attualità, politica italiana

"Basta intrecci tra le aziende e la politica", di Vittorio Emiliani

Torna d’attualità, improvvisamente, il conflitto di interessi. E ci torna per una assicurazione data da Graziano Delrio, il sostanziale vice del premier Renzi, alla vasta platea televisiva di Lucia Annunziata su Raitre: «Sì, faremo una legge sul conflitto di interessi. Il Paese la merita». Da condividere al 101 per cento visto che la legge Frattini del 2004, voluta dallo stesso Berlusconi, è acqua fresca e l’organo competente del Consiglio d’Europa l’ha dichiarata inadeguata.
Non solo, ma ha anche sollecitato l’Italia a «trovare una soluzione appropriata». Sin qui invano. Per anni e anni soltanto rivendicarla significava tirarsi addosso la nomea di oppositore radicale della pax berlusconiana.
Per cui l’affermazione, del tutto pacata, “normale” ecco, del sottosegretario Delrio è stata di quelle che fanno sobbalzare sulla sedia anche in un dopo pranzo domenicale. Negli ultimi giorni Silvio Berlusconi non ha fatto che ostentare un’aria soddisfatta per l’intesa di fondo con Matteo Renzi sul governo di cui è “responsabilmente” all’opposizione, ma che sosterrà in pieno sui tre punti-cardine (legge elettorale, riforma del Senato e del Titolo V). Anche sulla compagine di governo pare che a cena, ad Arcore, sia stato tutto un sorriso specie per la presenza dell’imprenditrice Federica Guidi al ministero dello Sviluppo che si dovrà occupare anche della vendita di frequenze tv, di telecomunicazioni, di Telecom, ecc. Materie che lo interessano da vicino. «Abbiamo un ministro pur stando all’opposizione», avrebbe commentato un po’ da “bauscia”. Del resto a Federica Guidi è stato chiesto più volte di candidarsi nell’allora Pdl visto che l’imprenditrice emiliana aveva espresso idee solidamente “di destra”, ultraliberiste ed euroscettiche. Solo esuberanze giovanili? Proprio per lei è stato riaffacciato sulla stampa di ieri il conflitto di interessi che le dimissioni dalla Ducati Energia non avrebbero cancellato dato che l’azienda di famiglia ha e avrà rapporti molto fitti con aziende pubbliche, statali, regionali e locali. E quindi col suo ministero.
Il conflitto di interessi era ricomparso con una certa forza un anno fa nel programma del Pd per le politiche di febbraio vinte a metà. Otto punti in testa ai quali figurava «abrogare la legge Frattini», seguito da «costruire sistemi di controllo per prevenire situazioni di conflitto di interesse di titolari di cariche di governo», «attribuire poteri e strumenti » all’anti-trust «per agire efficacemente», incandidabilità a tutti i livelli per «chi ha precedenti penali », ecc. Ma non se n’era più fatto cenno con l’avvio delle “larghe intese”.
Per anni e anni un grande economista, Paolo Sylos Labini, scomparso nel 2005 a 85 anni, ha continuato a sollevare il problema. Sosteneva, fra l’altro, che Berlusconi era ineleggibile già in base alla legge del 1957 che sancisce tale stato di cose per i titolari di concessioni pubbliche (come le Tv di Mediaset) e per i suoi collaboratori e che comunque una legge severa sui conflitti di interessi era la prima pietra del muro da alzare contro la corruzione che si giova di quella mancanza di confini certi fra interessi privati e interesse pubblico per far prevalere i primi. Sylos Labini faceva notare che gli interessi molto corposi di Berlusconi, dei suoi famigliari e collaboratori (come Marcello Dell’Utri) «non si fermano alle televisioni», ma, grazie alla pubblicità, condizionano «altri importanti settori» industriali e dei consumi, con Mediolanum entrano in campo assicurativo e pensionistico, con Mondadori ed Einaudi in quello editoriale, e così via. ùMa, ripeto, risollevare questi macigni che da vent’anni condizionano la vita politica italiana pareva atteggiamento da estremisti. Oltre che nel programma di un anno fa del Partito Democratico se ne trova traccia nel sito di Pippo Civati in una nota dove si legge, fra l’altro, che «deve essere riaffermata l’idea per cui chiunque svolga una funzione pubblica (politica e non) deve farlo senza essere condizionato da propri interessi privati», e che, al fine di ridare trasparenza e quindi moralità alla nostra vita pubblica, e quindi di combattere la corruzione dilagante che concorre ad allontanare gli investimenti stranieri, ci vogliono misure preventive adeguate alla gravità di un problema cresciuto a malattia del sistema-Italia.
Non sappiamo per quali ragioni Graziano Delrio, uomo politico sperimentato, dal carattere posato, certo non impulsivo, abbia concluso la interessante intervista con Lucia Annunziata con quell’impegno («Faremo una legge sul conflitto di interessi») aggiungendovi che «il Paese lo merita» (verissimo) e che il governo Renzi vuole andare in Europa e «dire che non siamo più il Paese che annuncia le riforme ma il Paese che le fa». Sappiamo che ha detto una cosa seria e attesa. Da tanti cittadini. Da tanti anni.

L’Unità 24.02.14