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"Per imparare non basta la tecnologia", di Paolo di Stefano

Aderite incondizionatamente all’uso di Internet a scuola? Leggete il libro dello psichiatra tedesco Manfred Spitzer, il quale sostiene — com’è facile intuire dal titolo, Demenza digitale (Corbaccio) — che gli strumenti tecnologici, utilizzati in eccesso, finiscono per limitare la capacità di memorizzare, di concentrarsi, di socializzare. Tutte qualità che un individuo, specie se giovane, dovrebbe sviluppare. Siete scettici? Ascoltate Umberto Eco, quando dice che ha curato Encyclomedia, un’enciclopedia informatica, per favorire la memoria storica dei ragazzi, mettendo loro a disposizione cronologie indispensabili ai nativi digitali. Poi però è lo stesso Eco ad avvertire (in una lettera a suo nipote apparsa qualche settimana fa sull’Espresso) che sarebbe utile arginare il deserto mnemonico che avanza tornando alla vecchia tradizione, e cioè mandando a memoria «La Vispa Teresa», «La cavallina storna», «L’infinito». Senza abbandonare il Web, ma senza farne un mondo totalizzante. Nessuno ha ancora dimostrato, del resto, che i libri di carta siano inutili. Il fatto che l’Italia è agli ultimi posti, come segnala l’Ocse, nella digitalizzazione scolastica non è un segnale di cui rallegrarsi. Ben vengano, anzi, le lavagne elettroniche. Il vero guaio però è che la fascinazione dei nuovi strumenti digitali ha contribuito a spostare l’attenzione dai contenuti ai mezzi che li veicolano, attribuendo a questi ultimi una funzione catartica che non hanno. L’equivoco, insomma, è credere che la scuola possa rinnovarsi solo adottando a tappeto iPad e ebook. I genitori sanno bene che i loro figli imparano da soli, ben prima di arrivare a scuola, a maneggiare smartphone e tablet: non accade lo stesso per i libri. A scuola, semmai, i nativi digitali potrebbero apprendere un uso dosato e critico della Rete: ma si può chiedere anche questo ai docenti? Senza dimenticare che la scuola deve insegnare soprattutto altro, e magari, perché no, aprire spazi mentali alternativi a quelli consueti, in genere frequentati compulsivamente. La terza via, tra apocalittici e integrati, è quella dei prudenti. Non esagerare è sempre un ottimo consiglio.

da il Corriere della Sera