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"La prudenza di Obama, come Kennedy con Cuba", di Sam Tanenhaus

Di colpo lo spettro della Guerra Fredda è tornato. Certi conservatori spingono Obama ad affrontare Putin nella grandiosa tradizione di altri presidenti coi leader sovietici da Stalin a Gorbaciov. Obama quasi l’ha fatto quando ha avvisato «(Mosca) pagherà l’intervento militare in Ucraina». Alcuni insistono che Obama può evitare la guerra civile, dichiarando il sostegno agli ucraini in piazza. Una posizione simile richiama l’“Ich bin ein Berliner” di Kennedy a Berlino Ovest nel 1963, o la visita di Reagan nel 1987 col suo “Tirate giù il muro” indirizzato ai sovietici. Persino Obama sembrava pescare dalla memoria collettiva di vecchie lotte fra superpotenze quando ha dichiarato che l’approccio americano all’Ucraina «non dev’essere visto come una scacchiera da Guerra Fredda dove siamo in concorrenza con la Russia».
L’immagine della scacchiera è una metafora familiare della Guerra Fredda. Però, trae in inganno. Molte scelte ricordate oggi per la lungimiranza, genialità tattica, furono denunciate all’epoca come debolezza. Gesti eclatanti, pubblici valsero meno di altri piccoli, nascosti. Nata con l’età nucleare, la Guerra Fredda fu definita meno dalla conflittualità che dalla cautela, dal compromesso, a volte la ritirata. Anzi, le manovre più costose – in Corea e Vietnam – furono controproducenti, infiammarono le tensioni. La retorica spesso causa problemi. Nel 1952, Eisenhower promise un’aggressiva politica di “liberazione” dal Comunismo. Eppure, optò sempre per la stabilità anziché il conflitto. Quando Mosca inviò l’Armata rossa a Budapest, molti pretesero un’azione: «Cosa fanno l’Occidente e le Nazioni Unite?». Un’eco è nelle parole di McCain, che definisce Obama «il più ingenuo presidente della storia americana», di fronte a Putin che «vuole far risorgere l’impero russo». Eppure, persino la crisi dei missili a Cuba, fu risolta da un accordo segreto: i sovietici non piazzarono i missili a Cuba, Kennedy li ritirò dalla Turchia.
Più o meno lo stesso fece Reagan, con l’emergenza polacca, la repressione di Solidarnosc. Mostrò prudenza. La Polonia e altri satelliti furono liberati, ma questo fu in parte possibile dopo le trattative con Gorbaciov. Calcoli simili ispirano l’approccio di Obama. È forse tempo di disfarsi della metafora della scacchiera. La Guerra Fredda non era affatto un gioco strutturato fra maestri; era un’epoca spaventosa, ad alta tensione; i leader sapevano che un solo passo falso li avrebbe precipitati nell’abisso.

The New York Times

La Repubblica 03.03.14