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“Boldrini: «Come diceva don Diana solo i miti positivi smontano i boss»”, di Simona Brandolini – Corriere del Mezzogiorno 27.03.15

Due efferati episodi di cronaca nera in una sola giornata «e la sensazione di un territorio molto sofferente, messo a dura prova dalla presenza della criminalità organizzata che non fa altro che penalizzare quel territorio. Perché la sua azione violenta allontana qualsiasi possibilità di investimento e soprattutto di futuro». La presidente della Camera, Laura Boldrini, oggi sarà a Napoli per due iniziative. In mattinata sarà alla Federico II e poi alla Nco (Nuova cucina organizzata) di Casal di Principe. E ancora: «Vede, vorrei sfatare un mito che vuole fare della camorra la risposta alternativa alle assenze dello Stato, un falso clamoroso, perché la presenza malavitosa condanna il territorio all’abbandono e al sottosviluppo. Ciò che sta accadendo in Campania ne è la prova più evidente. E se non cresce l’attenzione delle istituzioni e della politica, il Sud sprofonda».

Presidente, ad Ottaviano i rapinatori erano due carabinieri. Secondo lei i cittadini cosa devono pensare?
«Intanto questo episodio va circoscritto. Si tratta di due mele marce e lo ripeto con forza, due mele marce, non i carabinieri. E i corrotti sono ovunque, perché siamo di fronte ad una crisi di sistema. Questi corto circuiti avvengono in tanti settori. In politica, tra i funzionari pubblici, tra i pubblici ufficiali, ma anche nel privato. E’ una crisi sociale profonda che ci deve far riflettere. Quando si punta il dito contro la politica, a volte a ragione, anche in quel caso va fatto un distinguo: non è che entrando a Montecitorio si prenda un virus. Chi all’interno delle istituzioni non dimostra “onore e disciplina” – come esige l’articolo 54 della Costituzione -, vuol dire che non lo aveva neanche prima».

 Secondo lei esiste una questione meridionale che il governo non sta affrontando?
«Il Sud è uscito dal dibattito pubblico in generale, non è più all’attenzione della politica né dei media. Ed è un grande errore. Un Sud che non va di pari passo col Centronord, sbilancia l’economia di tutto il Paese. Non è quindi lungimirante lasciarsi indietro il Mezzogiorno. L’Italia si riprenderà tutta insieme oppure no e allora mi sembrerebbe molto miope continuare a non dare la dovuta attenzione alle regioni meridionali. Ho partecipato due giorni fa alla presentazione del libro di Michele Ainis “La piccola eguaglianza”, in cui lui definisce il Sud lo scantinato d’Italia”.

È d’accordo con questa definizione?
«Sì. Ainis parla di eguaglianza molecolare come risposta all’aumento del divario sociale. In questo discorso i meridionali e le donne pagano il prezzo più alto della crisi e di una politica miope. E allora bisogna ricominciare proprio da loro. Il Meridione ha tutte le risorse, ma vanno valorizzate. Lo stesso vale per le donne, non promuoverle ha un costo altissimo in termini di Pil. Il Fondo monetario internazionale ha fatto uno studio e ha sottolineato che l’esclusione delle donne dal ciclo produttivo costa il 15 per cento del Pil».

Secondo lei quali sono le due o tre misure d’urgenza? 
«La lotta alla povertà sicuramente. La riforma della giustizia, che incide molto e va fatta. E poi la scuola è un settore strategico. Infine un vero piano di sviluppo economico mirato per risollevare i territori nei quali c’è stata più fuga e desertificazione industriale».

Quali sono invece le misure di contrasto alla criminalità organizzata? 
«Una delle priorità è colpire i patrimoni mafiosi, il che vuol dire non solo confiscarli ma anche utilizzarli realmente, altrimenti si rischia di fare un’azione che non crea beneficio al territorio. Quando quei beni sono messi a disposizione della comunità qualcosa di buono accade. Io domani (oggi per chi legge , ndr) vado a Casal di Principe, dove stanno per far partire un ristorante sociale e popolare in grado di creare economia e speranza. Ovviamente serve anche un sistema integrato tra istituzioni e associazioni. Come si fa? Mettendo a sistema le risorse nazionali e locali e agendo a livello culturale. Le leggi sono importanti, ma bisogna lavorare anche a livello culturale. Lo diceva don Puglisi in Sicilia, lo diceva don Peppe Diana in queste terre: solo i miti positivi possono smontare il mito del boss, del denaro facile, della violenza. Bisogna promuovere le figure che hanno lottato contro le mafie e vanno fatte conoscere. Il male deve avere un contraltare, altrimenti rischia di affascinare. Tutto questo, però, non vuol dire non parlare del problema, o oscurarlo. Di fronte a chi va avanti con la violenza c’è chi risponde con il rispetto. Ed è una risposta che va fatta conoscere».