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Il saluto romano a Marzabotto e i 60mila xenofobi riunitisi a Varsavia


Il saluto romano e l’aquila della Repubblica sociale ostentati in un campo da calcio a Marzabotto hanno fatto il giro dei media nazionali. Unanime la condanna, netta la presa di distanza della società sportiva, più o meno spontanee le scuse del calciatore che, nelle foto pubblicate dai giornali, ostenta “baffetti” di sospetta memoria storica. Non ha fatto, invece, notizia in Italia (per questo allego il link a Globalist che, invece, ne parla diffusamente), la manifestazione di estrema destra che si è tenuta a Varsavia, in occasione delle celebrazioni dell’anniversario della ritrovata indipendenza della Polonia. Ben 60mila persone provenienti da tutta Europa si sono date appuntamento nella capitale polacca scandendo slogan razzisti e xenofobi, inneggianti all’Europa bianca e contro i neri e gli ebrei. Più volte, su questa pagina ho richiamato il pericolo di uno “sdoganamento” di ideologie che credevamo definitivamente condannate dalla Storia. Ogni volta, tra l’altro, raccogliendo pareri discordanti, con persone che mi invitavano a guardare avanti, che siamo nel 2017, che le cose sono cambiate, che sono discorsi vecchi agitati per coprire i guai del presente… Non lo credo. E la manifestazione polacca, nelle sue dimensioni e nel suo sostrato culturale, mi dà ragione. Anche l’atleta che ha inneggiato alla RSI in campo a Marzabotto ne è un vivido segnale. Ha fatto bene il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini a invocare – per lui, ma forse anche per altri – l’obbligatorietà di una visita al Sacrario delle vittime civili dell’eccidio a Monte Sole. Come per i “turisti” polacchi, compresi gli italiani di Forza Nuova, sarebbe utile una visita al campo di sterminio di Auschwitz. Nella convinzione che solo la conoscenza può evitarci di ricadere nei tragici errori del passato.