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"Tra tweet e turboleader la politica delle vecchie pastoie scopre il dogma della velocità", di Filippo Ceccarelli

Festina lente, affrettati lentamente, motto attribuito da Svetonio all’imperatore Augusto, si è scoperto essere il nome di una delle associazioni che hanno sostenuto sul piano finanziario la rapidissima ascesa di Matteo Renzi.
Dunque velocità, ma anche ponderazione, entrambe indispensabili in ogni impresa. Molto prima del Sindaco e dei suoi più fidati consiglieri Alberto Bianchi e Marco Carrai, l’antica massima era stata scelta da Cosimo de ’Medici, che pure l’aveva inserita nel suo stemma sotto l’immagine di una tartaruga sul cui guscio si leva una vela gonfiata dal vento.
Ora, per la verità, Renzi appare assai più affrettato che prudente. «O la va o la spacca», «mi gioco l’osso del collo» e così via, spesso attraverso twitter o Facebook, tecnologia dell’immediatezza. E tuttavia, anche al netto di altri mezzi e messaggi quali Smart, maratone e Frecce rosse, pare evidente che da quando il giovane leader ha stravinto le primarie, l’intera vita pubblica ha preso a correre.
L’accordo per l’Italicum, la direzione del Pd, la crisi di governo, perfino quelle consultazioni che vengono assimilate a vecchi riti perditempo tipo vertici & caminetti, a loro volta propedeutici a quella che il dinamismo renziano ha identificato come il male assoluto di questa fase: «la palude».
Presto! Presto! dunque, anzi: «Adesso», come recitava il penultimo slogan dell’allora Rottamatore. Scriveva del resto già lunedì scorso Ilvo Diamanti che Renzi è «l’uomo dei tempi veloci» e «dei fatti veloci». La cauta e munita tartaruga di Cosimo, peraltro visibile in varie fogge sui soffitti e i pavimenti di Palazzo Vecchio, è rimasta un po’ indietro, magari col suo ciuffo di lattuga; ma intanto il vento soffia forte in faccia al promesso leader promesso, il quale che l’altro giorno così s’è descritto: «In piedi sull’onda».
Nella stagione dell’enfasi va da sé che la retorica è sempre dietro l’angolo; e quando non sono le strategie di comunicazione, è il prevedibile tributo al vincitore che con sospetta spontaneità seleziona gli omaggi, ed eccoti puntualmente il «cambio di passo», lo «sprint», lo «scatto», l’»anticipo», l’»accelerazione», il «sorpasso», le «tappe bruciate», l’»attimo fuggente», l’»adrenalina», il «velocifero», addirittura, e l’inesorabile «turbo-leader».
E pazienza se ieri il classico programma «dei cento giorni» era già diventato «dei sessanta». Più immaginario che pratico il rischio – non se ne adonti Renzi, non è colpa sua – sta piuttosto in un gorgoglio di chiacchiere, oltretutto nemmeno consapevoli di rimestare nel pentolone dell’archeo e tardo futurismo. Per cui – punto quarto del Manifesto del 1909 (!) – «noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità».
Occorre dunque resistere strenuamente al grottesco e dotarsi quindi per il futuro di una riserva di avveduto scetticismo. Ma in fin dei conti si può senza dubbio riconoscere a Renzi di essere assai più veloce e anche più svelto, senza virgolette, degli uomini politici che fin qui si sono messi alla prova e ai quali il gentile pubblico non pagante si è abituato, anche se quasi mai affezionato.
Non si intendono qui Moro, che del rinvio fece una religione, o Berlinguer, che pagò duramente i suoi ritardi, o Andreotti, che tutto sminuzzava fino a disperderlo nell’iperuranio delle non decisioni. Ma Renzi appare senz’altro più rapido anche di gente parecchio sveglia come Craxi, o Bossi, o lo stesso Berlusconi.
A occhio, tale dote deve aver a che fare con un salto anagrafico, o l’evoluzione della specie. In questo senso colpisce che l’esordio del personaggio è avvenuto in tv, anzi in un telequiz (dal profetico nome de «La ruota della fortuna»). Ha spiegato in proposito il demoscopo Alessandro Amadori, che pure ha sperimentato la medesima esperienza sul video: «Tutto lì avviene all’insegna della velocità e tu impari a essere un fulmine nelle risposte».
Altra cosa è ovviamente governare. Per giunta in un paese che vanta un indubbio primato d’improvvisazione – sempre ridicola, talvolta tragica – e nel quale i leader politici adorano presentarsi e ancor più farsi credere, specie in tv, i più risoluti, decisionisti e sbrigativi possibile – e qui il pensiero corre, il meno grato che si possa immaginare, al Cavaliere che si vantò di aver fatto approvare dal Consiglio dei ministri la Finanziaria 2008 in nove minuti, o al governo Monti che riformò le pensioni in un battibaleno, dimenticandosi però di circa 300 mila esodati.
Ora arriva Renzi con i suoi blitz, e pur senza nutrire alcuna nostalgia per le vecchie pastoie che non finivano mai, sembra lecito chiedersi quali vantaggi, ma anche quali guai possono venire da una politica che di colpo scopre la virtù salvifica del movimento e un po’ anche della fretta. Certo, chi va piano va sano e va lontano, ma anche a prescindere dagli arcani del fund raising, «festina lente» pare un ottimo programma, e l’alacre testuggine di Cosimo un animaletto perfino rassicurante.

La Repubblica 15.02.14