"I tagli al futuro", di Chiara Saraceno
Ci sono molte buone ragioni per riformare l´università italiana. Razionalizzare la frammentazione di corsi di laurea, facoltà, materie, che spesso corrisponde solo a logiche vuoi corporative, vuoi territoriali. Premiare il merito delle università sia nel campo della ricerca che in quello della qualità didattica. Reclutare i docenti con criteri che valutino la competenza e la congruità ai bisogni della facoltà che chiama, e non l´appartenenza a consorterie varie, o l´anzianità di servizio o di pazienza nello stare in coda. Istituire percorsi di carriera chiari nei passaggi, nei doveri e nelle ricompense, rovesciando la situazione attuale per cui spesso capita che i ricercatori, o perfino gli assegnisti o varie figure precarie, abbiano maggiori carichi didattici degli ordinari, essendo pagati molto meno e mangiandosi così il tempo necessario per ricerca e pubblicazioni. Fornire agli studenti spazi e relazioni didattiche di qualità, in cambio chiedendo anche a loro maggiore assunzione di responsabilità nei percorsi di studio, riducendo, se non eliminando del tutto, la possibilità di rimanere parcheggiati indefinitamente. L´elenco è lungo. Purtroppo, però, negli ultimi anni, a partire …
