attualità, politica italiana

"I simboli del masochismo nazionale", di Cesare Martinetti

La sgangherata contestazione di tre leghisti al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che parlava ieri al Parlamento di Strasburgo in nome dell’Italia andrebbe liquidata in poche righe se non fosse che pone una questione che ci riguarda tutti. E cioè: perché mai siamo l’unico Paese che con ostinata coerenza fa di tutto per farsi male davanti al resto del mondo?

Avete mai visto il presidente francese contestato da un politico francese in un’occasione internazionale? O la/il cancelliere tedesco? La regina d’Inghilterra? Il Presidente degli Stati Uniti? La bandiera di ciascuno di questi paesi viene issata con cura ogni mattina sulla facciata di scuole ed edifici pubblici in patria e all’estero, mentre il nostro povero tricolore appare spesso qua e là sfilacciato e scolorito, simbolo di un paese che non crede in se stesso.

Non è in discussione il diritto di ogni forza politica di discutere e criticare atti e posizioni del Presidente della Repubblica, come accade regolarmente in ciascuno di questi altri paesi. Ma non è questo il punto. In quell’aula di Strasburgo dove un presidente del Consiglio italiano fece la memorabile gaffe di proporre al leader dei socialdemocratici tedeschi la parte di «kapò» in una fiction da programmare in una delle sue televisioni, ieri tre deputati leghisti che non val nemmeno la pena di nominare hanno interrotto Napolitano per protestare contro l’euro. I commessi dell’aula, muniti di guanti bianchi come operatori sanitari costretti a maneggiare materiale tossico, li hanno disarmati dei loro poveri cartelli. Uno faceva il segno di vittoria con la mano. Aveva già contestato Carlo Azeglio Ciampi nel 2005 in quella stessa aula. E allora come ieri la maggior parte degli europarlamentari ha isolato con fastidio i contestatori e ascoltato con attenzione Napolitano. Che cosa pensava di avere mai vinto il patetico contestatore?

Tutto ciò appartiene alla categoria di un provincialismo meschino e miserabile tanto più in un momento in cui l’Europa avrebbe bisogno di discussioni serie, idee alternative al pensiero unico e monocorde dell’austerity pur inevitabile, come ha detto lo stesso presidente Napolitano. Lo chiede il galateo di una politica né buona né cattiva ma semplicemente pragmatica e civile. La sgrammaticature della Lega che pure hanno svolto una loro funzione nel passato, ora appaiono un dito medio perennemente alzato come le immagini dell’ultimo Bossi, villanamente messo in soffitta dalla nuova leadership del movimento.

E poi – a parte qualche voto in più nei bar della bergamasca – che cosa pensano di ottenere con la loro sceneggiata i tre sciagurati eurodeputati leghisti che dicono di rappresentare la parte più ricca e produttiva del paese? Il più importante quotidiano della Baviera, la Süddeutsche Zeitung, ha giudicato ieri severamente le ultime performance al parlamento italiano: «scene che vanno al di là di qualunque civile dialettica parlamentare». E definito i deputati «adolescenti impazziti». Si riferiva ai grillini, ma non solo. Eppure è questa l’Europa a cui dovrebbero guardare i sedicenti rappresentanti della Baviera italiana. L’interesse nazionale, quel concetto che nel resto d’Europa consiglia ai politici di mettere da parte gli egoismi di partito e consente di costruire vere «grandi» coalizioni, continua ad essere drammaticamente sconosciuto in Italia.

Persino Marine Le Pen, spiegava ieri Marc Lazar in un’analisi dei populismi europei, è cauta nel cavalcare l’ondata di irrazionalità reazionaria che attraversa la Francia. Da noi, invece, l’ambizioso contestatore di Napolitano si annoda al collo un fazzoletto dello stesso colore delle mutande acquistate con i soldi della Regione Piemonte dall’(ex) governatore Cota e si sogna vincitore, senza capire che è invece diventato il grottesco simbolo del masochismo nazionale.

da www.lastampa.it