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Pur tra polemiche e distinguo, il reato di tortura è finalmente legge anche in Italia


Il testo di una legge è sempre il frutto di un compromesso tra le diverse posizioni espresse dal Parlamento, che poi riflettono le tante posizioni presenti nella società. Anche la legge approvata ieri dalla Camera in via definitiva, che introduce, per la prima volta, nel nostro ordinamento il reato di tortura, è frutto di una mediazione fra posizioni diverse. Perché l’Italia ha dovuto aspettare quasi 30 anni dalla ratifica della Convenzione Onu per legiferare sull’argomento? Per diverse ragioni. Tra queste, ad esempio, il fatto che non pochi, nel nostro Paese, ritengano che introdurre nell’ordinamento il reato di tortura significhi legare le mani alle forze dell’ordine quando devono effettuare arresti, procedere contro i violenti o con indagini particolarmente insidiose. È una valutazione grossolana ed erronea: sono convinta che chi indossa una divisa abbia piena coscienza del fatto che questo non consegni loro il tesserino dell’impunità, così come ben sappiamo che quello di cui si occupa la nuova legge sono casi marginali nel grande lavoro quotidiano delle forze dell’ordine. Ma, come ricordato anche ieri durante la discussione in Aula, casi di eccessi e di abusi ci sono stati e devono essere rigorosamente puniti. L’altro fronte della critica al provvedimento appena varato parte da presupposti opposti: la formulazione scelta sarebbe troppo generica e richiederebbe da parte della vittima un grado di attivazione tale da escludere dal novero dei reati concretamente punibili alcuni dei casi di cronaca più eclatanti di questi ultimi anni, a partire dalle acclarate torture alla Caserma Diaz durante il famigerato G8 di Genova. Nella lettera al quotidiano Repubblica, il relatore della legge, l’avvocato Franco Vazio, spiega perché si tratta di un timore infondato. Spiega Vazio: “Il reato sussiste quando, di fronte ad atti di “violenze” o “minacce gravi” o “crudeltà”, le condotte siano plurime, oppure, anche nel caso di un solo atto di violenza, minaccia grave o crudeltà, quando esso comporti un “trattamento inumano e degradante per la dignità umana”. La norma precisa che il fatto deve essere commesso mediante più condotte, “ovvero” deve comportare un trattamento inumano e degradante per la dignità umana; pertanto è evidente che la seconda alternativa si riferisca proprio al caso in cui la condotta sia unica, altrimenti è chiaro che sarebbe stato inutile prevedere una ipotesi alternativa rispetto a quella della pluralità delle condotte. Alla luce di ciò, poiché gli accadimenti della Diaz di Genova sono stati definiti dalla Corte Europea come “… torture e trattamenti inumani e degradanti…” essi sarebbero certamente coperti dal reato così come ora formulato, anche se consistiti in una sola azione di violenza, minaccia o crudeltà”.
Per chi volesse ulteriori informazioni allego il dossier sulla nuova legge approntato dall’Ufficio legale della Camera. 215_ReatoTortura