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Sulla questione morale, sulla selezione della classe dirigente e sulla trasparenza

giustiziaCaserta: il presidente del Pd regionale Graziano, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa; Lodi: il sindaco Pd Uggetti arrestato con l’accusa di turbativa d’asta senza finalità di lucro ma per ricavare vantaggi di consenso politico-elettorale; in Sardegna il segretario regionale Pd Soru è stato condannato, in primo grado, a 3 anni per evasione fiscale.
A leggere in sequenza queste notizie il cuore sobbalza e la mano trema. Che succede al mio Partito? Non è certo vittima di un complotto della magistratura. Non c’ho mai creduto prima e non ci credo ora (e le opinioni del giudice Morosini, oggi al centro della polemica pubblica, le valuto per quelle che sono: valutazioni personali, ovviamente non attribuibili all’intera magistratura). Vadano avanti i giudici nelle loro indagini e si giunga in fretta ai giudizi, i soli a poter confermare l’eventuale colpevolezza dei rei. In fretta, sì, perché nel frattempo i processi mediatici colpiscono non solo la vita delle persone coinvolte, ma attaccano in realtà le fondamenta del nostro impianto giuridico democratico, fondato sulla presunzione di innocenza.
E non mi tranquillizza nemmeno pensare che tra le migliaia di amministratori o dirigenti politici sia statisticamente provata l’esistenza di qualche “mela marcia” o di qualcuno che non si fa scrupolo a commettere reato. No, non mi tranquillizza. Anzi, mi fa arrabbiare ancora di più dato che la “questione morale” di berligueriana memoria (1981) è stato il viatico del mio impegno politico.
E allora? E allora ribadisco quanto ho sostenuto la settimana scorsa, in un post dedicato all’etica in politica nel quale non ho voluto rintuzzare chi pensa di gettare i “politici nel cassonetto”, ma ribadire che se i partiti (e i movimenti) non cambiano, nel cassonetto ci finisce anche la politica, senza distinguo. In quella sede ho insistito sul fatto che la politica, se vuole salvare la propria bellezza, deve essere in grado di selezionare, con modalità stringenti, la propria classe dirigente, a livello territoriale e nazionale. Cantone, presidente dell’Anticorruzione, ha espresso lo stesso concetto. Per contrastare i fenomeni corruttivi bisogna lavorare, ha detto, sulla massima trasparenza e sulla selezione della classe dirigente. Lui dal punto di vista di un magistrato, io da quello di un eletto in Parlamento, entrambi ribadiamo che a chi vuole entrare in politica deve essere fatto lo screening non solo delle competenze, ma soprattutto dei sogni e dei valori.
Sul fronte trasparenza, però, le cose si stanno muovendo. Penso all’ottimo lavoro del collega modenese Matteo Richetti, in qualità di relatore della proposta di legge per attuare l’articolo 49 della Costituzione, quello sulla libera associazione dei cittadini in partiti per concorrere “con metodo democratico” alla politica nazionale. Nel testo base depositato il 3 maggio, ci sono due misure “forti” in tema di trasparenza: rendere pubblici i finanziatori dei partiti anche senza il loro esplicito consenso e conoscere gli elenchi degli iscritti a un partito. Sulla corruzione, invece, è già stato adottato un provvedimento corposo (legge 69 del maggio 2015) che ha, credo giustamente, raccolto attenzione anche dalla magistratura. Si stanno, insomma, mettendo in campo azioni di contrasto che, mi sembra, vadano nella giusta direzione. Poi succedono cose come a Caserta, a Lodi e in Sardegna e quanto fatto non pare, ovviamente, abbastanza. Anzi. Gli eventi elencati interrogano tutti noi e ci chiedono un supplemento di impegno, a partire da chi ha responsabilità nazionali nell’organizzazione del Partito. Pena la dispersione di quel patrimonio di valori e di passione che animano i nostri volontari e che non più tardi di domenica 1 maggio ho potuto toccare con mano mentre ero di servizio con loro alla Festa dell’Unità di Santa croce di Carpi.

Interrogativi a margine dell’arresto del Sindaco di Lodi
Forse è per la mia breve esperienza da assessore ma la lettura delle cronache sul caso di Lodi ha suggestionato alcuni interrogativi.
Il primo riguarda l’uso di categorie morali o caratteriali da parte dei giudici per costruire l’impianto accusatorio: infatti, a proposito degli arrestati il Gip parla di personalità negativa e abietta. Su questo fronte, mi sembra abbia ragione Gianluca Di Feo che, ieri, su Repubblica, ricorda che la Chiesa riconosce peccati capitali e veniali, mentre per il codice penale conta solo il reato.
Il reato è quello di turbativa d’asta senza finalità di lucro, ma per ricavare vantaggi di consenso politico-elettorale (dal sostegno degli iscritti alla società sportiva che avrebbe beneficiato della modifica del capitolato: una società di cui il Comune possiede il 45 per cento delle azioni). Non intendo commentare la valutazione del giudice, che sarà certamente suffragata da riscontri, ma desidero soffermarmi sul consenso politico-elettorale e provare ad illuminarlo con la mia esperienza personale di assessore alla Cultura a Carpi. In quel periodo (breve, solo 18 mesi), come Giunta, intervenimmo per modificare i regolamenti sull’utilizzo di alcuni palcoscenici locali, in particolare quello della rassegna Carpi Estate e quello del Teatro comunale. I tecnici tradussero in bandi e regolamenti l’idea – mia e della Giunta – di consentire alle associazioni, locali e amatoriali, di calcare quei palcoscenici, nella convinzione che l’accesso ai luoghi dell’arte dovesse essere garantito a tutti, e non solo ai soliti noti. Nel caso del Teatro, il costo dell’uso gratuito – seppur limitato e regolamentato – è ricaduto comunque sulla fiscalità generale. In retrospettiva mi chiedo: agendo in questo modo creavo consenso a danno dell’erario o davo un’opportunità a tutti? Io non ho mai avuto dubbi su quella visione politica e sul mio dovere di concretizzarla. Leggendo le motivazioni dell’arresto del sindaco di Lodi qualche domanda, adesso, me la pongo. E sono domande che, ancora una volta, ci riguardano tutti.

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