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“Il Jobs Act va bene così tra 10 mesi vedrete i risultati”, di Luisa Grion

Ecco ministro parliamo dei paletti levati: aumentare le possibili proroghe di un contratto a termine da una a 8 volte entro 36 mesi senza dovere nemmeno specificare le causali, è o no, come dice Susanna Camusso della Cgil, un inno alla precarietà?
«No, perché queste modifiche permetteranno all’azienda di assumere con maggiore tranquillità e daranno ai lavoratori maggiori possibilità di ottenere tre anni continuativi di lavoro».
Tre anni con il cuore in gola ogni quattro mesi per l’attesa del rinnovo e con l’impossibilità di ottenere un mutuo in banca?
«Chiariamo una cosa: oggi di contratti a termine che durano 36 mesi ne vedo in giro pochissimi. Le aziende, temendo vertenze proprio sulla causalità, mandano a casa i ragazzi dopo pochi mesi e ne assumono altri al loro posto. I paletti previsti dalla riforma Fornero avevano il giusto obiettivo di limitare l’uso dei contratti temporanei, ma hanno prodotto l’effetto inverso. Questa situazione merita di essere difesa? Allora io, come ministro non ho capito nulla ».
Secondo lei il lavoro si crea aumentando la flessibilità?
«No, ma oggi il 67,9 per cento delle assunzioni è a termine. Devo partire da qui e dal fatto che nel quarto trimestre del 2013 ci sono stati circa 2,3 milioni di avviamenti di rapporti e oltre 3 milioni di dismissioni. Il mercato del lavoro è una porta che gira, devo cercare di stabilizzarla. Se facilito l’azienda nel rinnovare il contratto allo stesso ragazzo per tre anni di fila, è più probabile che alla fine dei tre anni – sempre che la domanda di lavoro persista – quell’imprenditore decida di assumerlo a tempo indeterminato, visto che il contratto a termine, quanto a contributi, è più caro dell’1,4 per cento. Poi so che la ripresa ha bisogno di altro e che l’impresa assume solo quando è sicura di dare lavoro. Per questo – oltre al decreto – il governo ha promosso investimenti, ha messo soldi nelle buste paga, ha sbloccato l’edilizia scolastica ».
Ma essere osannato dagli industriali di Torino, che parlano di misure «perfette», e criticato dal sindacato le crea qualche imbarazzo?
«Mi assumo le responsabilità delle scelte fatte. Susanna Cammusso, lo so, è in buona fede, fa bene il suo mestiere e se ha dei dubbi è giusto che li faccia pesare. Io ci ho pensato bene, perché di certo la derugulation non è la mia mentalità. Ma avere norme giuste che non producono effetti o ne producono di contrari è peggio.
Guardo ai fatti, ai numeri e ai processi e vedo che oggi – pur di non dover rispondere a quel vincolo che lo obbliga ad assumere il 30 per cento degli apprendisti formati prima di chiederne altri – l’azienda manda a casa i ragazzi prima del previsto, senza dar loro nemmeno la qualifica. Io sono più interessato
al futuro di quei ragazzi che alla perfezione della norma».
La Cgil vi chiede di cancellare il decreto e vi offre collaborazione sul contratto unico, accettate la proposta?
«No, il decreto va avanti così. Poi certo, non siamo infallibili e il dibattito in Parlamento farà il suo corso».
Da precarietà in precarietà, cosa farete per i co.co.co e la marea di partite Iva di cui fino ad ora non vi siete occupati?
«Ce ne occuperemo quando affronteremo la partita dei contratti e l’obiettivo che ci muove è chiaro: non permetteremo finzioni».
Parliamo di cassa integrazione in deroga. Per coprire le esigenze del 2014 manca un miliardo, lo avete trovato?
«No, ho segnalato il problema e il governo troverà la soluzione ».
Ma visto che la cassa in deroga è destinata a scomparire come funzionerà il sussidio universale di disoccupazione?
«La riforma degli ammortizzatori sociali si muoverà attorno ad un criterio cardine: ognuno dovrà avere un ruolo. Nessuno starà a casa aspettando il sussidio, sarebbe troppo facile fare come nel passato: ti do quattro soldi e tu non rompi le scatole. Il principio che muove l’intera politica di questo governo – si parli di carcerati, anziani, immigrati – è che tutti dovranno avere un ruolo. Metteremo assieme – come già succede nel mio ministero – il welfare e il lavoro, due temi che sono strettamente correlati visto che due terzi dei problemi che insorgono nel primo sono causati dalla mancanza del secondo. Chi avrà diritto ad un sostegno, perché senza occupazione o in difficoltà, dovrà restituire alla collettività il favore ottenuto. Sarà un vero e proprio cambio di mentalità rispetto ai lavori socialmente utili, perché lì il comune ti pagava se facevi qualcosa, qui ti rimetti in gioco. Stiamo già lavorando con i sindaci e con il terzo settore, prenderemo spunto da esperienze già attivate in singoli municipi per costruire un modello comune. Anche questo sarà un modo per cambiare il Paese».
Oltre al Paese, dice il Premier Renzi, bisogna cambiare anche l’Europa. Ma come riusciremo a convincerla a modificare le regole se il nostro debito pubblico continua a correre?
«Legge elettorale, riforme istituzionali, lavoro, pubblica amministrazione: abbiamo un obiettivo al mese, già stiamo dimostrando che siamo cambiati, che ora crediamo che le cose si possano fare. Comunque sono convinto, come Renzi, che anche l’Europa debba cambiare: se continua così perderà il suo posto nel mondo».

La repubblica 16.03.14