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“Non è una battaglia di parte ma una rivoluzione culturale”, di Giovanna Casadio

«Gli uomini di centrodestra hanno un riflesso corporativo… non si può rinunciare alla parità di genere, è il punto qualificante della legge elettorale». Roberta Agostini è la deputata della minoranza dem che ha presentato i tre emendamenti sulle quote rosa, sottoscritti poi da donne di tutti i partiti, da cui è partita la battaglia. E oggi dice di essere «fiduciosa ».
Agostini, è davvero indispensabile introdurre subito la parità nella legge elettorale?
«È un punto che qualifica la legge. In Parlamento nella scorsa legislatura e anche in questa abbiamo approvato una serie di norme per la parità negli enti locali, per le quote nei consigli di amministrazione. Sono gli articoli 3 e 51 della Costituzione a chiedere che la Repubblica promuova con appositi provvedimenti la presenza delle donne nelle istituzioni».
Ma insistendo come voi deputate state facendo, non rischia di saltare la riforma elettorale?
«Io non credo. Non è una richiesta di parte, è un sentimento diffuso, un’esigenza che parla a tutte le cittadine e i cittadini italiani. Un punto che qualifica. E a riprova c’è il fatto che lo schieramento è bipartisan. Donne di tante associazioni inoltre, si sono mobilitate. Prima ancora che fosse scelta la strada dell’Italicum, hanno fatto presente che, qualsiasi fosse la riforma, ogni ipotesi avrebbe dovuto prevedere norme che promuovessero le donne nelle istituzioni».
Gli uomini immaginano di avere così meno posti a loro disposizione?
«Ripeto, c’è un certo riflesso corporativo tra i leader del centrodestra e dicono che sono i partiti a doversi attrezzare. Ma senza regole adeguate non si va da nessuna parte. In Basilicata sono state elette poche donne; in Sardegna ancora meno perché non c’era la doppia preferenza di genere. Le regole servono anche perché accompagnano un cambiamento culturale. Chiaro che è questo a dovere avvenire nella società, nei partiti».
Passerà la parità?
«Sono abbastanza fiduciosa sulla trattativa aperta, si sta chiudende in queste ore… e ricordo che conviene a tutti».

La Repubblica 09.03.14

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Quote rosa, Renzi sfida Forza Italia “Noi pronti al sì, tocca a loro decidere” Toti apre, spiragli per una intesa, di GIOVANNA CASADIO

Uno spiraglio c’è. La parità nella nuova legge elettorale potrebbe passare con l’ok all’emendamento che prevede un rapporto di 60% uomini e 40% donne capolista. È il compromesso di cui si sta discutendo. Lorenzo Guerini per il Pd e Denis Verdini per conto di Berlusconi sono gli ufficiali di collegamento dei due schieramenti. Alfano ha fatto sapere che ci sta. Ma di strada ancora ce n’è tanta, e tutto si deve chiudere entro le 9,30 di domani, quando a Montecitorio è convocato il comitato ristretto della commissione poco prima dell’aula. Il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi – che ieri si è dedicata soprattutto ad abbozzare il disegno di legge per l’abolizione del Senato – getta acqua sul fuoco: «Sulla parità proveremo a migliorare la legge ma ci deve essere l’ok di tutti».
Niente fughe in avanti insomma nel Pd, nonostante il pressing delle deputate sia fortissimo e bipartisan. Anche i presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Piero Grasso incalzano sulle norme paritarie. Forza Italia è divisa e soprattutto i manovratori della macchina forzista, cioè Verdini e Renato Brunetta sono riluttanti. Ma Giovanni Toti, il consigliere politico di Berlusconi, apre al dialogo: «Non abbiamo bisogno di lezioni da parte di nessuno sulla parità di genere. Comunque Forza Italia non è contraria a priori».
Il premier Renzi è preoccupato. Con i collaboratori si è sfogato: «Ho fatto la parità da presidente della Provincia, da sindaco, da segretario, da premier. Qualcuno ha da dirmi qualcosa su questo?». Non ci sta il capo del governo a diventare bersaglio del pressing per le quote rosa. «Io sono pronto a votare un emendamento – chiarisce – sia sul 60-40, sia sul 50-50, tanto noi del Pd faremo comunque liste fiftyfifty ». Però il timore vero è che ci sia un uso strumentale della questione. Renzi infatti avverte: «L’argomento della parità non può essere usato per fare saltare la riforma elettorale. Non posso mettere le dita negli occhi di Forza Italia, che ne sta discutendo… ». Ha anche il sospetto che «qualcuno stia forzando per provare a rimettere tutto in discussione alla vigilia dell’approvazione. Faccio notare che non esiste in nessun paese del mondo una norma del genere. E che il mio è il quinto governo in tutto il mondo in cui c’è la parità di genere ». Debora Serracchiani, “governatrice” del Friuli e probabile portavoce della segreteria dem nel nuovo organigramma, osserva: «Il tema della parità riguarda la sfida culturale dell’uguaglianza, ma ci vuole l’accordo delle altre forze per condurre in porto questa battaglia nella legge elettorale.
Il Pd ha le idee chiare e le norme interne adeguate».
La partita dell’Italicum è assai complessa, legata alla trasformazione del Senato in Camera delle autonomie, poiché la nuova legge elettorale varrà solo per la Camera. Gaetano Quagliariello, il coordinatore degli alfaniani, annuncia che a Palazzo Madama riprenderà la lotta per ottenere le preferenze: «Noi sulla legge elettorale abbiamo dimostrato tutta la responsabilità possibile, ma non possiamo mettere da parte le nostre battaglie in nome di un accordo a due stretto all’ora del caffè in una piazzetta romana. Per questo anche al Senato continueremo a batterci perché il prossimo non sia un Parlamento di nominati e perché gli elettori possano scegliere i propri rappresentanti». Per Berlusconi è un punto che non si tocca né ora né poi: devono restare le liste corte e bloccate.
Di nodi ancora da sciogliere ce ne sono tanti. Non è stato ancora ritirato l’emendamento sulle primarie obbligatorie presentato da Marco Meloni, democratico. Il presidente della commissione Affari costituzionali, Francesco Paolo Sisto è scettico su accordi in vista: «Non vedo segnali di fumo…». Dal punto di vista costituzionale – sottolinea – la parità che si vuole introdurre nell’Italicum è «una follia, da garantire è la parità di accesso, non di elezione». Scelta civica poi chiede un vertice di maggioranza. Stefania Giannini, leader dei montiani e ministro della Pubblica Istruzione, rilancia l’appello a Renzi: «Bene il Pd, se si interviene sulla parità di genere, ma ci sono anche altri punti. Chiediamo un incontro di maggioranza nel passaggio della legge elettorale tra la Camera e il Senato. È giusto che il Parlamento faccia la sua parte».

La Repubblica 09.03.14