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"L'ultimatum della Ue per Pompei", di Francesco Prisco

Stavolta non ci saranno tempi supplementari. Il messaggio che arriva dalla Ue è inequivocabile: «Le deroghe non sono possibili. Invece di cercare le eccezioni, la cosa più importante è concentrarsi e lavorare». A parlare è il portavoce del commissario europeo per le politiche regionali Johannes Hahn che, all’indomani delle preoccupazioni espresse dal neo-soprintendente Massimo Osanna, sgombra il campo da qualsiasi ipotesi di richiesta di proroga.
I 105 milioni del Grande progetto Pompei cofinanziato dalla Ue dovranno essere spesi entro il 30 giugno 2015. «Faremo una check list – ha aggiunto – per monitorare da vicino l’avanzamento dei lavori e un punto della situazione pubblico prima della pausa estiva». Parole dopo le quali lo stesso Osanna ha calibrato il tiro, rileggendo a freddo quanto detto il giorno in cui s’è insediato: «Mi sono limitato a esprimere preoccupazione. Chiedere eventuali deroghe non spetterebbe neanche a me». Non sarà certo facile imprimere in poco più di un anno un’accelerazione a un piano d’intervento da 105 milioni che, per ora, vede un solo cantiere consegnato per un valore di appena 853mila euro, cinque cantieri aperti da complessivi 8,4 milioni, sette gare da 20,2 milioni chiuse e in corso d’aggiudicazione e una procedura concorsuale in corso.
Ma al ministero dei Beni culturali vogliono mettercela tutta. E soprattutto, dopo i tre crolli dello scorso fine settimana, dimostrare a Bruxelles che l’Italia si sta impegnando: ieri al Collegio Romano secondo incontro a tema in tre giorni, con il ministro Dario Franceschini, il direttore generale di progetto Giovanni Nistri, lo stesso soprintendente, il segretario generale del Mibact Antonia Pasqua Recchia e il capo di gabinetto Giampaolo D’Andrea.
Tra i temi affrontati, la prevenzione di eventuali nuove emergenze, soprattutto in vista delle piogge che dovrebbero abbattersi sull’area nelle prossime ore. Tra le misure allo studio, l’intensificazione del pattugliamento, anche di notte e nei fine settimana. In più sarà articolato un piano per conciliare conservazione e fruizione. «Da questo preciso momento in poi – ha detto Osanna a margine dell’incontro – lavoreremo alacremente sul versante del Grande progetto, come sulla manutenzione ordinaria. Siamo una squadra nuova, mi piacerebbe che venissimo giudicati per i fatti. Perché ci sono i presupposti per fare bene».
La manutenzione ordinaria, tema sul quale di recente è intervenuto il ministero sbloccando fondi a disposizione della soprintendenza per due milioni, a Pompei è un vecchio cavallo di battaglia del sindacato. «Ma le risorse – commenta Antonio Pepe di Cisl Beni culturali – contano fino a un certo punto. Per prevenire i crolli servono braccia: occorrerebbero squadre di operai, come quelle che c’erano fino a qualche anno fa, pronte a intervenire a seguito delle segnalazioni di pericolo».
Intanto le notizie riguardanti i nuovi crolli sono arrivate anche a Berlino, dov’è in corso l’Itb, fiera internazionale del turismo. «Molti buyer esteri – racconta Raffaele Ercolano di Incoming Italia, consorzio di promozione turistica che riunisce i principali operatori nazionali – hanno chiesto delucidazioni al nostro stand: temevano che i crolli avrebbero portato conseguenze sul piano della fruibilità del sito». Che sul fronte turistico rappresenta da sempre una nota dolente: «Per fortuna – continua Ercolano – la domanda di pacchetti comprendenti Pompei continua a crescere».
Tuttavia se i flussi internazionali arrivano, secondo Ettore Cucari di Fiavet Campania, «non è certo merito del lavoro compiuto dal sistema Italia, quanto piuttosto di operazioni concepite all’estero come la mostra del British Museum o il film “Pompei”. Il guaio è che, dopo le visite, gli utenti si lamentano per le case non visitabili e i servizi approssimativi». Pompei non è a Londra e nemmeno a Hollywood.

Il Sole 24 Ore 07.03.14