attualità, politica italiana

"Al di là del bene e del Maalox", di Luca Landò

Alla fine ha ceduto. Come il braccio del Dottor Stranamore, che si tende all’improvviso rivelando l’anima segreta dell’ex generale tedesco, il blog di Grillo ha mostrato mercoledì la vera natura dell’ex comico genovese. Difficile dire se alla notizia delle difficoltà economiche de l’Unità (sai che scoop) l’avambraccio del leader sia partito davanti alla tastiera in un destro saluto: cose d’altri tempi e d’altri luoghi (anche se la maschia traversata del- lo Stretto a nuoto qualche neurone lo aveva riscaldato).

Sappiamo però che l’idea di avere meno voci e meno giornali (soprattutto il nostro) ha eliminato del tutto i già scarsi freni inibitori del guru a cinque stelle che preso dall’entusiasmo, non solo ha smesso di assumere la quotidiana dose di Maalox, ma ha messo nero su bianco (più il primo che il secondo) il suo candido pensiero: «Meno giornali significa più informazione».

Che il tipo fosse allergico alle più elementari forme di democrazia lo avevamo sospettato da tempo. Dal «non ti faccio parlare» urlato a Renzi in diretta streaming, al divieto di partecipare ai talk show (salvo andarci lui di persona) fino alle liste di proscrizione per i giornalisti non allineati, è lungo l’elenco dei comportamenti squadristi che Grillo ha tenuto per quasi due anni, alternandoli a battute volutamente esagerate con il solo scopo di meglio veicolare messaggi antilibertari, antidemocratici o più genuinamente fascisti. Quella di Grillo non è la banalità del male, ma la sua banalizzazione. Mischiando l’iperbole comica («vivisezioniamo Dudù») con quella politica («io non sono Hitler, sono oltre») il comizio diventa uno spetta- colo dove, ridendo a crepapelle, si applaude il leader che invoca un mondo senza quotidiani e un consenso al cento per cento che nemmeno l’Argentina di Videla.

Certo, è tutto uno scherzo e tutto un ridere. Intanto però, nello stesso giorno e sullo stesso blog in cui si rideva per l’agognata fine de L’UNI- TÀ e la «buona notizia che i giornali chiudono», verso le 17 è comparso sul sito l’annuncio della santa alleanza tra il Movimento di Grillo e il partito xenofobo dell’Ukip. Già, per- ché in attesa di sapere, mercoledì prossimo, se davvero Beppe è uscito dal blog (lo vedremo nell’incontro streaming sulla legge elettorale), mercoledì scorso i grillini sono entrati in un gruppo europeo e sul simbolo del Movimento sono comparse altre stelle. Sei per la precisione.

La prima è quella di Nigel Farage che, al pari di Grillo, è un sostenitore dell’oltrismo quella strana visione politica che gli consente di dire, esattamente come l’amico genovese, «non sia- mo di destra o di sinistra, siamo oltre». In effetti quelli dello Uk Independence Party sono oltre l’assistenza sanitaria per tutti, visto che ne chiedono drastici tagli e di sicuro vorrebbero andare ben oltre le attuali spese militari di cui pretendono robusti incrementi. Sono oltre l’effetto serra e oltre la green economy perché, dicono, il primo non esiste e la seconda è una bufala: molto meglio tornare al caro vecchio nucleare, ovviamente passando oltre i problemi della sicurezza e delle scorie. Dove oltre non si può andare, sono invece gli immigrati che «rubano il lavoro» e soprattutto i matrimoni gay, che dopo la legge voluta da Cameron sarebbero la causa delle intense alluvioni in Inghilterra. Ne è convinto David Silvester, consigliere comunale dell’Ukip (per fortuna sospeso a gennaio): «Le sacre scitture dicono palesemente che quando una nazione agisce contro il messaggio del vangelo verrà colpita da calamità naturali».

In questa politica dell’aldilà, anzi dell’oltre, cadono vecchi pregiudizi e si aprono nuove alleanze, visto che per formare un gruppo al Par- lamento europeo servono partiti di sette Paesi diversi. Così, insieme a Farage e Grillo, nel nuovo raggruppamento «Europa per la Libertà e la Democrazia» (Edf) compaiono personaggi di “oltre-destra”. Come Kristina Winberg, (seconda stella a destra, direbbe Bennato) neoletta deputata di un partito, Demokraterna, fondato nel 1988 da Gustav Ekstrom, ex volontario svedese delle Ss e i cui sostenitori, come ha ricordato Paolo Soldini su queste pagine, «fino alla metà degli anni Novanta erano invitati a mettersi in divisa militare quando compariva- no in pubblico». O come Roland Paksas (terza stella), leader lituano di un partito chiamato Ordine e giustizia (Tvarka Ir Teisingumas) che Anders Breivik, autore della strage di Utoja, ha definito «uno dei più rispettabili d’Europa». Di sicuro, il rispettabile Paksas nel 2003 è stato eletto presidente della Repubblica, ma tredici mesi dopo è stato cacciato con procedura di impeachment, l’unica in Europa, per una mazzetta da 400 mila dollari ricevuta dalla mafia russa.

Nella squadra degli “oltre” c’è anche la francese Joelle Bergeron (quarta stella) candidata nel Front National di Marine Le Pen con la pro- messa che, una volta eletta, avrebbe lasciato il posto a un altro. Peccato che, una volta a Bruxelles, la signora abbia fatto il gesto dello ombrello, lo stesso usato da Maradona per rispondere a Fazio che gli chiedeva delle tasse evase in Italia. Insieme a lei siederanno un professore di Praga (quinta stella) che vuole liquidare l’Unione europea e (sesta stella) un rappresentante dei “contadini verdi” della Lettonia a cui deve essere sfuggito il programma nucleare di Nigel Farage. Per completare il firmamento dei magnifici sette manca a questo punto sol- tanto la firma del «Congresso della Nuova Destra» polacco, una “pacifica” formazione decisa a ripristinare la pena di morte.

Poiché le stelle sono tante, milioni di milioni recitava un’antica pubblicità, viene da chiedersi se nell’universo delle formazioni europee non ci fosse niente di meglio. Soprattutto vorremmo sapere che ne pensano gli elettori che il 25 maggio hanno votato Cinque Stelle. Per- ché è vero che il 12 giugno il voto grillino della rete ha scelto l’alleanza con il «simpaticissimo» Farage, ma il parere dei 23.191 che hanno votato online rappresenta davvero quello dei 5.784.000 elettori grillini delle Europee? Non sarebbe stato più onesto annunciare prima del voto, anziché dopo, che i deputati europei a Cinque Stelle avrebbero lavorato e votato insieme a una voltagabbana francese, una nostalgica nazista, oltre a omofobi polacchi, razzisti inglesi e sostenitori dei raid notturni per cacciare gli stranieri dalla “vera” Svezia?

È vero, la regola europea delle sette nazionalità impone salti mortali e Bruxelles, non solo Parigi, val bene una messa. Ma la nascita del nuovo eurogruppo certifica la fine ufficiale della retorica “oltrista” usata finora da Grillo e Farage, perché i loro compagni europei di viaggio, non sono ambiguamente «oltre la destra e la sinistra», ma autenticamente e oggettivamente di destra estrema.

Qualcuno l’ha definita un’armata Brancaleone o, meglio ancora, una «ribollita europea» dettata solamente dalla necessità di avere una voce al Parlamento. Sarà, ma mentre la ribollita è un divino piatto toscano che ben amalgama verdure diverse e lontane, l’eurogruppo di Grillo&C. (che comunque vale 30 milioni di sovvenzioni) sembra un confuso ortomercato dove, volendo, trovi davvero di tutto. Ma qui si apre un problema, perché il regolamento europeo richiede che tra i partiti che formano il gruppo ci sia anche «affinità politica». E qui delle due l’una: o quell’affinità non esiste (ma allora qualcuno potrebbe chiedere un’inchiesta e valutare lo scioglimento dell’Edf) oppure Grillo, Farage e i nazionalisti svedesi e polacchi hanno davvero una comune visione politica. Basta saperlo.

L’Unità 22.06.14