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"Se l'Emilia è donna", di Enrico Grazioli

Un’altra legge? Ce n’era proprio bisogno nel paese dei mille codici e dei milioni di decreti? Sì. Ci voleva qualcuno (e guarda caso è stata l’Emilia Romagna) che avesse il coraggio e la determinazione per immaginare e far approvare tra le prime in Italia una legge quadro per la parità e contro le discriminazioni di genere. Certo, non sarà un testo legislativo regionale a cambiare i destini delle donne; non si pareggeranno le opportunità né si elimineranno le violenze per ordine di un Palazzo: ma non c’è alcun valore per una comunità che possa essere difeso, condiviso e fatto crescere se non è recepito almeno in una legge, filo della trama e dell’ordito di ogni convivenza civile. E ancora una volta va riconosciuto a questa regione il merito di aver dato l’esempio (se non di aver proposto un modello, ancora) di ciò che si può e si deve fare. Gli ambiti e le norme vanno dal riequilibrio della rappresentanza e dell’accesso nelle sedi politiche e istituzionali alle agevolazioni in tema di lavoro, scuola, sanità e welfare con tutele e incentivi. Naturalmente ci sono, nel testo, tutti i Tavoli, i Comitati, gli Osservatori e le Commissioni dove abitualmente vanno a soffocarsi le migliori intenzioni di tanti provvedimenti di legge nati per rispondere a un bisogno di legalità e di bene comune più diffuso. E manca, per ora, una chiara definizione delle risorse che saranno rese disponibili perché questa legge cammini con le sue gambe e non solo sui sorrisi delle donne che l’hanno fatta approvare. Toccherà probabilmente ancora una volta a loro fare uno sforzo in più, perché dalle parole si passi a una consapevolezza e a un’azione costanti. Non solo per rivendicare (cosa legittima e sacrosanta) una parità negata nei fatti e dai fatti, ma anche per fare dell’Emilia il primo terreno fertile per quell’alleanza tra donne e uomini che chi ha steso la legge pone alla base di una vera democrazia paritaria: capace di far germogliare futuro dalla ricchezza della diversità coltivata nell’uguaglianza. E quelle parole, che le donne emiliane hanno saputo per prime trasformare in legge, sono già patrimonio di tutti.

da La Gazzetta di Modena