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Reclutamento prof, con la riforma formazione e selezione connesse per garantire merito e qualità


Ecco il testo di un mio articolo pubblicato in data odierna da Scuola 24:

Non c’è dubbio: la buona scuola si fa a partire da buoni docenti. E come formare insegnanti competenti e selezionare i candidati migliori per il lavoro nelle scuole? Con l’approvazione del decreto legislativo sulla formazione iniziale e sulle modalità di assunzione dei docenti della scuola secondaria (medie e superiori) arriva una risposta al quesito. Il nuovo sistema ha alcuni innegabili pregi, che possono dissipare i dubbi esposti da Daniele Checchi su questo giornale (“Reclutamento prof, si continua a preferire la quantità alla qualità ” di cui trovate copia in pdf in fondo a questo articolo).
Nei confronti degli studenti universitari che pensano oggi all’insegnamento come alla loro futura professione (in ambito umanistico resta la scelta prioritaria, al 32%), la politica ha la responsabilità di tracciare un percorso chiaro, stabile, ordinario, che consenta loro di operare scelte consapevoli, tanto rispetto all’iter formativo quanto a quella della disponibilità di posti. In altre parole, l’avvio alla professione dovrà essere orientato dalla motivazione, dalla competenza e dalla certezza del percorso. Come? Cambiando paradigma rispetto al sistema attuale, con due scelte “forti”: la prima è legare in modo indissolubile la fase della formazione a quella della selezione, fino ad oggi separate e quindi responsabili della frustrazione di quanti, pur abilitati alla professione (a loro spese), non sono riusciti ad entrare stabilmente nella scuola perché eccedenti rispetto alle necessità dell’organico; la seconda è programmare il numero degli ingressi nella scuola degli aspiranti docenti già a partire dalla formazione iniziale, in base ad un criterio più stringente del presunto fabbisogno, utilizzato fino ad oggi per i percorsi abilitanti.
La prima scelta si attua disponendo che gli aspiranti docenti sostengano un concorso orientato prevalentemente ad accertare le conoscenze e competenze disciplinari, successivamente al quale i soli vincitori siano avviati ad un triennio retribuito di formazione sul campo, tirocinio nelle scuole e inserimento progressivo nella funzione docente anche attraverso l’assolvimento, sotto la guida di tutor, di supplenze brevi nel secondo anno e, in quello successivo, di una supplenza annuale. Questa previsione, peraltro, contribuirà a ridurre il fenomeno del precariato a livelli finalmente fisiologici rispetto alle esigenze della scuola poiché, nel tempo, per coprire gli insegnamenti vacanti si farà sempre meno ricorso a supplenti. Nel triennio di formazione, le competenze specifiche della professione acquisite quali, ad esempio, quelle pedagogiche, relazionali, docimologiche, organizzative, tecnologiche saranno sottoposte a valutazioni intermedie e conclusiva: se positive, l’aspirante docente entrerà stabilmente nella scuola, senza necessità dell’anno di prova.
La programmazione degli accessi sarà invece garantita mettendo a concorso – con cadenza biennale – i soli posti che si renderanno “vacanti e disponibili” (cioè saranno liberi ed occupabili), nel terzo e quarto anno scolastico successivi a quello in cui si svolgeranno le prove concorsuali, vale a dire a conclusione del triennio di formazione.
I vantaggi di tali scelte saranno quelli di poter immettere in ruolo docenti relativamente giovani, selezionati tra i più preparati nei saperi disciplinari, poi formati e valutati nelle competenze e attitudini professionali (in un lasso di tempo adeguato e con metodologie avanzate), senza che i neo-docenti abbiamo dovuto “sfinirsi” in estenuanti graduatorie, in condizione di precariato. Non si formeranno nuove liste di attesa inesauribili, non saranno frustrate le aspirazioni di lavorare nella scuola di coloro i quali sono stati valutati come idonei a farlo.
Già nel prossimo anno sarà bandito il primo concorso di accesso al nuovo sistema per una quota dei posti che si renderanno vacanti e disponibili dal 2021-22, a conclusione della formazione triennale. I posti restanti sono invece riservati alle procedure valutative riservate ad un articolato e ponderato regime transitorio, ispirato ai medesimi principi del regime ordinario – merito, formazione, valutazione e programmazione – e destinato a circoscritte platee di docenti precari: oltre a quelli presenti nelle graduatorie ad esaurimento (Gae) e quelli inseriti nelle graduatorie di merito del concorso 2016 (Gm 2016), disposti dalla legge 107, si aggiungono i docenti in possesso di abilitazione all’insegnamento e coloro i quali, pur non abilitati, matureranno, nel tempo, 3 anni di docenza. La quota di posti destinata al nuovo sistema crescerà progressivamente ad ogni bando concorsuale, fino all’esaurimento delle attuali graduatorie e platee di precari.
La fase transitoria è necessaria per chiudere definitivamente con il pregresso e, al contempo, per dare risposte coordinate ed eque a chi ha già intrapreso la professione di insegnante, valorizzandone i titoli abilitativi e l’esperienza professionale maturata. Non si prevede, comunque, alcuna “onda anomala”, poiché i posti da coprire saranno quelli che si renderanno liberi per effetto del turn over o per trasformazione in organico “di diritto” di posti ora nell’organico “di fatto”, cioè posti già esistenti e necessari al funzionamento della scuola ma coperti da un docente precario perché giuridicamente non assimilabili all’organico che va occupato da personale di ruolo. Non si prevede nemmeno un “ingresso agevolato”, poiché sarà immesso in ruolo solo chi avrà superato appositi percorsi valutativi e, ove necessario, avrà completato la sua formazione professionale.
Le prove e i percorsi non saranno “laschi”, bensì differenziati sulla base delle diverse esperienze e titoli degli interessati, che potranno contare su specifiche riserve di posti per le varie categorie ma, al netto degli accessi da Gae e Gm 2016, non vi saranno automatismi di ingresso.
Il nuovo sistema è frutto di un attento esame delle esperienze pregresse di formazione iniziale, con particolare riferimento agli aspetti positivi dei percorsi abilitanti, e delle modalità di selezione, senza trascurare gli esiti dell’ultimo concorso a cattedre, al fine di dare organicità ad un asse portante di ogni buona scuola, come certificano tutte le indagini nazionali e internazionali: avere buoni docenti.

Ecco il pdf dell’articolo di Daniele Cecchi
Daniele Cecchi