"Il risveglio civile", di Miguel Gotor
Dopo i successi alle amministrative e al referendum il discorso pubblico progressista è esploso come un tappo di champagne. Gli stessi che per anni avevano fomentato un racconto disfattista del nostro Paese si sono trasformati nei cantori della nuova Italia. Un´Italia risorta dalle ceneri del berlusconismo, dato all´improvviso come spacciato. Delle due l´una: o sbagliavano allora, descrivendo un popolo diviso tra anime morte, asservite al Cavaliere, e un manipolo di resistenti senza macchia e senza paura, o sbagliano adesso decantando le magnifiche sorti e progressive di un´inarrestabile primavera italiana. In realtà c´è una terza possibilità, quella più urticante: che sbagliassero ieri e oggi, pretendendo di dividere la complessità della realtà nazionale in bianco e nero, apocalittici o integrati, resurrezione o consunzione. In questo discorso pubblico si possono distinguere due filoni principali. Quello egemone ha interpretato il doppio successo in modo tradizionale, come una vittoria della società civile contro i partiti, della politica autorganizzata «da quattro o cinque amici» contro i «politicanti di ogni risma e “giornalisti” spesso più politicanti dei politicanti» (copyright dell´antipoliticante Flores d´Arcais). …
