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Stalking, un po’ di chiarezza sulle nuove norme e sulla loro applicazione concreta

E’ un reato odioso, che colpisce innanzitutto le donne, e che, purtroppo non in pochi casi, travalica nell’aggressione e nel femminicidio. Mi riferisco allo stalking, in merito al quale sta crescendo l’allarme, io penso solo in parte fondato, per la presunta depenalizzazione del reato, determinata dalla recente revisione  del processo penale. Provo a spiegare il merito del dibattito e le sue ricadute normative: non sono una giurista, ma ho consultato anche tecnici del diritto, oltre che essermi confrontata con i colleghi che stanno seguendo il tema nei suoi vari aspetti. E proprio per questo, tutti i contributi tesi a chiarire o a evidenziare problemi saranno ben accetti poiché stiamo parlando di questione “sensibile”, che merita la massima attenzione (ed eventualmente una modifica ove gli elementi di criticità, o anche solo quelli di opportunità più complessiva, dovessero prevalere). L’invito è, comunque, di parlarne, di approfondire, di capire meglio anche le modalità con cui le norme, anche buone norme, vengono poi applicate nel concreto.

Procedo per punti, per provare a rendere massima la chiarezza espositiva.

  1. Con la recente riforma, nel codice penale è stata introdotta la fattispecie dell’estinzione del reato per condotte riparatorie: in sostanza, si prevede l’estinzione del reato nel caso di un imputato che ripara il danno cagionato (mediante restituzione o risarcimento) prima dell’apertura del dibattimento nel processo di primo grado e che ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato.
  2. L’estinzione (non la depenalizzazione) del reato per condotte riparatorie si applica solo nelle situazioni in cui è prevista la procedibilità sulla base di querela soggetta a remissione: in altre parole, solo quando il querelante può ritirare la denuncia.
  3. Per il reato di stalking si procede sulla base della querela della vittima ma è previsto che essa possa essere rimettibile (cioè ritirata) solo davanti ad un giudice in sede processuale. Questa è una precisa forma di tutela della vittima (opinione non condivisa da coloro i quali ritengono che questa procedura limiti l’autodeterminazione della donna: opinione che non condivido) poichè sarà quindi un giudice a verificare se la querelante vuole ritirare la denuncia perché impaurita o soggetta a indebite pressioni e non, invece, perché i motivi iniziali sono andati, per ragioni diverse, scemando. Le recenti polemiche si sono innestate proprio su questo aspetto: essendo lo stalking un reato a procedibilità per querela soggetta a remissione, molti si sono preoccupati del fatto che le vittime potrebbero vedere estinguere il reato del quale hanno sofferto (il passato è d’obbligo poiché, come detto, l’annullamento può essere contemplato a fronte dell’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato) mediante un semplice risarcimento. Per fugare queste preoccupazioni occorre proseguire l’approfondimento normativo, oltre al fatto che il risarcimento in un caso di stalking è molto difficile da quantificare, e già questo potrebbe costituire un deterrente all’abuso della fattispecie. Ma di maggiore importanza è il fatto che la querela per il reato di stalking è comunque irrevocabile(e quindi non può rientrare nel caso dell’estinzione del reato) se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate(e si fa un po’ fatica a immaginare un caso di stalking che non derivi dalla persistenza della molestia) secondo le previsioni dell’articolo 612 del codice penale, cioè se “la minaccia è grave, o è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339“, vale a dire commessa con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite, o con scritto anonimo, o in modo simbolico, o valendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti o supposte.
  4. Come anticipato, molti commenti si concentrano sul secondo aspetto e cioè che solo i casi di stalking agiti con la violenza (mediante, ad esempio, un’arma o con il volto travisato) sarebbero esclusi dall’estinzione della pena, mentre sorvolano sulla prima parte dell’articolo 612 e cioè sull’esercizio della minaccia “grave”, che pertanto configura il reato con querela irrevocabile.
  5. Il significato di minacce reiterate e gravi lo ha spiegato la V^ Sezione penale della Corte Suprema di Cassazione (con la sentenza n. 2299, del 20 gennaio 2016) a partire dal reato stesso che, lo ricordo, si qualifica “con condotte reiterate, minaccia o molesta in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”. In questa sentenza la Suprema Corte ha quindi stabilito che i contenuti della gravità delle minacce profferite “sono adeguatamente sottolineati nell’imputazione con riguardo sia al tenore letterale delle espressioni intimidatorie” (ha più volte minacciato la parte offesa di volerla uccidere in qualunque luogo essa si trovasse) che “al contesto in cui le frasi venivano formulate” (sia presso l’abitazione che sul luogo di lavoro), tanto da incidere significativamente sulla libertà morale della vittima. La Corte, in modo ancora più esplicito, ha stabilito che il giudice nel valutare la irrevocabilità della querela deve basarsi sulla gravità delle minacce e non solo sull’uso di armi o di travisamenti… In altre parole, se per il comportamento dello stalker la vittima vive in uno stato di ansia e di insicurezza per la propria incolumità, è costretta a cambiare abitudini di vita per non sentirsi in pericolo, se insomma la minaccia è vissuta e percepita come tale anche se non c’è uso delle armi e violenza fisica, allora si è di fronte a una minaccia grave, che comporta la irrevocabilità della querela ed esclude per ciò stesso l’applicabilità dell’estinzione del reato per condotte riparatorie. 
  6. Sulla base di tutte queste premesse, penso si possa concludere che, almeno stando al dettato della norma, il reato possa estinguersi solo per i casi denunciati di stalking non grave e non reiterato (è il magistrato che lo deve valutare), qualora, naturalmente, il risarcimento sia ritenuto dal giudice adeguato e congruo. Concretamente, quanti e quali sono questi casi? Ecco un tema da approfondire, insieme alle vittime, agli operatori della giustizia, alle associazioni.
  7. Una questione ulteriore, non direttamente connessa al nuovo articolo del Codice penale, ma comunque molto importante quando si parla dell’applicazione pratica della normativa a difesa della vittima, è quella della preparazione adeguata di tutti gli operatori della filiera chiamati a intervenire dal momento della denuncia. Casi di cronaca, come quello recente della oncologa di Teramo, ci hanno testimoniato come, anche a seguito di denunce reiterate, i fatti possano essere sottovalutati o comunque non adeguatamente considerati nella loro potenziale pericolosità.

 

In conclusione – e nonostante quanto accaduto a Teramo – la cosa più importante è che le donne facciano denuncia, poiché nella stragrande maggioranza dei casi essa conduce ad una querela non revocabile. Lo so che questi fatti di cronaca hanno, purtroppo, dimostrato la denuncia non sempre è sufficiente a salvare la vita della donna perseguitata, ma le donne devono avere il coraggio e la determinazione di denunciare sempre, senza esitazioni, senza tentennamenti, e senza vergogne. Ne va della loro serenità, se non addirittura della loro vita.

 

ps: il testo della riforma del codice penale e del codice di procedura penale è stato presentato dal Governo a fine dicembre 2014 ed è stato apporvato in prima lettura alla Camera nel settembre 2015, dove è ritornato un anno e mezzo dopo, poiché tanto è durato l’esame al Senato. Credo sia legittimo chiedersi perché in tutto questo tempo non sia stato evidenziato il problema, dato che nel dibattito pubblico non sono certo mancate le sollecitazioni e i rilievi. Ora a pubblicazione in Gazzetta Ufficiale avvenuta sono partite le critiche, ma in precedenza, nessuno (politici, avvocati, rappresentanti delle Camere penali) aveva mai sollevato il problema. Lo sottolineo a monito di tutti noi! Ogni norma è rivedibile, ma sarebbe più opportuno intervenire in sede di esame delle Camere e non a emanazione avvenuta.