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"Lavoro, sprofondo rosa: boom di donne disoccupate", da L' Unità

Attestata nel nostro Paese su livelli record ormai da mesi, la disoccupazione non accenna minimamente ad un’inversione di tendenza. Anzi, come certificato dai dati diffusi ieri, il costo della vita ritorna persino a salire, un andamento che per Susanna Camusso dimostra «come in assenza di politiche per la creazione di lavoro è difficile pensare che la disoccupazione si riduca». Ed un’ulteriore brutta notizia sta nell’incremento del numero di donne prive di un posto di lavoro, un dato in netta controtendenza rispetto a quello maschile, tanto da attestarsi nel mese di maggio su livelli da primato.

Dunque, il tasso di disoccupazione a maggio è lievemente cresciuto, atte- standosi sul 12,6% (12,5% in aprile), con un incremento dello 0,1% su mese e dello 0,5% su anno. In questo modo l’indice è tornato ai livelli di marzo, vicino ai massimi storici del 12,7% registrati sia a gennaio che a febbraio. Numeri diffusi dall’Istat che ha quantificato in 3.222.000 il numero dei disoccupati, in aumento dello 0,8% su mese (pari a 26mila in più) e del 4,1% su base annua (in crescita di 127mila unità). Nel dettaglio, i disoccupati tra i 15-24enni sono 700mila: l’incidenza dei giovani senza lavoro sul totale dei cittadini della stessa classe di età (compresa la maggioranza che è ancora impegnata negli studi) è pari all’11,7%, cioè più di uno su dieci non svolge alcun mestiere, in crescita di 0,2% su mese e di 1,1% su anno. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, cioè la quota di giovani disoccupati sul totale di quelli attivi, occupati e non, è invece pari al 43%, in calo di 0,3% su mese ma in aumento del 4,2% su anno. Ed ancora, a maggio gli occupati risultano essere 22.360.000 (+0,2% su mese pari a +52mila, -0,3% su anno pari a -51mila). Il tasso di occupazione è al 55,5%, in crescita dello 0,1% su mese e in calo dello 0,1% su anno.

Continuando ad esaminare i numeri forniti dall’Istituto nazionale di statistica, si nota come il numero di inattivi tra i 15 e i 64anni è in calo dello 0,5% rispetto al mese precedente, e dell’1% nel paragone con un anno prima. Il tasso di inattività è così attestato al 36,3%, in calo di 0,2 punti percentuali su mese e di 0,3 punti su base annua. A maggio, poi, la disoccupazione cala per la componente maschile dell’1,6% ma cresce per quella femminile addirittura del 3,8%; su anno il numero dei disoccupati cresce sia per gli uomini, +2,2%, sia per le donne, +6,3%. Continuando a ragionare per genere, il tasso di disoccupazione maschile si attesta all’11,7%, in calo di 0,2 punti su mese e in aumento dello 0,2 punti su anno; di contro, quello femminile è pari al 13,8%, in crescita di 0,5 punti su mese e di 0,8 punti su base annua. In quest’ultimo caso si tratta dell’indice più alto dall’inizio delle serie storiche risalente al 2004 e, considerando i dati trimestrali destagionalizzati, dal secondo trimestre 2000.

DIFFERENZE RILEVANTI

Del resto, la differenza fra uomini e donne in tema di opportunità lavorati- ve emerge pure da ulteriori dati. Infatti, l’inattività, sempre a maggio, diminuisce dello 0,8% fra gli uomini e solo dello 0,3% fra le donne; in calo anche a livello tendenziale dell’1,8% fra gli uomini e dello 0,6% fra le donne. I giovani inattivi sono invece 4.355.000, in calo dello 0,9% su mese, pari a 40mila in meno, e dello 0,6% su base annua, ossia 28mila in meno. Il tasso di inattività dei giovani tra 15 e 24 anni si attesta così al 72,8%, in calo dello 0,6 punti su mese e stabile su base annua. L’occupazione, sempre a maggio, è aumentata dello 0,6% fra gli uo- mini ma è calata dello 0,3% fra le donne, ed anche su base annua l’occupazione registra un incremento dello 0,3% fra gli uomini e diminuisce dell’1% fra le donne. Netta la differenza fra i sessi in relazione al tasso di occupazione maschile, che è al 64,8% (+0,3 punti su mese, +0,2 punti su anno) mentre quello femminile è ancorato al 46,3% (-0,2 punti su mese, +0,3 punti su anno). Infine, a maggio nella fascia dei giovani tra i 15 e i 24 anni gli occupati sono 928mila, in aumento del 2,7% rispetto ad aprile, pari a 24mila in più, ma in calo del 7,7% su base annua, cioè 77mila in meno. Il tasso di occupazione giovanile è così fissato al 15,5% (+0,4 punti su mese, -1,2 punti su anno).

Per il segretario generale della Cgil, come detto, per invertire il trend sulla disoccupazione bisogna investi- re nel lavoro. «È evidente che le difficoltà del Paese continuano ad esserci – ha dichiarato Susanna Camusso a margine di un seminario al Cnel – e siccome non sono state fatte politiche per la creazione di lavoro è difficile pensare che la disoccupazione si riduca». Per la leader della Cgil «o si investe direttamente nella creazione di lavoro e si inverte la tendenza, o saremo costretti a registrare mese dopo mese un peggioramento della disoccupazione». Secondo Camusso va quindi ripensato «il modello di sviluppo e di coesione sociale. La crescita non può essere solo legata all’export di beni».

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«Mancano politiche sociali per sostenere le lavoratrici», di Chiara Saracebi

«Da un lato c’è questo dato allarmante – commenta la sociologa Chiara Saraceno -, ennesimo effetto della crisi, con la disoccupazione femminile che torna ad aumentare ben di più di quella maschile. Dall’altro c’è l’evidenza di un problema cronico, per risolvere il quale non può bastare la capacità delle donne, per quanto ammirevole, di organizzarsi, di cercare di conciliare la famiglia con l’attività lavorativa». Vuole dire che fra vent’anni potremmo essere qui a fare la stessa intervista?

«Il rischio c’è, anche perchè la via maestra per risolvere il problema della diversa incidenza della disoccupazione femminile sta nelle politiche sociali. Un argomento, questo, che tornando all’attualità non mi sembra la principale preoccupazione dell’attuale governo».

Che cosa rimprovera all’esecutivo?

«Mi limito a constatare che nell’agenda di Renzi la questione delle politiche sociali e quella dei servizi sono sparite, e questo dopo anni di tagli continui che hanno messo in enorme difficoltà le tante donne che devono dividersi fra casa e lavoro. Guardi, facendo riferimento alle ultime rivelazioni dell’Istat, c’è un dato che sintetizza bene la situazione».

Quale?

«Quello che evidenzia come per la prima volta da molto tempo a questa parte è diminuito il tasso di occupazione delle madri. Dopo anni di una crescita continua, seppur molto lenta, delle donne impegnate in famiglia e al lavoro, rischiamo in pochi mesi di tornare al punto partenza. La spiegazione è molto semplice e sta in quanto ho detto prima. Di fronte ai tagli alle politiche sociali ed al costo eccessivo dei servizi offerti in alternativa dai privati, pensiamo ad esempio al costo degli asili nido, sempre più donne sono costrette a mollare il lavoro per occuparsi ancor più dei figli».

Insomma, questo andamento nettamente divergente dell’occupazione femminile e maschile non la sorprende affatto. «No, anche se poi i numeri vanno letti con attenzione. Facendolo ci si accorge che le dinamiche del lavoro femminile sono influenzate anche da un fenomeno particolare».
A cosa si riferisce?
«A molte donne che decidono di uscire dal grande gruppo della popolazione inattiva e segnalano la loro necessità di trovare un impiego. Necessità che se non viene soddisfatta finisce con l’ingrossare il dato percentuale relativo alle donne senza lavoro, anche senza una corrispondente perdita di occupazione femminile. Se poi aggiungiamo che quest’ultima c’è, eccome, allora la netta differenza con il mercato del lavoro maschile si spiega molto più facilmente».
In questi mesi si è molto parlato, e si è anche fatto, in tema di presenza femminile nei posti di elevata responsabilità dirigenziale, ad esempio nei consigli di amministrazione delle grandi aziende. Un segnale in controtendenza?

«Fino a un certo punto. O meglio, si tratta di una tematica su cui bisogna evitare di fare confusione. Io giudico senz’altro positivamente il dibattito sulle quote rosa, così come il riequilibrio a favore delle donne nei più importanti organismi decisionali di aziende ed istituzioni. Ma non bisogna però utilizzare questo argomento, che riguarda pur sempre poche posizioni di vertice, per sviare in qualche modo l’attenzione».

Vale a dire?

«Che non ci sono vasi comunicanti. Che per una donna che entra in un grande consiglio di amministrazione, non ci sono migliaia di madri che trovano un posto di lavoro riuscendo a mantenere l’organizzazione della vita familiare senza andare incontro a spese ed orari insostenibili».

L’Unità 02.06.14