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Beni culturali, è legge la libertà di riproduzione

Una norma di civiltà richiesta a gran voce dagli studiosi e dai ricercatori. Da oggi, infatti, è legge dello Stato la possibilità per i privati di riprodurre liberamente beni bibliografici e archivistici, senza necessità di autorizzazioni o del pagamento di un canone, sempre che l’uso sia per motivi di studio e ricerca e non a fini commerciali. Si tratta di un risultato “sfiorato” nel Decreto Art Bonus del 2014, nel quale fu liberalizzata la riproducibilità per le opere d’arte, finalmente, e che quindi arriva dopo 3 anni di pressioni e azioni parlamentari. Nel 2015, insieme al collega Rampi, ho presentato una specifica proposta di legge in merito (link), anche sostenuta dal movimento Foto libere per i beni culturali che, alla fine dell’anno scorso, ha raccolto 3mila firme in calce a un appello al Governo italiano (https://fotoliberebbcc.wordpress.com/) e avvallato anche dal Consiglio superiore dei Beni culturali e paesaggistici: Nello scorso gennaio, ho presentato una interrogazione al ministro Franceschini in cui chiedevo che, nell’attesa di una norma nazionale, si potesse almeno intervenire in via amministrativa (link). La norma è stata poi inserita con apposito emendamento nel disegno di legge per il mercato e la concorrenza, di cui, finalmente, oggi arriva l’approvazione definitiva al Senato. Il provvedimento esplicitamente inserisce tra le ipotesi nelle quali non è dovuto alcun canone per le riproduzioni quelle di beni bibliografici e archivistici eseguite da privati per uso personale o per motivi di studio, fatta eccezione per i beni sottoposti a restrizioni di consultabilità, in ragione del loro contenuto sensibile. Inoltre, con riferimento alla libera divulgazione, con qualsiasi mezzo, delle immagini di beni culturali legittimamente acquisite, si elimina il divieto di utilizzo di tali immagini a scopo di lucro indiretto, al fine di consentirne la libera pubblicazione, ad esempio, all’interno di una pubblicazione scientifica

E questo è il testo della norma:

171. Al fine di semplificare e razionalizzare le norme sulla riproduzione di beni culturali, all’articolo 108 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3, dopo le parole: «riproduzioni richieste» sono inserite le seguenti: «o eseguite»;

b) al comma 3-bis:

1) al numero 1), le parole: «bibliografici e» sono soppresse, dopo la parola: «archivistici» sono inserite le seguenti: «sottoposti a restrizioni di consultabilità ai sensi del capo III del presente titolo,» e dopo la parola: «attuata» sono inserite le seguenti: «nel rispetto delle disposizioni che tutelano il diritto di autore e»;

2) al numero 2), le parole: «, neanche indiretto» sono soppresse

Ecco una scheda per comprendere pienamente la portata della nuova norma

Articolo 1, comma 171
(Semplificazione della riproduzione di beni culturali)

Il comma 171 intende semplificare ulteriormente la riproduzione dei beni culturali, in particolare estendendo le ipotesi in cui la stessa non necessita di autorizzazione e ampliando i casi in cui non è dovuto alcun canone.

A tal fine, novella i co. 3 e 3-bis dell’art. 108 del D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), rispettivamente modificato e inserito dall’art. 12, co. 3, del D.L. 83/2014 (L. 106/2014).

La riproduzione di beni culturali è regolata negli artt. 107-109 del D.Lgs. 42/2004.

In particolare, l’art. 107 dispone che il Ministero, le regioni, gli enti pubblici territoriali possono consentire la riproduzione (oltre che l’uso strumentale e precario) dei beni culturali che hanno in consegna, fatte salve le disposizioni in materia di diritto d’autore, nonché vietando, di regola e salvo casi eccezionali – comunque nel rispetto delle modalità stabilite con decreto ministeriale(67–, la riproduzione che consista nel trarre calchi, per contatto, dagli originali di sculture e opere a rilievo, indipendentemente dal materiale con cui tali beni sono fatti(68.

Ai sensi dell’art. 108, i canoni di concessione e i corrispettivi per la riproduzione sono determinati dall’autorità che ha in consegna il bene(69, tenendo anche conto, fra l’altro, dei mezzi e delle modalità di esecuzione delle riproduzioni, del tipo e del tempo di utilizzazione degli spazi e dei beni, dell’uso e della destinazione delle riproduzioni, nonché dei benefici economici che ne derivano al richiedente (co. 1).

Nessun canone è dovuto – a seguito delle modifiche apportate all’art. 108 dall’art. 12 del D.L. 83/2014 – per le riproduzioni richieste da privati per uso personale o motivo di studio, ovvero da soggetti pubblici o privati per finalità di valorizzazione, purché attuate senza scopo di lucro. I richiedenti devono, comunque, rimborsare le spese sostenute dall’amministrazione concedente (co. 3).

Sono in ogni caso libere (co. 3-bis), sempre a seguito delle modifiche introdotte dal D.L. 83/2014 – e, dunque, non necessitano di autorizzazione – alcune attività, svolte senza scopo di lucro, per finalità di studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa, promozione della conoscenza del patrimonio culturale. Si tratta della riproduzione di beni culturali diversi dai beni bibliografici e archivistici, attuata con modalità che non comportino alcun contatto fisico con il bene, né l’esposizione dello stesso a sorgenti luminose, né, all’interno degli istituti della cultura, l’uso di stativi e treppiedi, nonché della divulgazione con qualsiasi mezzo delle immagini di beni culturali, legittimamente acquisite, in modo da non poter essere ulteriormente riprodotte a scopo di lucro, neanche indiretto.

L’art. 109 dispone, infine, che quando la riproduzione è effettuata per fini di raccolta e catalogo di immagini fotografiche, nonché di riprese, il provvedimento concessorio prescrive il deposito del doppio originale di ogni ripresa o fotografia e la restituzione, dopo l’uso, del fotocolor originale con relativo codice.

Il testo in esame anzitutto inserisce tra le ipotesi nelle quali non è dovuto alcun canone per le riproduzioni di beni culturali quelle eseguite (direttamente) da privati per uso personale o per motivi di studio, che pertanto si aggiungono a quelle richieste (ad altri) dagli stessi soggetti per i medesimi fini.

Inoltre, estende la riproduzione libera, ferme restando le condizioni già previste dalla normativa vigente, ai beni bibliografici e ai beni archivistici – finora esclusa(70–, fatta eccezione per beni archivistici sottoposti a restrizioni di consultabilità, in ragione del loro contenuto sensibile, ai sensi del Capo III del Titolo II del D.Lgs. 42/2004 (artt. 122-127). Richiama comunque il rispetto delle disposizioni che tutelano il diritto d’autore (richiamo, peraltro, già presente nell’art. 107 del D.Lgs.).

Infine, con riferimento alla libera divulgazione, con qualsiasi mezzo, delle immagini di beni culturali, legittimamente acquisite, elimina il divietodi utilizzo di tali immagini a scopo di lucro indiretto.

Ciò sembrerebbe finalizzato a consentire la libera pubblicazione di immagini di beni culturali, ad esempio, all’interno di una pubblicazione scientifica.


67) Indirizzi, criteri, modalità per la riproduzione di beni culturali sono stati definiti con DM 20 aprile 2005 (GU 2 luglio 2005, n. 152).

68) Sono, invece, consentiti, previa autorizzazione del soprintendente, i calchi da copie degli originali già esistenti e quelli ottenuti senza contatto diretto con l’originale.

69) Gli importi minimi dei canoni per le concessioni relative all’uso strumentale e precario dei beni in consegna al Ministero sono stati fissati con DM 8 aprile 1994 (GU 6 maggio 1994, n. 104), richiamato nelle premesse del DM 20 aprile 2005.

70) Il testo iniziale dell’art. 12 del D.L. 83/2014 non prevedeva l’esclusione dei beni bibliografici e archivistici dalla libera riproduzione. L’esclusione è stata inserita durante l’esame parlamentare.