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Ripensare lo stipendio dei parlamentari, ma senza demagogia

Camera

I parlamentari sono sempre più invisi ai cittadini, e per come si sta mettendo il dibattito, non si può dar loro tutti i torti. Il senatore Ghedini, avvocato a tempo pieno di Berlusconi, si vanta del suo 0,85% di presenze nell’Aula di Palazzo Madama. E’ questa la sua bislacca “risposta politica” alla proposta di agganciare l’indennità del parlamentare alle presenze in Aula avanzata dal Pd, mentre il M5s cavalca la madre di tutte le battaglie, dimezzare gli stipendi. Salvo, poi, scoprire che parlano della sola indennità (quella, cioè, su cui si pagano le tasse), mentre la diaria e il rimborso delle spese per il mandato verrebbero sottoposti a sola rendicontazione. La proposta grillina è accompagnata da una significativa mobilitazione, in piazza e nelle stesse tribune di Montecitorio, ma approda in Aula, stante il regolamento della Camera, senza che se ne sia concluso l’esame in Commissione, con il voto sugli emendamenti e il mandato al relatore.

A scanso di equivoci, faccio subito presente che, nel mio piccolo, a Montecitorio vado e ci lavoro con continuità (eccetto in caso di malattia: in 10 anni, una sola volta, proprio in queste settimane). Openparlamento certifica le mie presenze nell’ordine del 94,38%, anche se il sistema non può tenere conto appieno del lavoro in Commissione che io reputo altrettanto importante rispetto a quello dell’Aula.

Sono quindi d’accordo con la proposta di rimodulare le indennità dei parlamentari ancorandole all’attività effettivamente svolta, in Aula e in Commissione. Potrei sintetizzare che l’indennità va percepita non perché si è eletti in Parlamento, ma perché in Parlamento si svolge il proprio impegno, concretamente. Ma non si dimentichi l’articolazione della nostra attività, che comprende una vasta gamma di impegni che come parlamentari dobbiamo assumerci (ho provato a descriverlo anche sul mio sito). Penso, ad esempio, al tempo che può essere dedicato ad incontri con il Governo o con le strutture ministeriali per il buon esito di un provvedimento (mi riferisco, ad esempio, alla mozione approvata in estate sull’accesso all’università o alla discussione sulla istituzione della no tax area per gli universitari, ora inserita nella legge di bilancio). Oppure a quando si è invitati a incontri istituzionali: penso a quando, in settembre, ho partecipato al convegno sullo stato dell’edilizia scolastica organizzato da Cittadinanzattiva. Era stata la stessa associazione a chiedere di poter ascoltare la voce dei parlamentari della Commissione Istruzione impegnati su questi temi. Oltre a me era presente anche il collega Brescia del M5S.

Ecco, il lavoro parlamentare è più ampio e complesso rispetto al solo lavoro d’Aula. Ciò non toglie che chi viene eletto ha il dovere etico, non solo professionale, di svolgere tutte le mansioni che gli sono richieste.

Siamo pagati troppo, come dicono i rappresentanti del M5S? La nostra indennità è agganciata a quella del presidente di sezione della Corte di Cassazione. Si tratta di 5mila euro netti, somma a cui si aggiungono diaria e rimborsi spese. Cifre notevolmente superiori a quelle di uno stipendio medio italiano. Si può – si deve dico io – parlare di risparmi per lo Stato anche su questo fronte, stante la situazione di crisi economica. Lo si faccia, però, affrontando la questione senza demagogia come lo è, invece, prevedere solo il taglio all’indennità, su cui tutti noi versiamo il 50% di tasse, ma non quello a diaria e rimborsi spese che, per loro natura, non sono tassate. Anche il meccanismo di rendicontazione – mediante una card – andrebbe approfondito, perché se stiamo a quella dei deputati del M5S, da sito www.tirendiconto.it, non mancano i motivi di dubbio e le stranezze, finiti, peraltro, sui giornali. Tra l’altro, la trasparenza è tale quando è verificata (e non affidata all’autocertificazione): e a questo proposito bisognerà mettere in conto anche l’assunzione di personale apposito preparato e stipendiato. La trasparenza e sobrietà sono principi sacrosanti: e proprio per questo vanno affrontati con consapevolezza e non come oggetti contundenti della lotta partitica.