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Quella maggioranza che legge e scrive, ma non sa capire la complessità

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Tra analfabeti di ritorno, analfabeti funzionali e analfabeti veri e propri (che ancora esistono, soprattutto tra gli anziani e gli stranieri) in Italia, si è calcolato, che il 70% delle persone, pur sapendo scrivere e leggere, non ha strumenti culturali sufficienti per poter davvero intendere quello che gli viene comunicato. L’ultima grande battaglia di denuncia del compianto linguista Tullio De Mauro ha ripreso vigore dopo la sua scomparsa. Si tratta di un handicap enorme per la nostra società e non solo per i singoli che, materialmente, si trovano in questa condizione (di cui, non sempre, tra l’altro, hanno piena consapevolezza). Non essere in grado di comprendere tutte le sfumature di un messaggio – soprattutto quelli di natura politica, economica e sociale – incide sulla capacità di essere cittadino a tutto tondo, dotato di coscienza critica ragionante e non solo mossa da risposte di tipo emozionale. Il male, pur atavico e diffuso anche nel resto del mondo occidentale, sembra, comunque, aver messo più profonde radici nel nostro Paese e in Spagna. Siamo fanalino di coda nei Paesi Ocse per numero di laureati, i nostri studenti arrancano nelle materie scientifiche, ma anche nella comprensione dei testi, si fatica a far crescere il numero delle ragazze che abbracciano facoltà scientifiche. Il lifelong learning, strumento fondamentale anche ai fini pratici della ricerca di un nuovo lavoro in età adulta, è un concetto ancora troppo poco applicato e praticato. Se a questo aggiungiamo, il dato sorprendente, diffuso di recente, secondo il quale un italiano su cinque, lo scorso anno, è rimasto seduto davanti al televisore senza mai leggere un libro, guardare uno spettacolo dal vivo o andare al cinema o a un museo, allora il quadro diventa ancora più allarmante per le sue conseguenze sociali sulla capacità del sistema Paese di reagire, con grinta e innovazione, di fronte alla crisi.