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"Parte il nuovo Fondo di garanzia per le Pmi", di Giulia Pilla

Il credit crunch è uno delle conseguenze peggiori della crisi, se non altro per l’effetto domino che suscita nelle vita di un’impresa. Una risposta viene dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese che da oggi inizia una nuova fase dopo le novità e il potenziamento deciso con il cosiddetto «decreto del fare». Sono stati in- fatti ampliati e semplificati i criteri per accedervi, ampliata anche la platea e alzato il tetto massimo di copertura del debito garantito dallo Stato che può salire fino all’80%. L’obiettivo è sostenere circa centomila pmi.

ADDIO ALLA CARTA

Questa mattina apriranno gli sportelli telematici attraverso i quali poter presentare le domande. Tra le novità c’è infatti quella del superamento della carta: il portale di riferimento www. fondidigaranzia.it resta lo stesso, del tutto nuova invece la piattaforma online per la presentazione e la gestione delle operazioni che consentirà la «de- materializzazione» dei relativi documenti e permetterà di monitorare in tempo reale lo stato delle richieste. Tutte le comunicazioni da e verso il Fondo dovranno essere inviate esclusivamente tramite il nuovo portale o la posta elettronica certificata. Fin qui il metodo. Le novità più importanti riguardano però i criteri: potranno accedere alle garanzie anche alle imprese con bilanci peggiorati per effetto della crisi. Inoltre potranno accedere – ed è la prima volta – i professionisti iscritti agli ordini professionali. Quanto alle percentuali di copertura del Fondo, potranno salire in alcuni casi da un massimo del 70 all’80%.

Non si tratta dell’unica iniziativa messe in campo per sostenere un tessuto produttivo estremamente esposto alla recessione. Spesso accusate di tenere stretti i cordoni della borsa con- cedendo credito solo a chi può offrire garanzie (e quindi non è in difficoltà), le banche si difendono precisando che dal 2009 a oggi sono oltre 400mila le piccole e medie imprese hanno beneficiato delle iniziative messe in campo dagli istituti di credito coordinati dall’Abi. Si tratta – viene spiegato – di uno «sforzo enorme in un momento in cui l’economia italiana ha conosciuto una fase di recessione-stagnazione tra le più profonde e persistenti di quelle registrate negli annali delle statistiche economiche del dopoguerra», riferisce l’associazione delle banche.

«Ciò – prosegue l’Abi – con il risultato della perdita di 9 punti percentuali di Pil, di circa 27 punti di investimenti fissi lordi e di quasi un quarto della produzione industriale – oltre che di una flessione rilevantissima del reddito disponibile delle famiglie e quindi dei consumi». In questo scenario si sono inserite le iniziative che l’Abi ha raccolto in un documento che porterà all’attenzione del governo.

L’azione di intervento si è sviluppata in quattro fasi: dal dare respiro finanziario alle imprese in difficoltà, all’individuazione di imprese sane e con prospettive di crescita, finalizzate al riequilibrio della struttura finanzia- ria per finire col garantire risorse finanziarie alle Pmi che, pur registrando tensioni sul fronte della liquidità, presentavano comunque prospettive economiche positive.

OLTRE 10MILA FALLIMENTI

Iniziative che hanno solo potuto frenare quella che ormai è una vera e propria moria. Gli ultimi dati (purtroppo negativi) sono stati forniti dalla relazione del Garante delle pmi, Giuseppe Tripoli di recente presentata al Par- lamento. Il saldo tra iscrizioni e cessazioni è stato il peggiore degli ultimi anni: oltre 10mila i fallimenti negli ulti- mi 12 mesi, «livello mai raggiunto nel decennio precedente». Nel 2013, a fronte di 1.053 imprese nate al giorno, 1.018 hanno chiuso. E il credit crunch è tra le cause prevalenti il Garante stima, in proposito, costi superiori del 160 % rispetto a una piccola o media impresa concorrente tedesca o francese.

L’Unità 10.03.14