attualità, politica italiana

"E per la prima volta si saprà chi ha vinto", di Sebastiano Messina

Non è detto che sia l’ultimo aggiustamento, ma l’accordo raggiunto in extremis da Renzi e Berlusconi introduce alcune novità non piccole nel progetto di riforma elettorale. Viene abbassata la soglia di sbarramento per i piccoli partiti. Viene alzata la quota che un partito (o una coalizione) deve raggiungere per ottenere il premio di maggioranza al primo turno. Viene introdotto un meccanismo di salvaguardia scritto su misura per la Lega Nord. E viene permesso a un politico di candidarsi in più collegi, in modo da aumentare le sue speranze di essere eletto. L’impianto complessivo però rimane sostanzialmente lo stesso, e per la prima volta garantisce che dalle urne esca un vincitore, e che quel vincitore abbia poi i numeri per governare. Come si voterà? Il territorio
nazionale verrà diviso in collegi plurinominali medio-piccoli, nei quali ciascun partito presenterà liste corte di tre o quattro candidati. Poi si farà il totale nazionale e verranno distribuiti i seggi con il metodo proporzionale, escludendo quei partiti che non avranno raggiunto la soglia di sbarramento del 4,5% (se coalizzati) o dell’8% (se non coalizzati). Una parte dei seggi, 79, ovvero il 15%, verrà però riservata al partito o alla coalizione vincente, a patto che superi la quota del 37%. Nel caso in cui nessun partito o coalizione la raggiungesse, dopo due settimane i primi due partiti si affronteranno in un turno di ballottaggio nazionale, e chi vincerà si aggiudicherà il premio di maggioranza che lo porterà al 52%. Tra le novità, anche il tempo limite di 45 giorni dato al governo per ridisegnare i collegi elettorali, in modo da garantire tempi certi per l’entrata in vigore del nuovo sistema elettorale.

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Il bonus scatta oltre il 37% incostituzionalità più lontana

La trattativa più difficile ha riguardato la quota per il premio di maggioranza. Nella prima bozza era stata fissata al 35 per cento, adesso viene portata al 37 per cento, mentre il premio viene abbassato dal 17 al 15 per cento: il vincitore potrà disporre alla Camera di una maggioranza che andrà da un minimo di 327 a un massimo 346 seggi (su 630). In questo modo si è voluto andare incontro alle indicazioni della Corte costituzionale, che a dicembre ha bocciato il precedente premio (senza soglia minima) perché “manifestamente irragionevole”. Ma sono stati anche accontentati i partiti minori, che così sperano di risultare determinanti per il raggiungimento al primo turno del 37 per cento, percentuale che è stata ampiamente superata dai vincitori del 1994 (42,8), del 1996 (43,4), del 2001 (49,5), del 2006 (49,8) e del 2008 (46,8) ma non nel 2013, quando il successo del M5S (25,5) ha inchiodato sia il centro-destra che il centro-sinistra sotto il 30 per cento. Non è detto però che l’innalzamento dal 35 al 37 per cento giochi a loro favore: allontanandosi la possibilità di una vittoria al primo turno, i partiti maggiori potrebbero puntare direttamente al ballottaggio, senza trattare con i minori. 37% È la soglia raggiunta la quale scatterà il premio di maggioranza del 15% Altrimenti, ballottaggio.

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Lo sbarramento 4.5%

Ncd esulta, Monti e Sel tremano e il Carroccio può restare fuori. L’abbassamento della soglia di sbarramento dal 5 al 4,5 per cento accontenta (parzialmente) le richieste dei partiti minori – da Alfano a Vendola, passando per Casini e Monti – che vedono così aumentare le speranze di non essere esclusi dal prossimo Parlamento. Sulla carta, chi deve temere meno lo sbarramento è il Nuovo Centrodestra, che gli ultimi sondaggi stimano intorno al 6 per cento, mentre Scelta Civica, Udc, Fratelli d’Italia, Lega e Sel oscillano tra i 3 e il 2 per cento e dunque puntavano ad abbassare la soglia al 3 per cento. La nuova legge scoraggia chi non fa parte di una coalizione, fissando in questo caso una soglia altissima (8 per cento) e disincentiva le coalizioni finte, che non saranno valide ai fini dello sbarramento se non raggiungeranno almeno il 12 per cento. Per la Lega Nord, invece, è stata studiata una norma su misura che permetterà l’accesso al Parlamento ai partiti che supereranno il 9 per cento in almeno tre regioni (ma l’anno scorso il Carroccio superò questa soglia solo in Lombardia e nel Veneto, fermandosi al 4,8 in Piemonte). Non è detto, insomma, che la «clausola salva-Lega» salvi effettivamente la Lega, almeno con queste cifre.
È l’asticella che bisogna superare per entrare in Parlamento se si fa parte di un coalizione

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Mano tesa ai piccoli partiti leader presenti in più collegi

Angelino Alfano, Pier Ferdinando Casini e gli altri leader dei partiti minori possono tirare un sospiro di sollievo: nella bozza faticosamente approvata ieri alla fine della trattativa-bis tra Renzi e Berlusconi è stata eliminata la norma che impediva a un candidato di presentarsi in più di un collegio. La nuova bozza prevede che ci si possa candidare anche in tre collegi, nella stessa regione. Il problema, per Alfano e gli altri, nasceva dal fatto che il passaggio dalle maxi-liste regionali alle liste corte di collegio aumenterà
l’incertezza nell’assegnazione dei seggi per le forze politiche meno numerose – sempre che riescano a superare la soglia di sbarramento – perché
una volta stabilito quanti seggi toccheranno ai partiti, risulteranno eletti i candidati nei collegi dove ognuno di loro ha ottenuto i migliori risultati. E per un piccolo partito, che ottenga 15 o 20 eletti, sarà assai difficile prevedere in quali dei 130-140 collegi in cui sarà diviso il territorio nazionale scatteranno i suoi seggi. Con la possibilità di candidarsi in più collegi, i leader otterranno un doppio risultato: potranno usare di più il loro nome per attrarre voti e aumenteranno le proprie possibilità di risultare eletti.
Una candidato potrà presentarsi fino a tre collegi nella stessa regione.

La Repubblica 30.01.14