terzo) si utilizza ai soli fini della valutazione del corso di dottorato. Ai fini dell’accreditamento, si propone che il numero medio di pubblicazioni come qualificate in 5.9.1 per dottorando (e poi neodottore) del corso sia maggiore o uguale a 1 nel sessennio. In attesa della messa in opera dell’anagrafe nazionale dei dottorati prevista dal DM, tale requisito quantitativo costituirà una informazione utile ai fini dell’accreditamento, ma non verrà utilizzata come soglia di sbarramento.

La creazione di una anagrafe nazionale dei dottorati per quanto riguarda le pubblicazioni scientifiche appare infine una inutile (e persino dannosa) duplicazione di Anpreps, in quanto i dottori di ricerca sono personale potenzialmente molto mobile, e il rischio di attribuzione di una stessa pubblicazione sia all’università sede del dottorato che all’università in cui si è, successivamente incardinati, può portare a duplicazioni difficilmente riscontrabili. Meglio sarebbe includere fin da subito tutte le pubblicazioni dei dottori di ricerca nell’anagrafe nazionale dei professori e ricercatori.

3. Conclusioni

Le valutazioni della VQR, definite in maniera retrospettiva per l’arco temporale 2004-2010, su prodotti selezionati in ciascun ateneo con modalità differenti (centralizzata vs. decentrata) con l’obiettivo di massimizzare il risultato delle strutture (intese come Atenei in primis e poi come Dipartimenti), vengono in questo modo applicate a corsi di dottorato il cui ciclo di vita è di tre anni, a cui si deve deve assicurare ora, e non 10 anni fa, una qualità alta dei membri del collegio e dell’intero dottorato. Inoltre, i criteri che dovrebbero servire da guida per gli atenei, per l’instaurarsi di buone pratiche, non essendo riproducibili localmente non servono ad attivare meccanismi virtuosi, ma finiscono per essere solo punitivi. Più in generale:

I dati VQR (e noi ne conosciamo la qualità) diventano lo strumento per l’accreditamento. All’ANVUR avranno fatto una simulazione sui dottorati esistenti? Prevedono già quanti ne verranno chiusi? Se sì è loro dovere rendere pubbliche le previsioni. Se no, non sanno quello che fanno e sarebbe auspicabile che il ministero intervenisse subito per capire cosa sta per succedere al sistema dottorale italiano;
La qualità della didattica erogata e dell’organizzazione del dottorato non è minimamente considerata. Paradossalmente un dottorato in scienze sperimentali che tenga i dottori di ricerca per tre anni ad affettare cellule o dar da mangiare a cavie, va benissimo se solo i ricercatori senior fanno co-firmare i loro contributi ai dottorandi;
Ad ANVUR non sembra interessare per niente che mestiere faranno i dottori di ricerca una volta conseguito il titolo. Il modello di riferimento sono dottorati con sbocchi accademici. L’art 11 del DM è del tutto vanificato.
Manca ogni riferimento all’esistenza di sistemi “locali” di assicurazione della qualità. Non viene richiesta rispetto al passato l’opinione dei dottorandi in nessuna fase. Di fatto tutto il sistema di autovalutazione alla base della Quality Assurance non si applica in nessun modo al sistema dottorale (d’altra parte non se ne vede l’uso neanche nel sistema AVA).
La verifica della disponibilità di risorse finanziarie è demandata completamente ai NDV, che sembrano svolgere una funzione sussidiaria rispetto ad ANVUR coprendo informazioni che ANVUR ritiene di non dover raccogliere direttamente;
in linea di massima si ha la sensazione che il disegno sia dettato non tanto dall’obiettivo di perseguire il miglioramento del sistema dottorale, ma di permettere ad ANVUR con le risorse disponibili di svolgere una qualche attività di accreditamento che consiste essenzialmente nel verificare soglie il cui calcolo non è costoso per l’agenzia. Nessun interesse per il sistema di qualità dei dottorati, con buona pace per il processo di Bologna. Di fatto si sta riproponendo il modello burocratico-ministeriale dei requisiti “minimi”, solo che questa volta è ANVUR a dettare le regole del gioco.
Infine, qualche osservazione conclusiva: da anni l’offerta formativa post-laurea si va comprimendo nel nostro Paese. Da un certo punto di vista, tutto il sistema di formazione terziaria e della ricerca è afflitto da due tendenze: riduzione e concentrazione. Fenomeni auspicati da chi, per lungo tempo, ha sostenuto – non supportato da dati acconci, o tout-court senza alcun dato alla mano – che il sistema italiano sarebbe ipertrofico.

Riduzione e concentrazione sono le parole chiave per intendere appieno gli effetti delle nuove regole proposte da ANVUR circa gli accreditamenti. Infatti, è lecito supporre che proprio questi saranno gli effetti indiretti dei nuovi criteri. Ora, è certo vero che in taluni casi e per alcune specifiche discipline (in particolare quelle che necessitano di laboratori e attrezzature), il raggiungimento di una sufficiente massa critica è obiettivo funzionale ad una maggiore efficienza, sia nella formazione che nella produzione scientifica. D’altra parte, vi sono numerosissime discipline, non solo ascrivibili alla macro-area delle scienze umane e sociali, per le quali il raggiungimento di tali soglie dimensionali non è necessario, e anzi rischia di tradursi in zibaldoni eterogenei. Eppure, le regole proposte da ANVUR finiranno per colpire anche queste discipline, che dovranno affrontare sforzi crescenti per poter continuare a riprodurre se stesse. Senza un dottorato, non è possibile crescere allievi e far ricerca di gruppo. Senza dottorato, una disciplina muore. E come si sa, una volta estinte, è molto difficile resuscitare in un paese le competenze perdute.

Ancora, è probabile che le regole elaborate da ANVUR si riveleranno più gravose per gli atenei di minori dimensioni: una volta che questi avranno perso la possibilità di offrire formazione dottorale, si sarà creata nei fatti la distinzione, tanto auspicata da alcuni commentatori, fra Atenei di serie A e Atenei di serie B. Con i secondi destinati a essere colonie o parcheggi dei primi.

La lettura del documento di ANVUR sull’accreditamento dei dottorati può lasciare confusi per la complessità e la rigidità del sistema valutativo che si intende costruire. Ma in realtà, per quanto esso sia rilevante, non è questo il punto principale; infatti va osservato come, ancora una volta, le scelte tecniche dell’Agenzia abbiano ricadute pratiche di forte impatto sul panorama del sistema. Insomma, ancora una volta, la tecnica si fa politica orientando e plasmando il panorama della formazione e della ricerca italiane. Sotto l’apparenza di scelte tecniche, si operano scelte che hanno effetti politici, che tuttavia vengono assunte al di fuori dei luoghi deputati alla definizione delle policies e nel silenzio di coloro che del ruolo di policy maker sono effettivamente titolari.

Una ultima notazione. E’ stato da poco licenziato un documento della commissione di studio ministeriale sul dottorato. Tale documento contiene critiche di principio al DM 45. Le riflessioni della commissione sono in netto contrasto con le linee di accreditamento decise dall’Agenzia Nazionale. ANVUR sta di fatto decidendo la politica del MIUR. Senza, forse, che il Ministro e la sua commissione ne siano informati, se non a cose fatte.

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