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"Chi ha paura del diario di Anna Frank?", di Sonia Renzini

«Spero di poterti confidare tutto, come non ho mai fatto con nessuno, e spero che mi sarai di grande sostegno », scrive Anna Frank nel suo diario. Sono le parole di una ragazzina ebrea di 13 anni appena compiuti, affidati a un quadernetto a quadretti bianchi e rossi avuto in regalo per il suo compleanno. Piccoli ritratti di una quotidianità diventata suo malgrado il simbolo stesso della Shoah e a distanza di anni continuano a essere la testimonianza inconfutabile della nostra memoria che qualcuno si ostina a volere cancellare. In Giappone sono state danneggiate almeno 265 copie del «Diario» di Anna Frank custodite in una trentina di biblioteche pubbliche di Tokyo, insieme ad altri libri sull’Olocausto. Strappate dieci, venti pagine per volume, resi di fatto inutilizzabili, praticamente da buttare.
La denuncia è arrivata dal Consiglio delle biblioteche pubbliche della capitale giapponese. «Non sappiamo cosa sia successo e chi abbia fatto tutto questo », dice il presidente del Consiglio Satomi Murata. Scuote la testa Toshihiro Obayashi, vicedirettore della biblioteca centrale della zona di Suginami, dove 119 copie sono state distrutte in 11 delle 13 librerie pubbliche: «Da noi ogni libro archiviato sotto il nome di Anna Frank è stato danneggiato, non era mai successo finora».
Sdegno e preoccupazione viene espresso dal Centro ebraico internazionale Simon Wiesenthal che chiede alle autorità di indagare per identificare e assicurare al più presto alla giustizia i responsabili di questa «campagna d’odio».
BEST SELLER IN GIAPPONE. Per il presidente Abraham Cooper «si tratta di blitz organizzati per offendere la memoria di Anna Frank, la più famosa tra il milione e mezzo di bambini ebrei uccisi dai nazisti durante l’Olocausto ». E continua: «Solo persone intrise di bigotteria e odio possono cercare di distruggere le storiche parole di coraggio, speranza e amore di Anna di fronte al suo imminente destino».
Nel suo diario Anna Frank inizia con il raccontare la sua storia di ragazzina, i suoi compagni di scuola, la vita di tredicenne. Ma poi quando è costretta alla clandestinità in un appartamento segreto di Amsterdam per nascondersi dai nazisti, le sensazioni dell’età si intrecciano in modo sempre più inquietante con l’angoscia e i problemi dei grandi, diventando lo specchio fedele della realtà storica del tempo. Fino all’agosto del 1944 quando il rifugio viene scoperto dalla Gestapo e l’intera famiglia deportata nei campi di concentramento. Anna Frank morirà in quello di Bergen Belsen nell’agosto del 1944, all’età di 15 anni solo tre settimane prima della liberazione. Il diario sarà pubblicato postumo nel 1947 dal padre Otto Frank, unico sopravvissuto allo sterminio.
Il libro è stato tradotto in tutto il mondo ed è diventato per i ragazzi di tutte le scuole il primo veicolo di conoscenza dell’Olocausto. Anche in Giappone dove viene tradotto nel dicembre 1952 ed è salito in testa alle classifiche l’anno successivo, tanto che in termini di vendite il Giappone è secondo solo agli Stati Uniti.
«Negli anni ‘50 e ‘60 ci sono stati concorsi in cui gli adolescenti giapponesi dovevano riflettere sull’esperienza di Anna Frank – dice il Rotem Kowner, esperto di storia e cultura giapponese presso l’Università israeliana di Haifa -. In Giappone la storia trascende la sua identità ebraica per simboleggiare con più forza la lotta dei giovani per la sopravvivenza».
Il vandalismo sul simbolo della Shoah lascia sconcertati, oltretutto il Giappone non ha nessuna vera storia di antisemitismo. Ma è vero che negli ultimi due anni si sono moltiplicate le critiche rivolte alle autorità giapponesi per alcune dichiarazioni ritenute «revisioniste » sul passato militarista del Paese, in particolare con l’arrivo alla guida del governo del premier nazionalista e conservatore Shinzo Abe.

La Repubblica 22.02.14