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"Caro Renzi, è ora di puntare sulla scienza", di Pietro Greco

Caro Presidente Renzi, è iniziata la sfida per il futuro. Dobbiamo decidere il ruolo che avrà il nostro Paese nel nuovo ordine mondiale. Se vogliamo che sia di primo piano, come ci compete, dobbiamo puntare sulla scienza.
Perché la scienza è la leva per lo sviluppo economico, oltre che per la sicurezza sanitaria e militare, delle nazioni. Noi non abbiamo un programma nazionale di sviluppo scientifico. Nel nostro Paese la scienza è rimasta dietro le quinte, mentre andrebbe portata al centro dell’attenzione, perché a essa si legano le speranze per il futuro. Non possiamo attenderci che questa lacuna venga colmata dall’industria privata. L’industria si occupa d’altro. L’impulso per la ricerca può venire solo dal governo. È il governo che deve investire molto di più e molto meglio se vogliamo vincere la sfida del futuro. Caro Presidente Renzi, ho elaborato un rapporto che è anche un programma per la rinascita della nostra nazione. Glielo invio a parte. Ora provo a sintetizzarlo, in quindici punti.
1. INNOVAZIONE. Il Paese ha bisogno di innovazioni costanti, non solo in politica ma anche in campo economico. Solo con la produzione di beni e servizi innovativi possiamo sperare di avere una piena occupazione e un tenore di vita più alto. 2. SPECIALIZZAZIONE. Per competere con i Paesi più avanzati occorrerà puntare sulle industrie a più alta tecnologia, capaci di innovazione continua. Non otterremo nulla rimanendo immobili, continuando a fabbricare gli stessi articoli e non avanzeremo nel commercio internazionale se non offriremo prodotti nuovi e meno costosi. 3.CAMBIAMENTO. La scienza è la leva necessaria per il cambiamento della specializzazione produttiva. Da dove arriveranno, infatti, i nuovi prodotti? Come produrre manufatti migliori a costi inferiori? La risposta è ovvia. Per far funzionare i meccanismi dell’impresa pubblica e privata occorreranno nuove conoscenze scientifiche. 4. POTENZIAMENTO. La scienza ha già dato prova di quello che può fare per la società in ogni settore. Ciò vale soprattutto per l’economia. Se continuiamo a studiare le leggi naturali applicando il nostro sapere per fini pratici, potremo avviare nuove industrie e potenziare quelle più vecchie.
5. VANTAGGI PER TUTTI. Per lo sviluppo del Paese occorre un flusso costante di nuova conoscenza scientifica all’interno di un gioco di squadra che coinvolga tutta la nazione. Occorre un rapporto cooperativo tra scienza e società: la scienza, da sola, non è la panacea di tutti i mali, individuali, sociali ed economici. 6.RICERCADI BASE. Occorre riconoscere l’importanza della ricerca di base. La ricerca di base procede senza preoccuparsi degli scopi concreti. Essa produce una comprensione generale della natura e delle sue leggi. Non fornisce una risposta specifica ed esaustiva a ogni singolo problema. Ma le conoscenze nuove e fondamentali che produce alimentano la ricerca applicata e lo sviluppo tecnologico. Pertanto le università e gli istituti di ricerca, pubblici o privati, che sono centri della ricerca di base sono le principali fonti del sapere e della conoscenza.
7. INDIPENDENZA SCIENTIFICA. Un Paese leader in economia non può dipendere dall’estero per la conoscenza scientifica di base. Una più ampia e migliore ricerca scientifica sarà fra gli elementi fondamentali che permetteranno di raggiungere un regime di piena occupazione.
8. LE UNIVERSITÀ. L’industria, privata, non ce la fa a sostenere la ricerca di base. Lo dimostra la storia economica: per esempio, anche negli Stati Uniti, l’industria contribuisce solo in misura limitata al finanziamento della ricerca medica di base. Ma lo dimostra anche l’analisi teorica: nell’industria c’è sempre la pressione degli obiettivi da conseguire, del mantenimento di criteri predeterminati e delle esigenze commerciali. A parte alcune notevoli eccezioni, le università restano le più generose dispensatrici di quella libertà che è oltremodo indispensabile alle scoperte scientifiche.
9. LO STATO. Per lo sviluppo economico di un Paese fondato sulla conoscenza occorre l’azione intelligente dello Stato. Visto che è necessaria e visto che i fondi privati non la sostengono, la ricerca di base dovrà essere potenziata con l’uso di fondi pubblici. Ma il flusso dovrà essere intelligente e ben direzionato verso i luoghi dove si fa ricerca di base. Lo stato deve finanziare la ricerca di base ma anche la catena di trasmissione, ivi inclusa la ricerca applicata, che porta le nuove conoscenze fino al portone delle industrie.
10. LE IMPRESE. Lo sviluppo tecnologico deve essere a carico delle imprese. Arrivato al portone delle imprese cessa il suo compito: lo Stato non deve finanziare lo sviluppo tecnologico e la commercializzazione di nuovi prodotti.
11. UN PROGRAMMA NAZIONALE. Per modificare la specializzazione produttiva del sistema Paese facendo leva sulla scienza, occorre che il Paese si dia una “politica della ricerca” e che il governo federale elabori un organico programma d’azione che sia in cima all’agenda politica del Paese. Non abbiamo un programma nazionale rivolto allo sviluppo scientifico. Non esiste, a livello governativo, una figura che abbia l’incarico di formulare o attuare una politica scientifica nazionale. Non ci sono, in parlamento, comitati permanenti addetti a questo compito fondamentale. La scienza è rimasta dietro le quinte. Andrebbe portata al centro dell’attenzione.
12. CAPITALE UMANO. La nuova “politica della ricerca” dello Stato deve puntare ad aumentare il capitale scientifico del Paese. Ma il capitale scientifico aumenta se cresce il capitale umano. In soldoni, il Paese ha bisogno di più scienziati e di più tecnici. Perché la rapidità o lentezza di qualsiasi progresso nella scienza dipende dal numero di professionisti esperti e altamente qualificati che esplorano i suoi confini. Il vero limite alla produttività e allo sviluppo, nel campo del sapere scientifico e della sua applicazione è il numero di esperti che abbiamo a disposizione. Occorrono più scienziati e tecnici. E, ovviamente, università e centri in grado di farli lavorare sempre al meglio. Naturalmente il flusso, alto e costante, di risorse pubbliche non deve in alcun modo erodere l’autonomia degli scienziati. La libertà d’indagine va tutelata.
13. SOLO IL MERITO. La selezione degli scienziati e dei tecnici fondata solo sul merito è decisiva: perché la responsabilità della creazione di nuovo sapere scientifico ricade su quel piccolo gruppo di uomini e donne che sono in grado di comprendere le leggi fondamentali della natura e le tecniche della ricerca scientifica.
14. RIMUOVERE LE BARRIERE. Per mobilitare i migliori scienziati che il Paese può offrire, occorre che l’universo della selezione sia la più ampia possibile. Includa tutti, in modo che tutti i più bravi possano sottoporsi alla prova. Ma ci sono barriere sociali che impediscono ai “bravi ma poveri” di concorrere. L’istruzione superiore, in questo Paese, è sempre più destinata a chi ha la possibilità economica di procurarsela. In ogni segmento della popolazione esistono individui dotati ma, salvo rare eccezioni, chi non ha la possibilità di procurarsi un’istruzione superiore è costretto a rinunciarvi. Risulta così vanificata la più grande risorsa di una nazione: l’intelligenza dei suoi cittadini. Dobbiamo abbattere queste barriere e offrire agli uomini e alle donne di ogni tipo e condizione l’opportunità di migliorare se stessi. Per sviluppare il talento dei giovani italiani, il governo dovrebbe stanziare un numero ragionevole di borse di studio e assegni di ricerca.
15. UN’AGENZIA NAZIONALE per la ricerca. Suggerisco che venga istituita, quindi, una nuova agenzia preposta a tutti questi scopi. Si tratterebbe di un organo indipendente, con l’esclusivo compito di sostenere la ricerca di base e la formazione scientifica avanzata. Caro Presidente Renzi, lo confessiamo. Abbiamo rubato questo programma a Vannevar Bush, il consigliere scientifico del Presidente degli Stati Uniti, Franklin D. Roosevelt. Lo abbiamo fatto perché è sulla base della politica indicata da Vannevar Bush che gli Stati Uniti sono entrati nella società della conoscenza e hanno conseguito la leadership economica del mondo. Ma lo abbiamo fatto soprattutto perché questo programma in 15 punti è l’ultima opzione che abbiamo per uscire della condizione di declino in cui versiamo da venti anni e forse più.

L’Unità 19.02.14