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"Caro Renzi, ecco la scuola che non va", di Adriana COmaschi

Caro Renzi, ecco cosa non va nelle nostre scuole. Famiglie e docenti di Bolo- gna, Modena e Ferrara raccolgono l’invito lanciato dal presidente del Consiglio alla sua prima visita in un aula a Treviso, «segnalate a matteo@governo.it quello che non va». E in attesa di vederlo magari in Emilia, mettono nero su bianco le difficoltà di ogni giorno. Perché la messa in sicurezza degli istituti «non adeguati, talvolta nemmeno dignitosi» è uno dei punti sottoposti al premier. Ma le emergenze hanno anche altri nomi: fon- di per le scuole azzerati, mancanza di in- segnanti di sostegno e per l’alfabetizzazione degli alunni stranieri, classi sovraffollate.

I presidenti dei Consigli di Istituto e di Circolo della provincia di Bologna, comitati genitori, coordinamento insegnanti delle medie e associazioni di Modena, famiglie di alcuni centri in provincia di Ferrara mandano dunque un segnale, per ricordare al Miur del ministro Stefania Giannini che i problemi non si esauriscono con il grande piano di edilizia scolastica, che dovrebbe contare come ribadito ieri dal sottosegretario all’Istruzione Roberto Reggi su 10 mila interventi di riqualificazione («2.500 in una graduatoria del Miur del 2013 per cui sono già stati stanziati 150 milioni. Altri 8mila poi, uno per ogni comune, possono partire subito. Oggi scade il termine per i sindaci per presentare la propria richiesta di intervento»). In cima a la lista dei problemi il mondo della scuola emiliano mette il nodo fondi pubblici, i «10 miliardi sottratti alla scuola negli ultimi anni» e le «risorse per il Migliora- mento dell’Offerta Formativa, tagliate del 30% quest’anno rispetto al precedente».
In concreto, significa che le scuole vanno avanti solo grazie ai contributi delle famiglie, «ai materiali (carta, sapone) da anni forniti dai genitori si aggiungono somme in denaro: in provincia di Bologna pressoché tutti gli istituti sono costretti a chiederli, per le superiori addirittura rappresentano la fonte di finanziamento principale», con in media di un centinaio di euro l’anno. E allora addio ai progetti, «praticamente azzerati»: le uscite didattiche sopravvivono se gratuite, scomparsi i laboratori che un tempo facevano la qualità della didattica, viaggi d’istruzione, sport, teatro resistono se sono le famiglie a pagare. Manca- no le risorse perfino per le ore di recupero di chi ha debiti formativi, anche queste coperte con i contributi ‘volontari’ delle famiglie.

IL DANNO E LA BEFFA

Oltre al danno la beffa: perché tutte le scuole vantano crediti da decine se non centinaia di migliaia di euro dallo Stato, soldi anticipati soprattutto per supplenze brevi. Cifre che i genitori hanno sott’occhio negli organi collegiali, e che vorrebbero vedere restituite. «Il liceo dei miei figli è in credito di 45 mila euro racconta ad esempio Luisa Carpani, presidente dei Consigli di Istituto di Bologna -, ma ci sono istituti superiori a cui sono dovuti anche 135 mila euro». In queste condizioni, «si fa fatica – notano ancora gli autori della lettera – perfino a garantire il normale funzionamento della scuole». Se a questo si aggiunge la riduzione dei fondi per le pulizie, «del 40% solo quest’anno, associata al taglio del personale Ata» si arriva a situazioni come quella «di elementari della provincia dove verranno fatte solo due volte la settimana – racconta ancora Carpani -, di togliere la polvere neanche a parlarne». Altro nodo dolentissimo la carenza di docenti, «in Emilia-Romagna a settembre 2013 c’erano 8-9 mila studenti in più, l’ 1,7% in più mentre gli insegnanti crescono solo dello 0,9%, questo si tra- duce in classi pollaio con anche 32 alunni, pure in presenza di ragazzi disabili».

Un tema rilanciato da Domenico Alta- mura, già coordinatore dei presidi di Bologna e ora dirigente dell’istituto comprensivo 5 con classi dalla materna alle medie. «Servono più risorse umane e più formazione. Siamo del tutto privi di una seria politica di integrazione degli stranieri, che comincia a scuola ma per cui mancano docenti – riassume Altamura -: occorre formare gli insegnanti in servizio e implementare gli organici, per l’alfabetizzazione ma anche per sostegno, dislessia e Bisogni educativi speciali. Nel mio Ic ho 36 bambini certificati: lo Stato mi dà solo 22 docenti di sostegno per 18/24 ore la settimana, il Comune 24 educatori per 36 ore: senza questi ultimi sarei morto, e già così facciamo fatica».

L’Unità 15.03.14