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"E se l'Europa avesse torto?", di Mariangela Colombo

Leggo la nota Cidi, Anticipo a 5 anni, perplessità e questioni aperte, a firma di Giuseppe Bagni, e debbo dire di sottoscriverne ogni riga. Ma sono soprattutto le prime parole di quella nota che mi fanno sussultare: “L’Europa ci chiede che il ciclo di studi…”
Ma come?! Abbiamo dichiarato a gran voce, governo dopo governo, parlamento dopo parlamento, che le riforme non dobbiamo farle “perché ce lo chiede l’Europa”, ma solo quando e se esse vengano considerate necessarie per l’evoluzione e il miglioramento del Paese!

Ora arriva una nuova ministra, di provenienza universitaria e – per così dire – di estrazione politica liberal-democratica, e subito – senza colpo ferire – tira fuori dalla scarsella l’invito ad allinearci a quello che vuole (e un po’ ovunque fa) l’Europa, ossia licenziare dalla superiore gli studenti diciottenni, e quindi tagliare di un anno la loro frequenza scolastica, ovviamente provvedendo a ghigliottinare l’ordine e grado considerato come il meno importante, il meno doloroso, il meno significativo e (soprattutto, e tuttora…) il meno normato: quello della scuola materna.

Il tutto, alla faccia dell’alta – per non dire altissima – qualità di quella che – in tutto il mondo – veniva considerata non solo l’esperienza didattica di quell’ordine di scuola (e non solo nell’Emilia Romagna, ma un po’ ovunque in Italia), ma anche di quegli “Orientamenti per la scuola dell’ infanzia” che – alla fine degli Anni 2000 – vennero presentati in tutto il nostro Paese, con lo scopo di generalizzare la didattica e la pedagogia destinate ai bambini dai 3 ai 6 anni, e – alle loro spalle – alle famiglie e al territorio in cui vivevano.

Ora, mi chiedo: ma, insomma, vogliamo o non vogliamo davvero che l’Europa (“questa” Europa) cambi? Lo so bene: noi siamo come Davide che combatte contro Golia, o – se lo si preferisce – come Don Chisciotte che vorrebbe abbattere i suoi fantasmi.

So anche che – qua e là – sono apparse – anche in anni recenti e recentissimi – proposte articolate di riforme, tutte miseramente fallite (o sepolte) sotto le macerie procurate dalla deflagrazione (seguita da una cancerogena polluzione) della Grande Crisi europea e mondiale, cui hanno fatto seguito gli aggiustamenti, gli accomodamenti, gli avvicinamenti (e avvicendamenti ideologici e finanziari ), riassunti nella raccomandazione/imposizione di una spending review a una sola direzione: quella del “tirate la cinghia, se volete uscire dal baratro”.

Ma – come la leggenda insegna – non è stato Golia quello che ha vinto: è stato il piccolo Davide.
E allora, perché non ripetere l’atto chiarificatore che fu compiuto da quel bambino che – sempre secondo la leggenda – disse (alla folla osannante e vigliacca che fingeva di non vedere): “Il re è nudo”?
Perché non adoperarci per superare definitivamente quest’ennesima indecenza, fornendo – noi “piccoli Davide” come siamo – la raccomandazione più giusta e più vera, e cioè quella di suggerire all’intera Europa di riformare tutte le scuole di tutte le nazioni che ne fanno parte, portando l’interociclo di studi di tutti i giovani europei fino al diciannovesimo anno di età?

Torniamo a occuparcene. Col coraggio che ci viene da una lunghissima esperienza sul campo e dal nostro inesauribile spirito di ricercatori.
In due parole, dalla nostra competenza professionale

da “Insegnare”