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" Se a sbagliare non sono solo i politici", di Nadia Urbinati – La Repubblica 26.08.14

Questa crisi, se qualche cosa di buono ci lascerà, sarà probabilmente la rivalutazione di credito della politica e il ridimensionamento del potere degli esperti di dirigere il governo della cosa pubblica. Le parole pronunciate qualche giorno fa dal ministro Pier Carlo Padoan confermano questa considerazione: «Sfortunatamente, non lo dico come scusa, ci siamo tutti sbagliati. Intendo organizzazioni internazionali, governi e via di seguito. Tutti prevedevano una crescita maggiore per quest’anno nella zona euro e nessuno fino ad ora ci ha visto giusto». A seguire le cronache di questi giorni: sembra di registrare una Caporetto degli esperti nel governo delle società europee in crisi e l’ammissione seppur prudente che, alla fine, quando si tratta di prendere decisioni i modelli servono poco o nulla mentre resta preponderante la forza delle convinzioni ideologiche e dei pregiudizi nazionali.
Scriveva Federico Fubini su Repubblica di qualche giorno fa che la storia di questa cri-
si interminabile è lastricata di errori commessi e poi corretti (e ancora ricommessi). Errori che sono in effetti esito di calcoli tinti di emozioni poco scientifiche, come l’identità nazionale o il pregiudizio verso gli Stati “spreconi” che hanno mosso le decisioni dei decisori reali, ovvero gli esperti della Bundesbank, i teorici dell’austerity. Che hanno sempre sostenuto che creare moneta e allargare il bilancio della Bce avrebbe creato inflazione e sono ora clamorosamente smentiti dai fatti — perché il bilancio dell’Eurotower è cresciuto mentre l’inflazione è scesa. Con l’esito che, lo ha ben messo in evidenza Joseph Stiglitz, famiglie e imprese non consumano e non investono e in questa staticità a rimetterci sono le finanze nazionali perché il debito pubblico aumenta ma non a causa di Stati spreconi (in questi anni sono stati fatti tagli draconiani sui servizi che hanno peggiorato le condizioni di vita di milioni di cittadini) bensì per gli interessi sui debiti.
Se i tecnici e gli esperti hanno sbagliato nel prevedere crescita dove crescita non c’è stata e nel prevedere inflazione dove inflazione non c’è stata, allora perché prendersela con l’incompetenza dei politici? Ricapitoliamo brevemente la logica che ha governato molti Paesi europei in questi anni, da quando dopo il 2008, molti pensavano che i tecnici al governo avrebbero finalmente portato beneficio generale anche a costo di prendere decisioni dure e indigeste. Le posizioni che invocavano decisioni governative che non guardassero in faccia nessuno, nemmeno gli elettori potenziali o reali, hanno avuto molta fortuna e hanno spinto osservatori e commentatori politici a ritenere che i rappresentanti eletti non fossero in grado di suggerire le decisioni giuste perché mossi da giudizi intrinsecamente contaminati da considerazioni strumentali e ideologiche. La tecnocrazia che è entrata di prepotenza nei governi dei Paesi promettendo buone decisioni deve ora riconoscere con onestà che in materia di scelte politiche non ha fatto meno errori della politica. L’evolvere della crisi rilancia la politica invece di indebolirla. Il riconoscimento del ministro Padoan che nessuno degli esperti degli organismi finanziari internazionali e bancari ha saputo prevedere questa recessione europea significa che in effetti le scelte che dirigono questi istituti non politici sono tutt’altro che semplicemente tecniche. Se questo è vero allora si deve concludere che quella contro l’austerity sia una battaglia tutta politica e che sia la strada più “competente” da prendere, come sostiene anche il governo italiano.
Questa situazione favorevole alla prudenza politica deve essere messa in luce con forza perché, come sosteneva Luigi Einaudi, i tecnici da soli sono ciechi e hanno bisogno dell’orientamento di chi affronta comunque il rischio del verdetto dei cittadini. I quali, in fin dei conti, fanno le scelte primarie sul mercato e decidono se investire o ritirarsi, dando la sentenza più competente sullo stato dell’economica. Nessuno meglio dei diretti interessati, scriveva Jeremy Bentham, sa giudicare con prudenza quel che è penalizzante o soddisfacente. Su questa premessa molto semplice trova fondamento il governo politico democratico.